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Le ricerche di Lloyd Pye sullo Starchild

Ultimo Aggiornamento: 20/05/2012 11:33
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20/05/2012 11:33
 
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SULLO STARCHILD LA SVOLTA E' VICINA

Fonte: www.extremamente.it/2012/05/19/sullo-starchild-la-svolta-e-vicina-intervista-a-l...

“Sabrina, grazie per avermi contattato. Sono contento di sapere che sei interessata al mio lavoro e che intendi diffonderlo in Italia. Lo apprezzerei moltissimo”. Inizia così, con queste parole, la corrispondenza intercorsa tra me e Lloyd Pye, il ricercatore americano che ha legato il suo nome allo studio del cosiddetto “Starchild”, il teschio dalla forma anomala ed assolutamente unica rinvenuto molti decenni fa in una grotta messicana.



Quel cranio potrebbe essere il “Santo Graal” della teoria aliena: se fosse dimostrato che l’individuo al quale appartenevano quei resti non era umano, avremmo la prova suprema che non siamo soli. Anzi, di più: avremmo la certezza che siamo già stati visitati. Ne è convinto Pye, che a questa impresa- dimostrare scientificamente, dunque in modo inoppugnabile, ripetibile ed incontrovertibile- che lo Starchild proviene dal cosmo ha dedicato gran parte della sua vita.
Allo scopo ha creato una fondazione, “Starchild Project” , che grazie anche ai contributi di molti privati, a partire dagli anni ’80, ha compiuto studi ed analisi su quelle misteriose ossa. Ora il ricercatore ha affermato di essere arrivato ad un punto di svolta che potrebbe portare, presto, all’annuncio conclusivo e sconvolgente. Abbiamo anticipato i primi risultati, in un articolo pubblicato sul blog nei mesi scorsi e che ha sollevato molta curiosità tra i nostri lettori.
In particolare una di voi, Lucia, quando ci siamo incontrate ad un convegno, mi ha rivolto delle domande molto interessanti. “Perchè non le giri a Pye?”, mi ha detto. Ed è proprio quello che ho fatto. Gli ho scritto, invitandolo a darmi alcune delucidazioni. È così iniziato un breve scambio epistolare che si è tradotto in un’ intervista a distanza a Lloyd Pye.
Prima però credo sia indispensabile una sorta di “riassunto delle puntate precedenti”, come lo stesso ricercatore mi ha detto: “Raccomando a tutti di leggere l’ultimo rapporto sulle analisi del DNA che ho pubblicato sul sito www.starchildproject.com: la lettura richiede solo 20 minuti di tempo, ma è tutto incentrato su questi ultimi test e spiega in modo chiaro perchè siamo così eccitati”.
In realtà il testo- molto tecnico, visto che contiene vocaboli specifici del settore medico, chimico e biologico – non è proprio di facilissima comprensione anche per chi abbia un livello medio di cultura e una buona conoscenza dell’inglese. Di sicuro, richiede qualche minuto in più (ed una notevole concentrazione) rispetto alle rosee previsioni del suo autore. Chi lo desidera, può ovviamente leggere la versione integrale. Io vi sintetizzo i nodi centrali della relazione di Lloyd Pye.

“I confini della vita sono strettamente definiti dal codice genetico esclusivo per ogni specie. Nessuna legge è stabilita con altrettanta certezza quanto la legge genetica. Il genoma umano può contenere sensibili variazioni che determinano differenze fisiche: i Watussi sono molto diversi dai Pigmei, dagli uni non possono nascere gli altri, ma si possono riprodurre gli uni con gli altri perchè entrambi sono comunque parte della specie umana. Un genoma o è umano oppure no, non ci può essere una via di mezzo.
Visto che la genetica è la matematica della biologia, il Dna dello Starchild è l’unico strumento per superare la spiegazione comunente accolta che si tratti solo di uno scherzo di natura che capita una volta su un milione. Ma abbiamo dovuto aspettare quasi 10 anni prima che la tecnologia in grado di analizzare un Dna antico 900 anni fosse perfezionata. Ora scoprirete i tre tipi di prove parziali che abbiamo raggiunto.
Dobbiamo partire dagli studi compiuti sull’Uomo Denisoviano: nel 2010, l’istituto Max Planck di Lipsia, in Germania, annunciava che questo ominide scoperto in Siberia e molto vicino al Neanderthaliano era imparentato con l’uomo moderno. Il laboratorio utilizzava una nuova generazione di macchine per sequenziare il Dna: anche se c’erano parti mancanti nel genoma, i risultati provenienti dalle sequenze leggibili venivano considerati così attendibili da indurre i ricercatori a dare l’annuncio ufficiale.
I risultati parziali ottenuti dal nostro genetista sul Dna dello Starchild sono altrettanto affidabili e precisi rispetto a quelli del “Max Planck”. Abbiamo usato le stesse tecniche analitiche e i nostri risultati sono come i loro: parziali, ma convincenti. Anche il nostro genetista, come i loro, li ha ripetuti trenta volte per avere lo stesso livello di certezza.
Prima di tutto, parliamo del Dna nucleare, che si trova nei milioni di miliardi di cellule umane: contiene il materiale genetico proveniente dall’ovulo materno e dallo sperma paterno e produce un genoma formato da oltre 3 miliardi di coppie di base compresse nei nucleotidi. Citosina, Guanina, Timina e Adenina formano- a due a due- i “pioli” della scala arrotolata del DNA. In questi miliardi di coppie di base, si possono trovare centinaia di migliaia di mutazioni: finora solo 4mila di esse sono state correlate a specifiche malattie genetiche.
Dentro ogni cellula, si calcola che il 95 per cento del DNA nucleare sia privo di funzioni: è il cosiddetto “Dna spazzatura”. Dunque solo il 5 per cento del Dna, pari a 150 milioni di coppie di base, è codificante. Nessuno sa a cosa servi il Dna spazzatura, ma se viene mantenuto evidentemente è considerato dalla natura vitale e altamente conservativo- nel senso, che non deve essere modificato. Dal Dna dello Starchild il nostro genetista ha recuperato e sequenziato varie dozzine di frammenti per un totale di 30mila coppie di base: una percentuale bassissima (0,001 per cento rispetto ai 3 miliardi complessivi). Non di meno, essi danno risposte incontestabili.
I frammenti sono stati inviati all’Istituto Nazionale della Salute nel Maryland, il cui archivio contiene migliaia di diversi genomi- dai mammiferi ai rettili, dai crostacei ai batteri. Le sequenze dello Starchild sono state confrontate con le sequenze qui conservate. Il genoma umano ha molti punti in comune con quello di altre specie: condividiamo il 97% del patrimonio genetico con i gorilla, il 70 con i topi, il 27 addirittura con i lieviti!
Quindi non stupisce aver trovato nel Dna nucleare dello Starchild segmenti simili a quelli umani. Quello che è invece scioccante è che per altri segmenti di alcuni frammenti non esiste nulla di confrontabile in tutto il data-base dell’Istituto! Ciò suggerisce decisamente che alcuni aspetti dello Starchild non possano essere rintracciati sulla Terra. Questa non è una prova, ci servono ulteriori letture con le macchine sequenziatrici, ma è un indizio molto forte che lo Starchild potrebbe non essere umano.
Un’indicazione ancora più importante è arrivata quando abbiamo trovato 4 frammenti di Dna mitocondriale- descrivibile come piccole particelle fluttuanti nel citoplasma tra il nucleo e la membrana. Questo tipo di Dna si trasmette solo per linea materna e contiene un numero molto preciso di coppie di base: 16.569. Inoltre, a differenza del Dna nucleare, quello mitocondriale è il per 97% codificante.
Per tanto, se avviene una mutazione genetica, quasi sempre ha conseguenze fatali e quindi non viene trasmessa alle successive generazioni. Questo rende il Dna mitocondriale estremamente conservativo: ovvero cambia pochissimo nel tempo.Tra le 16.569 coppie di base umane, al massimo 120 variano da un individuo all’altro e tutte in segmenti non essenziali per la vita.
Nel caso dello Starchild, il nostro genetista ha recuperato 1583 coppie di base ( ovvero, il 9,55% del totale). Una percentuale ridotta, ma significativa. Ha scoperto ben 93 mutazioni rispetto ad un Dna mitocondriale normale. Se facciamo le proporzioni, significherebbe trovare- su 16.569- addirittura 977 varianti genetiche! Ricordate: l’uomo può averne al massimo 120, il Neanderthal 200, il Denisoviano 385. Ma lo Starchild ne avrebbe 977!
Siamo certi che gli scienziati obietteranno che allora lo Starchild è un tipo di ominide sconosciuto. Ma ciò significherebbe che è molto diverso da noi, almeno quanto lo è uno scimpanzè, che presenta nel suo Dna mitocondriale 1500 varianti rispetto alle 120 massime di noi uomini.
Ma ora entra in gioco il terzo elemento. I nostri genetisti hanno recuperato un frammento di un gene che è altamente funzionale, uno dei più essenziali per ogni specie sulla Terra e in assoluto il più conservativo nella specia umana: il gene FOXP2. Esso controlla a cascata centinaia di altri geni, visto che coordina la formazione di varie parti del corpo durante la gestazione e poi il loro successivo sviluppo: le funzioni del cervello, la gestione dell’organo fonatorio, i polmoni, il cuore, i nervi, tutto dipende da esso.
È così fondamentale, che non esiste una sola variazione di questo gene: la percentuale è pari allo 0%. Ovvero, ogni essere umano ha la stessa identica sequenza di coppie di base del gene FOXP2 di ogni altro essere umano normale. Eventuali mutazioni di questo gene così fondamentale danno conseguenze letali o comunque estremamente severe e finora nessuna si è trasmessa nella popolazione umana.
Veniamo allora al gene FOXP2 dello Starchild. Abbiamo isolato 211 coppie di base di un fragmento centrale del gene. In qualsiasi essere umano, quelle 211 coppie sono identiche. Ok, siete pronti? Le 211 coppie dello Starchild presentano 56 varianti! Ovvero, il totale di varianti sull’intero gene dovrebbe essere tra 600 e 700! E parliamo di un gene altamente conservativo che non ammette mutazioni. Se prendiamo quello stesso frammento centrale con 211 coppie di base di una scimmia Rhesus, troveremo 2 varianti rispetto alla sequenza umana; in un topo, ne troveramo 20 diverse; in un cane, 27; in una rana, 26.
Se davvero lo Starchild fosse un tipo di umanoide sconosciuto, dovrebbe avere delle varianti genetiche in un range compreso tra 1 e 3 rispetto ad un umano. Aumentando le varianti da 5 a 10, entrerebbe in una diversa specie animale. Da 20 a 25, si collocherebbe tra i topi, i cani e le rane. Ma il fatto di averne 56, lo porta in una dimensione del tutto unica.
Una parte del frammento codifica un peptide- una catena di aminoacidi- molto insolito negli uomini: è formato da una striscia di 40 triplette (tre singoli nucleotidi) ciascuna delle quali codifica la glutamina (Gln). Lo schema codificante per la Gln è esattamente lo stesso, non solo in tutti gli esseri umani, ma anche praticamente in tutti i primati. Invece, nello Starchild troviamo 16 varianti di aminoacidi in questo frammento: ciò dimostra che lo schema codificante è pazzescamente differente.
Certo, è sempre possibile un errore, quindi è necessario ripetere le analisi per confermarle. Ma se non consideriamo la striscia di Glm, restano solo altri 7 aminoacidi da comparare con quelli del gene FOXP2 umano. Sono i primi 4 e gli ultimi 3 del frammento e sono tutti diversi! Tutto ciò suggerisce che il gene dello Starchild sia uno “pseudogene”, un predecessore non funzionale di un gene normale che ha perso la capacità di codificare le proteine. Ovvero, è un’altra forma del Dna spazzatura.
Ma ipotizzare che il frammento del gene FOXP2 dello Starchild sia uno pseudogene subito contrasta con il fatto che non è noto al momento alcun pseudogene FOXP2 negli esseri umani. Allora, se negli uomini non esiste e se invece compare nello Starchild, ciò significherebbe stabilire con certezza che egli non è umano.
È assai importante tenere ben a mente che i nostri risultati sul gene FOXP2 sono preliminari, così come lo sono i risultati sui primi frammenti di Dna nucleare e di Dna mitocondriale. Tutti e tre gli esiti preliminari sono altamente indicativi di quello che sarà il risultato finale, ma non possono essere considerati prove assolute. Tuttavia essi possono essere considerati indizi che troveremo le prove assolute non appena l’intero genoma dello Starchild sarà finalmente recuperato.

Ecco dunque il “succo” delle scoperte compiute dal team di ricerca che opera per il Progetto Starchild. Una volta letta e metabolizzata questa dettagliata spiegazione, mi sono sorte alcune curiosità che ho rivolto a Lloyd Pye- come dicevo- via mail. Ho avuto il piacere di ricevere, nel giro di poche ore, la risposta a tutti i miei interrogativi. Primo fra tutti: perchè non viene mai citato il nome del laboratorio presso il quale sono esaminati i frammenti del Dna estratto dallo Starchild? Come possiamo sapere che si tratti di un centro davvero affidabile?

<Non lo abbiamo rivelato a nessuno che non abbia, prima, sottoscritto un contratto in cui si impegna alla segretezza. Se il pubblico sapesse chi è il genetista e dove lavora, non lo lascerebbe in pace! Ma si tratta di un laboratorio di altissimo livello, uno dei migliori degli Stati Uniti ed il ricercatore è a capo della divisione di Genetica>

Quanto dureranno ancora le analisi? Prevedete di raggiungere risultati definitivi entro settimane, mesi o anni?

<Ripartiremo con le analisi il prima possibile, non appena avremo i 7 milioni di dollari che ci servono per effettuare il test e per realizzare due documentari per testimoniare i due eventi fondamentali: primo, il recupero e la sequenza del Dna mitocondriale, che richiederà 3-4 mesi; secondo, il recupero e la sequenza del Dna nucleare, che richiederà ulteriori 8-12 mesi. Quindi, dall’inizio alla fine dovrebbe volerci un anno, un anno e mezzo.>

A questo punto, dopo la scoperta del frammento del gene FOXP2, quale è stata la reazione del mondo accademico? Cosa dicono gli scienziati, adesso, di quel cranio? E quale dovrebbe essere la prova definitiva per convincerli?

<Abbiamo fatto quanto basta per convincere chiunque che il risultato finale sarà storico. Tuttavia, la maggior parte della scienza ufficiale rema decisamente contro qualsiasi cosa che possa modificare il mondo come lo conosciamo finora- che siano ufo od alieni, ominidi come il Bigfoot o persino la fusione a freddo. La scienza odia i cambiamenti e fa tutto quello che può per ostacolare simili scoperte e poi quando non può più contestarle finisce con l’accoglierle a braccia aperte rivendicandone la paternità. La storia procede così.>
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