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Super Terre: sono davvero abitabili?

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2012 08:30
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08/10/2012 08:30
 
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Fonte: www.ufoonline.it/2012/10/08/super-terre-sono-davvero-potenzialmente-ab...

Gli esopianeti rocciosi con masse che vanno da 2 a 10 volte quella della Terra sono considerati un tipo diverso di pianeti, formalmente chiamati "super-Terre. In realtà sappiamo molto poco su questo tipo di mondi, ma la loro massa più grande cambierebbe molte cose circa la natura geologica e climatica che si può sviluppare. Se siano o meno potenzialmente abitabili è uno dei dibattiti più grandi attualmente nella comunità di scienziati che studia gli esopianeti. Secondo un nuovo studio presentato da scienziati americani e tedeschi, i pianeti rocciosi di questa categoria potrebbero non riuscire a mantenere i periodi molto lunghi di attività vulcanica che caratterizzano i pianeti rocciosi di dimensioni terrestri, e questo potrebbe compromettere diversi dei processi considerati essenziali per l'evoluzione della vita. I ricercatori suggeriscono anche che riuscire a capire il comportamento di uno di questi pianeti sul lungo termine, potrebbe svelarci tanto sulle condizioni possibili in superficie e quindi anche sull'abitabilità.

Gli esopianeti catalogabili come super-Terre, tra quelli candidati e scoperti, sono più di 600 e tanti altri si aggiungeranno in futuro. Attualmente vengono considerati i candidati migliori a disposizione per cercare tracce di vita, data la scarsità di pianeti più piccoli, come la Terra o Marte (che sono più difficili da trovare con le attuali tecnologie) negli attuali cataloghi.

Se una super-Terra si trovasse nella zona abitabile della propria stella, dove in linea di principio la superficie del pianeta, in base alla sua distanza dalla propria stella, potrebbe mantenere acqua liquida e quindi forse vita. Ma essere semplicemente in questa regione del proprio sistema planetario, non basta per pensare che le condizioni su un simile pianeta siano adatte alla nascita della vita.



Questo nuovo studio, portato avanti da Vlada Stamenkovic, del MIT ed i suoi colleghi del DLR, a Berlino, suggerisce che le super-terre non riuscirebbero, geologicamente, a sostenere processi vulcanici per abbastanza tempo da rendere la sua superficie ed il clima adatti per l'evoluzione della vita.

Nel caso del nostro pianeta, la convezione nelle profondità del mantello portano al movimento delle placche tettoniche. Questo porta a grandi periodi di attività vulcanica che rilasciano grandi quantità di CO2 che porta ad un effetto sera, in grado di tenere la superficie terrestre calda, mantenendo così l'acqua allo stato liquido.

Il vulcanismo ha anche un'altro ruolo importante: permette un continuo ciclo dell'anidride carbonica, che viene fissata nelle rocce per poi essere trasferita nelle profondità della terra e tramite vulcani di nuovo nell'atmosfera per poi venire fissata nuovamente nei depositi della crosta. Questo ciclo è fondamentale per avere un clima stabile sulla Terra e si pensa sia un requisito fondamentale per avere la vita.

Tanti i fattori geologici presi in considerazione da Stamenkovic e co. Per esempio hanno esaminato la viscosità dell'interno di una super-Terra che poi è determinate per capire quanto velocemente il calore può trasferirsi via convezione dal centro del pianeta verso la superficie più fredda. I pianeti con interni molto viscosi trasferiscono più lentamente di quelli con una viscosità bassa.
La maggior parte dei calcoli fino ad oggi hanno usato una formulazione per la viscosità che è dipendente solo dalla temperatura ma non dalla pressione (una formulazione questa che non funziona neanche per la Terra, secondo Stamenkovic). Invece, il team ha argomentato che date che nell'interno di una super-Terra la pressione sarà maggiore, va considerata per forza se si vuol capire la viscosità. Il risultato è che la viscosità delle super-Terre è molto maggiore di quanto si è pensato fino ad ora.

Il team ha poi esaminato il ruolo che in questo giocano le temperature all'interno delle super-Terre e come cambierebbero nell'arco della vita del pianeta. Prima di tutto hanno guardato a cosa succederebbe se le super-Terre avessero le basse temperature generalmente previste negli studi precedenti. A queste temperature, Stamenkovic ed i suoi colleghi predicono che non ci sarebbe alcuna convezione nel mantello inferiore. In questo scenario "stagnante" il pianeta durante la sua storia si raffredda lentamente.


Modello della convezione nelle profondità del mantello terrestre
Credit: wikimedia

Tuttavia, questo punto non è del tutto chiaro. Ci sono diversi altri studi che indicano come le super-Terre potrebbero essere molto più calde e forse anche parzialmente fuse. Sotto queste condizioni calde, il team ha notato che la convezione ci sarebbe ma comunque a ritmi molto lenti. In entrambi i casi secondo il team il raffreddamento ed il nucleo sarebbe inefficiente.

In base a queste informazioni, il team ha cercato di capire quali sarebbero le conseguenze circa l'abitabilità di una super-Terra. In entrambi i casi, il lento raffreddamento del nucleo e del mantello suggerisce che è meno probabile che ci siano processi come la tettonica delle placche. Stamenkovic fa comunque notare che anche il contenuto di acqua nella litosfera gioca un ruolo determinante circa la possibilità di avere tettonica delle placche e potrebbe invertire i trend.

In conclusione, l'importanza di questa ricerca è che mette in evidenza come le super-Terre siano molto più complesse di quanto si pensava e che in futuro sarà fondamentale cercare di calcolare come il calore si trasferisce nelle loro profondità. Stamenkovic spiega che serviranno più esperimenti in laboratorio circa il comportamento dei materiali sotto altissima pressione e allo stesso tempo delle analisi più dettagliate delle atmosfere di questi mondi. Per queste osservazioni sono stati proposti dei piccoli telescopi spaziali a basso costo che potrebbero concentrarsi molto a lungo esclusivamente su uno di questi pianeti per raccogliere dati abbastanza dettagliati. Un simile progetto si chiama ExoplanetSat ed è stato proposto e portato avanti da Sara Seager del MIT.
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