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L'UFO crash di Roswell

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2013 23:33
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27/05/2012 11:08
 
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ROSWELL: ED ORA?

Fonte: www.edicolaweb.net/un030301.htm

Dopo mezzo secolo l’enigma di Roswell rimane insoluto, ma gli investigatori rafforzano intenti, metodologie e strumenti per nuove ricerche. La chiave è nel messaggio del generale Ramey?
di Thomas J.Carey e Donald R.Schmitt


Nel 1947, presumibilmente, un disco volante si schiantò nei pressi di Roswell, cittadina del New Mexico, e il suo seguente ritrovamento e il cover-up da parte dei militari americani divenne noto come "L’Incidente di Roswell", dal titolo del best seller del 1980, di Charles Berlitz e William Moore. Allo scoccare del suo cinquantesimo anniversario, nell’Agosto 1997, innumerevoli pubblicazioni, da Time Magazine a Popular Science e Popular Mechanics, dedicavano a Roswell la cover-story, imitati da una pletora di media statunitensi. Programmi investigativi quali "Hard Copy" e "Inside Edition" ne dibattevano più volte, altri special TV, monotematici, venivano proposti dai più politicizzati "Nightline" e "Crossfire". I network didattici via cavo, The History Channel, The Learning Channel e Discovery Channel trattavano a fondo l’argomento, mentre le major, CBS, ABC, NBC e CNN, pur occupandosene, si concentravano, purtroppo, più sull’aspetto pubblicitario che non sul significato intrinseco dell’incidente. Il 4 Luglio 1997, la stazione televisiva MSNBC, ha trasmesso da Roswell tutto il giorno un dettagliato resoconto dell’evento. Il presentatore, John Gibson, ha presieduto una discussione sull’ipotesi del Progetto Mogul, ospitando fra gli altri, il colonnello Richard Weaver e il tenente James McAndrew, autori del rapporto conclusivo dell’Aeronautica militare. Fra le spiegazioni: quella del debunker Kal Korff: a Roswell venne trovata una spugna ricoperta di Mylar, (pellicola isolante di poliestere, N.d.R); il progetto Mogul, sostenuto da Charles Moore i cui ricordi, a differenza di altri testimoni pro-Roswell, non vengono mai messi in discussione; l’infamante teoria dei "Manichini caduti dal Cielo" propugnata dal colonnello Joe Kittinger (autoproclamatosi modello per la figura del "capitano dai capelli rossi" intervenuto nella vicenda di Glenn Dennis).
Poi i film "Independence Day", "MIB", "The Rock" e le serie televisive "Dark Skies", "The X-Files" e una messe di libri: "Beyond Roswell", "UFO Crash at Roswell", "The Roswell File", nonché "The Day After Roswell", entrato nei best-seller del New York Times. Adesso, a quasi due anni di distanza, cosa è di questa Roswell, la città/anniversario, senza il clamore dei programmi televisivi? Un’assonnata macchia urbana nel deserto, con alberghi che continuano a spuntare come funghi per far fronte al continuo flusso di turisti attirati dall’International UFO Museum. Roswell è una fermata "obbligata" delle agenzie turistiche del New Mexico e West Texas, e tutto per via del presunto crash del 1947 e del museo, visitato ormai da oltre 500.000 persone. Nell’immaginario collettivo basta menzionare la città e ti ritrovi in mezzo agli UFO. Ma cosa dire dell’incidente in sé? È finito, è passato o, più improbabile, è risolto?

Delusione
Nel 1994 e 1995, l’Aeronautica Militare americana elargì i suoi primi commenti ufficiali riguardo il caso Roswell, dal pomeriggio dell’8 Luglio 1947, quando venne tenuta la sventurata conferenza stampa in cui il Generale Roger Ramey "svuotò il disco volante di Roswell", riuscendo a "identificare" il rottame (che il maggiore Jesse Marcel definì "non di questa Terra") recuperato dal ranch J.B. Foster nei pressi di Corona, New Mexico, da W.W. "Mac" Brazel, come nulla più che i resti di un pallone meteorologico di policloroprene con annesso bersaglio radar tipo rawin, in alluminio. Stavolta, l’Aeronautica finalmente ammetteva che la versione ufficiale del pallone aerostatico era errata, che si trattò in verità di un pallone usato in un progetto allora Top Secret (Mogul) teso ad individuare detonazioni di bombe atomiche sovietiche tramite sensori acustici supportati da palloni aerostatici a livello costante. Un progetto Top Secret, dunque, al contrario dell’equipaggiamento usato, facilmente riconoscibile dai militari e dai civili. Alla fine, il Progetto Mogul fu archiviato, dichiarato un fallimento, visto che la prima esplosione nucleare sovietica sarebbe stata individuata due anni dopo, nell’Agosto 1949, tramite analisi chimiche dell’atmosfera e non da quelle acustiche.

Distruzione non autorizzata
Nel 1997, anticipando di poco le celebrazioni di Roswell (non per coincidenza, secondo noi), l’Aeronautica militare indì una conferenza stampa annunciando il rilascio di un aggiornamento riguardo il caso Roswell, allo scopo di controbattere voci su corpi alieni presumibilmente trovati nel cosiddetto "sito del crash del 1947" (i rapporti dell’Aeronautica militare del 1994 e 1995 non lo menzionavano minimamente). Avrebbero fatto meglio a lasciar perdere: affermando che i corpi alieni erano in realtà manichini antropomorfici per test di paracadutismo da alta quota (iniziati invece dall’Aeronautica 10 anni dopo il caso Roswell), l’Air Force e i suoi entusiasti supporters hanno perso terreno. I reporters presenti alla conferenza stampa rimasero sorpresi, increduli e divertiti nel sentire questa ultima "spiegazione" ufficiale di Roswell e l’ipotesi dei cosiddetti "manichini dal cielo" evoca ancora i sorrisi e i lazzi sia dei fautori di Roswell che degli scettici. Sfortunatamente, il lungamente atteso rapporto del GAO (Government Accounting Office) su Roswell, diffuso nel 1995, si è dimostrato inconcludente. Su richiesta di un membro del Congresso del New Mexico, Stephen Schiff, le autorità tentavano di rintracciare una "pista documentaria" riguardo gli eventi di Roswell del 1947, per verificare se tutti i documenti dell’epoca sull’argomento fossero stati propriamente conservati e classificati. Schiff riuscì a scoprire solo che tutti i documenti della base di Roswell, inerenti il periodo del presupposto crash del 1947, erano stati distrutti senza apparente autorizzazione. Con la morte di Schiff, all’inizio del 1998, il caso ha perso un importante difensore pubblico al Congresso e il terreno conquistato per coinvolgere ufficialmente il governo è apparso diminuire.

La ricerca di prove fisiche
Nella primavera 1998 decidevamo di ridare vigore alle indagini, soprattutto perché fra non molto, dei pochi testimoni di prima mano superstiti, non resterà nessuno da interpellare. Tant’è che sempre più spesso ci rivolgiamo ai figli e ai nipoti di testimoni deceduti. Considerando il caso, allo stato attuale, incompleto e anche non del tutto corretto, ci siamo recati due volte in New Mexico nel 1998, per rintracciare nuovi testimoni e intervistare ancora quelli vecchi. Indizi ed alcune sorprendenti novità scaturite dalle dichiarazioni di "vecchi" testimoni ci hanno impressionato. Quanto segue è il frutto della riapertura della nostra personale "Roswell Investigation".
Il lato più frustrante delle indagini si è sempre dimostrata la ricerca di una prova fisica inconfutabilmente avente proprietà "non appartenenti a questo mondo" riferibili all’incidente del 1947. Le speranze si infrangono al dunque, quando i presunti possessori si rifiutano di consegnare l’oggetto o lo stesso si rivela un falso (o una erronea interpretazione). Nei giorni dell’anniversario di Roswell ‘97, Derrel Sims e Paul Davids indirono una breve conferenza per mostrare un pezzo di metallo che secondo loro proveniva dal crash di Roswell, classicamente di "fonte ignota". Affermarono che il pezzo era stato analizzato e dai risultati si deduceva che si trattava di materiale extraterrestre. Secondo loro, altri pezzi erano stati testati in "università di tutto rispetto", accertando che si trattava di materiale ET. La stessa cosa ci veniva assicurata dal dottor Roger Lear, membro dello stesso team. Sfortunatamente, ad oggi, Lear non conosce l’identità della "fonte anonima" e questo non è positivo. Nel 1996, il conduttore del radioshow Art Bell venne in possesso, ancora da fonte anonima, di piccoli pezzi di metallo presumibilmente provenienti dal Roswell crash. Sottoposti a test metallurgici, i risultati hanno rivelato la massiccia presenza di alluminio e di altri metalli. È tutto? Dove sono adesso? Sono passati tre anni. Altri test? Nessun seguito. Quando i ricercatori di Roswell ottengono una traccia che implica prove fisiche, tutto il resto perde di importanza, finché la traccia (come nel suddetto caso) si esaurisce. Comunque, ecco le piste su cui stiamo indagando.

1. Un testimone diretto afferma di avere avuto nelle sue mani un pezzo di metallo simile a quello di Frankie Rowe. Vorremmo convincesse i proprietari dell’oggetto a collaborare e farcelo esaminare.
2. Un agente della Polizia Militare in pensione ("Dutch") ultrasettantenne e in ottima salute, afferma di avere un pezzo dei rottami di Roswell e, si dice, forse, disponibile a consegnarlo ad investigatori civili prima della sua morte.
3. Un parente di un famoso personaggio di Roswell, messo alle strette, ha confessato di possedere materiale del crash. Non frammenti dell’astronave, ma di "uno dei corpi". Professionisti del campo forense li hanno analizzati. Sembra non essere tessuto biologico né stoffa, bensì "qualcos’altro". Vedremo.
4. Ci sono diversi passi "preventivi" che stiamo prendendo in esame per proteggere prove fisiche del crash di Roswell del 1947, ma richiedono fonti al di fuori del normale standard investigativo su Roswell.

l primo progetto include uno "scavo" totale al ranch Foster/Brazel, nel luogo rinominato "campo dei rottami". Tutti sono d’accordo che qualcosa è caduto, nel Luglio del 1947 (anche l’Aeronautica concorda, su questo) sul Foster Ranch. Il problema è che cosa è caduto. I consulenti archeologici hanno detto che qualsiasi cosa fosse, se fosse rimasta al suolo anche per un breve periodo, diciamo una giornata, è probabile che animali roditori ne avrebbero portato i resti nelle loro tane. Da Jesse Marcel abbiamo appreso che l’intera area (3/4 di miglio per alcune centinaia di metri) era disseminata di rottami e pezzi, quasi tutti di piccole dimensioni, rimasti sul terreno desertico non uno ma almeno quattro giorni. Siamo stati sul posto molte volte e i buchi dei roditori e piccoli pozzetti naturali sono molto evidenti (vedi foto). Abbiamo ragione di tenere, consigliati dagli archeologi, che quello che cerchiamo (qualsiasi cosa sia) si trovi ad una profondità non superiore a 50 centimetri.
Anche il secondo progetto riguarda il campo dei rottami. Una mezza dozzina di testimoni di prima mano riferì della presenza di una lunga traccia fresca di slittamento nel terreno, una infossatura, non presente prima del Luglio 1947. Si presuppone che quanto generò i rottami altresì causò tale infossamento, rimasto visibile per alcuni anni dopo il 1947, stando ai testimoni, inclusi Bill Brazel Jr. e il generale Arthur Exon, il quale volò sopra il sito nel 1949. Oggi la traccia non esiste più, livellata dalle erosioni, le piogge estive e il passaggio del bestiame, ma sappiamo dove si trovava grazie ai testimoni oculari. Secondo i geologi sarebbe possibile ottenere l’impronta della traccia tramite un apparecchio GPR (Ground Penetrating Radar), il cui segnale penetra il suolo dell’area selezionata e produce una "lettura" o "impronta digitale" delle anomalie, a seconda della profondità degli strati rilevati. I risultati di un tale test equivarrebbero ad una prova fisica sia negativa che positiva, avvalorando o no questo specifico aspetto dell’incidente di Roswell.
Il terzo progetto nasce da un incontro avvenuto a Corona, New Mexico, nell’Ottobre 1998: ne è uscita la conferma di una storia prima mai precisata, di un giovane che nel ‘47 viveva nella zona di Corona, Fred Miller, caduto in Vietnam nel 1967. Miller sarebbe stato in possesso di numerosi pezzi dei rottami di Roswell e li avrebbe mostrati ai residenti più volte. Sembra che Fred fosse solito nascondere materiale di vario genere in una grotta della zona. La ricerca in loco non è agevole, anche a causa dei serpenti a sonagli, ma speriamo di aver individuato "la grotta di Miller".

Solo alla fine qualcuno parla
Giuridicamente si accorda una considerazione speciale alle cosiddette "confessioni in punto di morte", in quanto si ritiene che quando una persona si sente vicina al trapasso voglia ripulirsi la coscienza. Forse la confessione più significativa è stata quella del maggiore Edwin Easley. Nella prima intervista fattagli dal collega Kevin Randle, Easley disse solo che non poteva discutere del caso Roswell perché legato ad un giuramento di segretezza, da lui mantenuto sino alla fine ma, in punto di morte, confermò ai suoi familiari di aver partecipato al recupero di un’astronave extraterrestre e del suo equipaggio, concludendo "Oh, le creature". Poco prima di morire, nel 1994, l’ex aiutante alla base di Roswell nel 1947, il maggiore Patrick Saunders, scrisse una frase catartica su una copia del libro "The Truth about the UFO Crash at Roswell", che spedì a noi e a Randle: "Questa è la verità e io non l’ho ancora rivelata a nessuno". La moglie di un poliziotto militare, di stanza a Roswell nel 1947, ci ha detto che quattro anni fa suo marito, in punto di morte, le confessò di essere stato di guardia al perimetro del ranch Foster/Brazel, ma di non avere raccolto rottami. Un’altra donna ci ha riferito del marito, che nel 1947 aveva le mansioni di cuoco nel 509° Gruppo bombardieri. Un giorno gli dissero di presentarsi all’hangar 84 della base. Gli diedero un fucile e lo misero a guardia dell’edificio con altro personale consegnato. Gettato uno sguardo all’interno, vide dei rottami sparsi in giro e dei "piccoli corpi" pronti per essere spediti altrove. La donna è convinta della veridicità del racconto: il marito non avrebbe mai potuto mentirle in punto di morte.

Testimoni riluttanti
Si definisce "testimone riluttante" chiunque abbia informazioni su un evento (in questo caso Roswell) di provenienza diretta o indiretta, ma si rifiuti di parlarne. Il più famoso di cui siamo a conoscenza è l’ex agente del controspionaggio della base, Sheridan Cavitt, che accompagnò l’ufficiale d’intelligence del 509° Jesse Marcel al ranch Foster/Brazel. Nel 1994 Cavitt confermò il suo coinvolgimento nel caso Roswell per la prima volta al colonnello dell’Aeronautica militare Richard Weaver e allo stesso tempo lo negava agli investigatori civili di Roswell. Cavitt disse a Weaver che ciò che vide al ranch quel giorno del 1947 erano i resti di un pallone meteorologico e di un bersaglio radar che loro recuperarono sbrigativamente. Comunque, il racconto di Cavitt è in conflitto con quelli di altri credibili testimoni oculari degli stessi eventi, così come le sue precedenti affermazioni di non-coinvolgimento. I testimoni del genere sono molti e confidiamo che un giorno siano disposti a dire quello che sanno. Fra loro, un ex membro del 1395° squadrone di polizia militare di stanza a Roswell nel 1947, coinvolto nel recupero ma restio a dire altro, in quanto ex militare e le cose gli andavano bene così come stavano. Un altro è un autista che si ritrovò all’hangar 84 durante le attività di recupero e vide i corpi e i rottami. Fu preso da parte e minacciato di morte. Un ulteriore testimone, un uomo di 58 anni, potrebbe risolvere tutto il mistero, ma ha la straordinaria capacità di sparire appena si avvicina un investigatore nei paraggi. Abbiamo anche il presunto nome di una donna all’epoca infermiera presso la base e che si sarebbe trovata all’ospedale all’arrivo dei corpi. Non si sa altro.
Oltre a cercare nuovi testimoni, abbiamo fatto uno sforzo particolare per restare in contatto con quelli vecchi, quali Bill Brazel Jr., Walter Haut, Glenn Dennis, Frank Kauffman, Frank Joyce, Frankie Rowe e Jack Rodden. Rivisitando con loro le testimonianze sugli eventi del 1947, e unendole alle ultime scoperte, siamo riusciti a trarre nuove conclusioni sulle circostanze dell’incidente. Un prossimo articolo suggerirà una inedita sequenza del crash di Roswell e risponderà al perché i militari avrebbero trattenuto "Mac" Brazel in "custodia" per così tanto tempo.

La pistola fumante?
Va menzionato un recente sviluppo, non frutto di nostre investigazioni. Riguarda le foto scattate al generale Roger Maxwell Ramey nel suo ufficio di Forth Worth il pomeriggio dell’8 Luglio 1947, nel corso della conferenza stampa di annuncio del ritrovamento - eseguito dall’ufficiale dell’Intelligence (Jesse Marcel), il giorno prima, presso il J.B. Foster Ranch - di un pallone meteorologico e di un bersaglio radar costituito da un foglio di alluminio. Nelle foto scattate quel giorno Ramey appare ritratto inginocchiato accanto ai resti di un pallone e di un bersaglio radar disposti sul pavimento del suo ufficio. In ciascuna foto Ramey stringe in mano un documento che potrebbe aver ricevuto prima della conferenza. Il foglio sembra bianco, ma in una (la prima?), sebbene il foglio sia accartocciato, si intravede del testo. Oggi, mediante tecniche computerizzate, diversi analisti sono sicuri di aver decifrato gran parte di tale documento. Non tutti concordano sul suo contenuto (alcuni vi vedono la parola "Magdalena", altri "Roswell"), ma una singola frase è palese per tutti e secondo noi costituisce una prova evidente, come la classica "pistola ancora fumante" dei gialli: "... vittime del rottame... inviate a Fort Worth, Texas." Questo dimostra che non fu un pallone a cadere a Roswell nel 1947. Secondo noi lo stesso messaggio pervenne anche al Colonnello William Blanchard, comandante del 509° Gruppo Bombardieri di Roswell, al diretto comando di Ramey e probabilmente anche di autorità superiori di Washington. L’apparente "Fort Worth Connection" ci interessa particolarmente, visto che una nuova fonte investigativa ci stava guidando in quella direzione prima della notizia dell’analisi del foglio di Ramey. Adesso sono necessarie almeno due investigazioni indipendenti, senza legami con Roswell o i testimoni di Roswell, in modo da condurre un’analisi obiettiva e imparziale. Il classico cast di debunkers di Roswell, inclusa l’Aeronautica militare, fino ad ora ha mantenuto un silenzio irreale riguardo al messaggio di Ramey. Chi avrebbe mai potuto immaginare che Roger Ramey, "uomo di punta" del cover-up di Roswell, avrebbe potuto, mezzo secolo dopo, fornire involontariamente la chiave per aprire la porta dell’ultimo segreto? Ironia delle ironie.
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