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L'oro: il metallo degli Dei

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2012 16:41
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04/05/2012 09:06
 
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Articolo di Paolo Brega
Articolo tratto da: ufoplanet.ufoforum.it/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO...


L’estrazione dell’oro da parte degli esseri umani è un fenomeno le cui origini vanno ricercate oltre 6000 anni fa, nelle regioni in cui sorsero le prime civiltà antagonistiche, cioè nell'Africa settentrionale, in Mesopotamia, nella valle dell'Indo e nel Mediterraneo orientale. Questo ci porta a collocare la lavorazione del metallo ancora prima della lavorazione del bronzo e del ferro. L’oro è infatti noto e molto apprezzato dagli umani fin dalla preistoria. Molto probabilmente è stato il primo metallo mai usato dalla specie umana, addirittura anche prima del rame, per la manifattura di ornamenti, gioielli e rituali.
L'utilizzo di oro a scopi ornamentali viene menzionato nei testi egizi già fino dal faraone Den, della I dinastia, 5000 anni fa. L'Egitto e la Nubia avevano infatti risorse tali da renderli i maggiori produttori d'oro rispetto alla maggior parte delle civiltà della storia antica. L’oro, specialmente nel periodo di formazione dello stato egizio, ebbe sia un ruolo politico che economico: fu infatti uno degli elementi all’origine della divinizzazione del faraone e della nascita delle città. L'oro viene anche spesso menzionato nell'Antico Testamento. La parte sudorientale del Mar Nero è famosa per le sue miniere d'oro, sfruttate fin dai tempi di Mida: questo oro fu fondamentale per l'inizio di quella che fu probabilmente la prima emissione di monete metalliche in Lidia, fra il 643 a.C. e il 630 a.C.
Gli storici ritengono che l’utilizzo dell’oro nell’antichità fosse legata per scopi ornamentali e cerimoniali, certamente agevolati dalla sua duttilità e dalla sua facilità di lavorazione, e probabilmente anche per il suo colore e splendore, associabile al sole e di conseguenza alle divinità. Indossare monili d’oro significava per gli antichi “somigliare agli dei" e per i potenti giustificare una vicinanza o addirittura una appartenenza alle geneaologie divine, così come accadeva per i sovrani e le caste sacerdotali mesoamericane o per i Faraoni al di qua dell’Atlantico.
Ma perché un metallo, assolutamente inutile nell’ambito delle strutture sociali della nostra preistoria, assunse caratteristiche così importanti tanto da venire considerato come il metallo degli dei? Fino all’avvento del fenomeno della monetazione infatti l’oro non aveva pressoché nessun valore economico e non veniva utilizzato nemmeno come merce di scambio nelle economie basate sul baratto tipiche delle prime civiltà urbane tra cui i Sumeri, gli Accadi, e le civiltà dell’Indo meridionale, oltre che le precedentemente culture mesoamericane Olmeche e Tolteche.
Nelle comunità in cui vigeva il baratto, gli individui sapevano bene che il valore di un oggetto era dato dal tempo socialmente necessario per produrlo o per conservarlo il più possibile inalterato. Questo a prescindere dal valore soggettivo che uno poteva dare a questo o quel bene. Una comunità non poteva aver bisogno di un bene che fosse del tutto assente al proprio interno, poiché, in tal caso, non ne avrebbe sentita alcuna esigenza.
Gli studiosi concordano sul fatto che tanto gli Incas quanto gli Atzechi non usavano l’oro per scopi monetari, né gli attribuivano un valore commerciale. Il commercio era senz’altro sviluppato, ma si trattava più che altro una forma di baratto; le tasse consistevano in prestazioni e servizi occasionali, dal momento che l’uso del denaro era assolutamente sconosciuto. Per quanto riguarda gli utensili e le armi, gli Aztechi si trovavano ancora all’età della pietra: eppure sapevano lavorare perfettamente l’oro. Pur non usando l’oro come moneta, ma solo ed esclusivamente come ornamento e status symbol, all'arrivo degli Spagnoli, scambiati per divinità, gli Aztechi si affrettarono a consegnare loro tutto l'oro possibile.
Gli Egizi ritenevano che "la carne degli dei" fosse d'oro e le ossa di elettro, cioè d'oro bianco. L'oro serviva anche all'aristocrazia faraonica per far costruire da abili artigiani collane, braccialetti, anelli, pendenti che indossavano in vita e che avevano poi la cura di far deporre nella tomba per poterne disporre nell'Aldilà. Così l'oro, faticosamente estratto dal buio delle miniere, tornava ancora sotto terra nel buio delle tombe.
All'oro usato in gioielleria si aggiungeva anche l'oro donato dai Faraoni ai sacerdoti, indispensabile ai templi e ai santuari per la celebrazione delle cerimonie giornaliere: vasi rituali e statue di culto. Alcuni grandi santuari erano proprietari non solo di estesi terreni agricoli ma anche di miniere aurifere.
Nei templi le pareti di intere stanze erano rivestite di foglie d'oro e il pavimento di certe sale era cosparso di pezzetti dell'immortale metallo. La punta degli obelischi, il "pyramìdion" (la cuspide piramidale), era coperto d' oro massiccio che all'alba rifletteva i raggi del sole appena spuntato sopra l'orizzonte a simboleggiare la rinascita della vita. Uno spettacolo certamente stupefacente per gli abitanti dei villaggi ancora immersi nel buio che vedevano svettare sopra di loro gli obelischi (pesanti centinaia di tonnellate e che potevano superare i 30 m d'altezza) dalla cui cima si irradiava una morbida luce dorata.
Inoltre gli orafi egizi erano talmente abili da riuscire a laminare l'oro in sottilissimi fogli (che non superavano i 0,01 millimetri di spessore, quello di una cartina di sigarette), con cui venivano rivestiti troni, mobili e molti altri oggetti come poggiatesta, archi, e le più svariate suppellettili. Sempre in Egitto l’oro era il materiale preferito per creare oggetti magici; simbolo della luce solare era considerato il cibo degli dei, secondo il culto egizio questo metallo aveva la capacità di trasformare il defunto dallo stato umano a quello divino.

Se osserviamo alle sue applicazioni attuali ci rendiamo conto che l'oro come elemento è più utile a una civiltà con un tasso tecnologico avanzato come il nostro più che ai nostri antenati di 6000 anni fa.
L'oro è un ottimo conduttore di elettricità, inferiore solo al rame e all'argento, e non viene intaccato né dall'aria né dalla maggior parte dei reagenti chimici. Svolge inoltre funzioni critiche in molti computer, apparecchi per telecomunicazioni, motori jet e numerose applicazioni industriali; trova ampio uso come materiale di rivestimento delle superfici di contatti elettrici, per garantirne la resistenza alla corrosione nel tempo. In astronautica l'oro viene usato come rivestimento protettivo di molti satelliti artificiali, data la sua elevata capacità di riflettere sia la luce visibile che quella infrarossa.
L'utilizzo dell'oro nell'hardware e più precisamente nei microprocessori di nostri computer è soltanto forse il più conosciuto degli utilizzi moderni di questo metallo. Nell’Era dell’Elettronica viene usato praticamente in tutto, in microprocessori, calcolatrici tascabili, lavatrici, televisori, missili e navette spaziali. Nel campo dell’elettronica l’oro è utilizzato per rivestire i contatti. I contatti sono placcati elettronicamente con uno strato molto sottile di oro, usando cianuro di potassio. La produzione per la placcatura costituisce circa il 70% della domanda di oro nell’industria elettronica, ovvero circa 13.8 milioni di once annualmente.
L’altro grande ruolo dell’oro nell’industria dell’elettronica è relativo ai semiconduttori. Un sottile filo metallico d'oro viene usato per connettere parti come transistor o circuiti integrati, e nelle tavole dei circuiti stampati per collegare i componenti. Il filo metallico collante rappresenta uno dei più specializzati usi dell’oro, ed è necessario che sia puro al 99.999% con un diametro di un centesimo di millimetro. Il Giappone e gli Stati Uniti sono i più grandi utenti industriali di oro, costituendo rispettivamente il 45% e il 30% del suo uso industriale In realtà i settori innovativi nei quali si sta utilizzando l'oro sono molti e per la maggioranza ancora sconosciuti a chi non opera nel settore.
In medicina è stato già da molto tempo uitlizzato per alcuni strumenti chirurgici e nella medicina tradizionale cinese per aghi usati in agopuntura, oggi in ambito medico viene utilizzato l'oro colloidale pare che sia efficace per alleviare il dolore e il gonfiore causato da artrite, reumatismi, borsite e tendinite, usato anche per placare il bisogno di assumere alcol, per disturbi digestivi, problemi circolatori, depressione, obesità e ustioni. Si ritiene che sia molto efficace per ringiovanire le ghiandole, nel prolungare la vita e migliorare le funzioni cerebrali.
L'oro colloidale viene utilizzato in un particolare tipo di elettroforesi, una metodica di diagnostica medica o per la realizzazione di otturazioni e ponti in odontoiatria. In sospensione colloidale, trova ulteriore impiego nella pittura delle ceramiche ed è oggetto di studio per applicazioni biologiche e mediche; l'aurotiomaleato di disodio è per esempio un farmaco per la cura dell'artrite reumatoide.
L'isotopo radioattivo 198Au (emivita: 2,7 giorni) è usato in alcune terapie anti-tumorali; nelle indagini a microscopio: l'oro è usato per rivestire campioni biologici da osservare sotto un microscopio elettronico a scansione. Nuove tecniche per la diagnosi preventiva stanno sperimentando minuscole barrette d'oro immesse nel flusso sanguigno che permettano di illuminare fino a 60 volte le immagini che vengano poi rivelate da un laser attraverso la pelle, questa tecnica potrebbe consentire di superare le barriere che impediscono di usare la luce per analizzare i vasi sanguigni e i tessuti sottostanti.
Anche nei viaggi nello spazio l'oro ha avuto un ruolo centrale dove altre ad essere stato usato per placcature e la fabbricazione di celle per combustibile è stato utilizzato in fogli per fare scudo alle radiazioni e al calore del sole in modo da rendere più sicuri i viaggi spaziali.
Applicazioni del tutto sconosciute ai nostri antenati. O forse no?!

Molti miti fanno riferimento a una utopica arcadica età dell’oro antidiluviana dove gli uomini vivevano in armonia con la natura in una società perfetta. La storia tradizionale considera l’età dell’oro un semplice mito scaturito dall’ispirazione a un desiderio/volontà di perfezionamento propria dell’uomo. Altrettanto prove archeologiche e costruzioni megalitiche ‘impossibili’ fanno ipotizzare la reale esistenza di strutture sociali già prima della fine dell’ultimo periodo glaciale noto come Wurm.
Può l’età dell’oro avere visto come protagonista una società umana (o extraterrestre) sufficientemente avanzata da utilizzare l’oro in alcune applicazioni tecnologiche tipiche di una società industrializzata?
Potrebbe essere l'utilizzo dell'oro nell'antichità una forma di devozione dei nostri lontani antenati nei confronti di coloro che essi ritenevano come delle divinità? Antichi astronauti, creatori di una civiltà precedente alla nostra che, consci delle numerose applicazioni dell'oro nell'industria elettronica e aerospaziale e non solo, procedevano all'estrazione e all'utilizzo del metallo per i loro apparecchi tecnologicamente avanzati?
Sitchin, nella sua visionaria interpretazione, considerava l'oro elemento fondamentale per gli Anunnaki per conservare l'atmosfera di Nibiru. Più semplicemente è più probabile che questi antichi astronauti utilizzassero già l'oro per gli stessi scopi che lo utilizziamo noi, estraendolo dai primi giacimenti minerari terrestri: circuiti integrati per robotica e elettronica, industria aeronautica e aerospaziale, medicina. O anche per altri scopi a noi non noti.
Successivamente, i popoli antichi, memori dell'importanza che l'oro rivestiva nella società degli antichi astronauti alieni, presero a modello l'utilizzo dell'oro nella loro società. Ovviamente, senza poterlo applicare a un'industria tecnologicamente avanzata, rimase strumento di ornamento e potere rappresentativo di appartenenza al divino, ma senza alcun valore economico intrinseco. Solo in occidente l'oro divenne parte integrante del processo che porterà alla monetizzazione e alla moneta d'oro (o legata ad esso come secondo i canoni del gold-standard del 1800) come merce di scambio.
L’utilizzo ‘tecnologico’ dell’oro venne applicato fino alla fine dell’età dell’oro, ovvero fino a 12.000 anni fa, ossia quando la società umana era permeata di antiche conoscenze scientifiche-tecnologiche mixate insieme a sapienza esoterico-mistica; in una parola: l’alchimia.

Nelle tradizioni alchemiche sia d'occidente che di oriente questo metallo assume una grande rilevanza, non per il suo valore commerciale, ma perché collegato sia alla longevità del corpo fisico sia alla realizzazione di stati superiori di coscienza. Però il rapporto è invertito rispetto a quello che si potrebbe pensare oggi; non è cioè il metallo che causa il guadagno interiore, ma è la realizzazione interiore che permette di creare il prezioso metallo.
Per cui, nell'alchimia occidentale, la possibilità di realizzare fisicamente la pietra (o polvere) filosofale dipende dal grado di realizzazione interiore dell'alchimista; in sostanza si crea un binomio biofisica (nell'uomo) - reazioni nucleari di trasmutazione (all'esterno dell'uomo).
Nell'alchimia indù invece, dove l'accento cade principalmente sulla longevità, l'equivalente indù dell'elisir di lunga vita, prima di essere ingerito, deve essere in grado di trasmutare fisicamente il mercurio in oro, altrimenti, in questa visione delle cose, non funziona.
In entrambi i casi si profila un legame stretto tra biofisica umana, stati di coscienza e fisica della materia. In questo senso l'affermazione che l'uomo sembra aver scritto nei suoi geni, "l'amore per l'oro", potrebbe avere un significato più profondo di quello che sembra; per cui la comune avidità di oro potrebbe essere la forma degradata e depotenziata di un istinto più alto e profondo. L'associazione dell'oro agli dei si può comprendere più facilmente osservandola da questa prospettiva: superiori stati di coscienza e longevità fisica, ergo libertà interiore unita a salute e bellezza esteriori.
E se l'alchimia fosse stata l'equivalente della nostra scienza, del nostro metodo scientifico, per la civiltà Atlantidea durante l'età dell'oro? L'alchimia si configura come l'insieme di elementi che attualmente associamo a campi di studi diversi:

(studi scientifici)
- chimica
- fisica
- medicina
- metallurgia
- astronomia

(studi non scientifici)
- astrologia
- arte
- misticismo
- religione

Forse il nostro limite di esseri umani sta proprio nel non riuscire più a unificare le ricerche di queste aree.
Forse è proprio attraverso lo studio integrato di tutte queste discipline che possiamo aspirare al ritorno al livello tecnologico/spirituale dei nostri antenati antidiluviani e raggiungere quello stato 'divino' proprio dell’età dell’oro ricercato dagli alchimisti con il termine "trasmutazione". L'oro, assume allora una valenza simbolico-spirituale oltre che applicazione pratica nella tecnologia perduta di Atlantide, tecnologia ricercata forse dagli alchimisti.
In Medicina Ayurvedica si riescono a produrre dei rimedi medici che rendono non tossico il mercurio come possiamo vedere nel film-documentario: "Ayurveda - The Art of Being" di Pan Nalin (2001). Discipline Ayurvediche che ritengo discendere da un sapere medico di altri tempi, orientativamente della civiltà Atlantidea, e che realmente mette in comunicazione i fatti oggettivi della natura, per esempio gli elementi, con la vita e la psiche dell'uomo. Sicuramente c'è una connessione stretta tra alchimia indù e medicina ayurvedica, così come c'è una connessione tra medicina ermetica ed alchimia, così come c'è una connessione tra alchimia cinese e medicina tradizionale cinese; si tratta di applicazioni sorelle nate da una medesima cultura. L'ambito però è differente.
E se pensate che la trasformazione dei metalli in oro, così come ricercato dagli alchimisti, non sia possibile significa che non conoscete la vicenda di Nicolas Flamel, un libraio dell’antica Parigi del 1400. La sua casa è l'edificio più vecchio della città, adesso sede di un hotel, ma con incisioni misteriose nei pilastri esterni, riconducibili al mondo alchemico. Da libraio diventò all'improvviso molto ricco e costruì e restaurò chiese, case di ricovero, ospedali.
Si dice che sia diventato immortale a causa della pietra filosofale o della sostanza che sarebbe riuscito a produrre seguendo, dopo una intera vita di studi e approfondimenti, quanto scritto nel famoso "Libro di Abramo l'Ebreo". Abramo l’Ebreo fu un sacerdote erudito su di un sapere alchemico esoterico di una civiltà precedente, qualcuno dice che fosse stato il famoso Ermete Trismegisto o comunque un iniziato che preferì morire piuttosto che rivelare i suoi segreti, tra cui quello di come ottenere l'oro partendo da altri metalli.
La leggenda narra che il nostro libraio parigino, ebbe una prima indicazione del libro da parte di un Angelo in sogno e poco dopo si presentò un venditore alla sua bottega presentandogli quello stesso volume che lui acquistò immediatamente. Esso si rivelò un libro di perduta tradizione alchemica, ricercato da tante persone e mai trovato prima, rilegato e scritto in caratteri incomprensibili con immagini (di cui 7 fondamentali per il procedimento) mai viste prima, con colori anch'essi non usi in un libro, e che gli fu in parte spiegato da un maestro ebreo che andò a cercare in Spagna e portò con sè a Parigi (dopo la conversione del maestro, in quanto non poteva entrare un ebreo a Parigi a quei tempi) ma che morì di una misteriosa malattia poco dopo. Flamel dopo qualche anno riuscì a diventare ricco, ma usò questa ricchezza come ho detto prima.
Alla sua presunta morte e dopo che alcuni soldati del re cercarono molto dopo in casa sua non fu trovata alcuna traccia delle sue ricerche e nemmeno il libro (forse tramandato in famiglia). La sua casa fu svuotata, scoperchiarono la sua tomba ma il corpo non vi si trovò. Si dice che fosse riuscito ad effettuare la trasformazione interiore, insieme alla moglie, diventando immortale e che fosse fuggito in India dove ogni 20 anni abbia fatto delle riunioni con altri saggi alchimisti.
La storia di Flamel non è così assurda. Già diversi anni fa il fisico Roberto Monti aveva pubblicato un opuscoletto dal titolo "L'alchimia è una scienza sperimentale. Come fare l'oro - Come abbattere la radioattività delle scorie nucleari", Edizioni Andromeda - 2001". L'edizione più recente è del 2001 ma scritti del genere erano apparsi già prima.
L'interesse qui non sta nella quantità minima di oro prodotto visto che si spende più nel comprare i prodotti di input di quanto si guadagni con l'oro in output, ma nel fatto che, seguendo il procedimento indicato da Monti si ottiene oro laddove in partenza non c'è (c'è mercurio in partenza), quindi accade qualcosa che non dovrebbe accadere, ossia una trasmutazione nucleare a temperatura ambiente.

Ma allora, se odierne sperimentazioni scientifiche dimostrano che l’obiettivo perseguito dall’alchimia medievale non era solo utopia o leggenda, può questo ricondurci a delle applicazioni a noi note del prezioso metallo, in un lontanissimo passato?
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04/05/2012 11:03
 
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Re:
Sheenky Oo, 04/05/2012 09.06:

Articolo di Paolo Brega
Articolo tratto da: ufoplanet.ufoforum.it/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO...


Potrebbe essere l'utilizzo dell'oro nell'antichità una forma di devozione dei nostri lontani antenati nei confronti di coloro che essi ritenevano come delle divinità? Antichi astronauti, creatori di una civiltà precedente alla nostra che, consci delle numerose applicazioni dell'oro nell'industria elettronica e aerospaziale e non solo, procedevano all'estrazione e all'utilizzo del metallo per i loro apparecchi tecnologicamente avanzati?
Sitchin, nella sua visionaria interpretazione, considerava l'oro elemento fondamentale per gli Anunnaki per conservare l'atmosfera di Nibiru. Più semplicemente è più probabile che questi antichi astronauti utilizzassero già l'oro per gli stessi scopi che lo utilizziamo noi, estraendolo dai primi giacimenti minerari terrestri: circuiti integrati per robotica e elettronica, industria aeronautica e aerospaziale, medicina. O anche per altri scopi a noi non noti.
Successivamente, i popoli antichi, memori dell'importanza che l'oro rivestiva nella società degli antichi astronauti alieni, presero a modello l'utilizzo dell'oro nella loro società. Ovviamente, senza poterlo applicare a un'industria tecnologicamente avanzata, rimase strumento di ornamento e potere rappresentativo di appartenenza al divino, ma senza alcun valore economico intrinseco. Solo in occidente l'oro divenne parte integrante del processo che porterà alla monetizzazione e alla moneta d'oro (o legata ad esso come secondo i canoni del gold-standard del 1800) come merce di scambio.
L’utilizzo ‘tecnologico’ dell’oro venne applicato fino alla fine dell’età dell’oro, ovvero fino a 12.000 anni fa, ossia quando la società umana era permeata di antiche conoscenze scientifiche-tecnologiche mixate insieme a sapienza esoterico-mistica; in una parola: l’alchimia.

Nelle tradizioni alchemiche sia d'occidente che di oriente questo metallo assume una grande rilevanza, non per il suo valore commerciale, ma perché collegato sia alla longevità del corpo fisico sia alla realizzazione di stati superiori di coscienza. Però il rapporto è invertito rispetto a quello che si potrebbe pensare oggi; non è cioè il metallo che causa il guadagno interiore, ma è la realizzazione interiore che permette di creare il prezioso metallo.
Per cui, nell'alchimia occidentale, la possibilità di realizzare fisicamente la pietra (o polvere) filosofale dipende dal grado di realizzazione interiore dell'alchimista; in sostanza si crea un binomio biofisica (nell'uomo) - reazioni nucleari di trasmutazione (all'esterno dell'uomo).
Nell'alchimia indù invece, dove l'accento cade principalmente sulla longevità, l'equivalente indù dell'elisir di lunga vita, prima di essere ingerito, deve essere in grado di trasmutare fisicamente il mercurio in oro, altrimenti, in questa visione delle cose, non funziona.
In entrambi i casi si profila un legame stretto tra biofisica umana, stati di coscienza e fisica della materia. In questo senso l'affermazione che l'uomo sembra aver scritto nei suoi geni, "l'amore per l'oro", potrebbe avere un significato più profondo di quello che sembra; per cui la comune avidità di oro potrebbe essere la forma degradata e depotenziata di un istinto più alto e profondo. L'associazione dell'oro agli dei si può comprendere più facilmente osservandola da questa prospettiva: superiori stati di coscienza e longevità fisica, ergo libertà interiore unita a salute e bellezza esteriori.
E se l'alchimia fosse stata l'equivalente della nostra scienza, del nostro metodo scientifico, per la civiltà Atlantidea durante l'età dell'oro? L'alchimia si configura come l'insieme di elementi che attualmente associamo a campi di studi diversi:

(studi scientifici)
- chimica
- fisica
- medicina
- metallurgia
- astronomia

(studi non scientifici)
- astrologia
- arte
- misticismo
- religione

Forse il nostro limite di esseri umani sta proprio nel non riuscire più a unificare le ricerche di queste aree.
Forse è proprio attraverso lo studio integrato di tutte queste discipline che possiamo aspirare al ritorno al livello tecnologico/spirituale dei nostri antenati antidiluviani e raggiungere quello stato 'divino' proprio dell’età dell’oro ricercato dagli alchimisti con il termine "trasmutazione". L'oro, assume allora una valenza simbolico-spirituale oltre che applicazione pratica nella tecnologia perduta di Atlantide, tecnologia ricercata forse dagli alchimisti.
In Medicina Ayurvedica si riescono a produrre dei rimedi medici che rendono non tossico il mercurio come possiamo vedere nel film-documentario: "Ayurveda - The Art of Being" di Pan Nalin (2001). Discipline Ayurvediche che ritengo discendere da un sapere medico di altri tempi, orientativamente della civiltà Atlantidea, e che realmente mette in comunicazione i fatti oggettivi della natura, per esempio gli elementi, con la vita e la psiche dell'uomo. Sicuramente c'è una connessione stretta tra alchimia indù e medicina ayurvedica, così come c'è una connessione tra medicina ermetica ed alchimia, così come c'è una connessione tra alchimia cinese e medicina tradizionale cinese; si tratta di applicazioni sorelle nate da una medesima cultura. L'ambito però è differente.
E se pensate che la trasformazione dei metalli in oro, così come ricercato dagli alchimisti, non sia possibile significa che non conoscete la vicenda di Nicolas Flamel, un libraio dell’antica Parigi del 1400. La sua casa è l'edificio più vecchio della città, adesso sede di un hotel, ma con incisioni misteriose nei pilastri esterni, riconducibili al mondo alchemico. Da libraio diventò all'improvviso molto ricco e costruì e restaurò chiese, case di ricovero, ospedali.
Si dice che sia diventato immortale a causa della pietra filosofale o della sostanza che sarebbe riuscito a produrre seguendo, dopo una intera vita di studi e approfondimenti, quanto scritto nel famoso "Libro di Abramo l'Ebreo". Abramo l’Ebreo fu un sacerdote erudito su di un sapere alchemico esoterico di una civiltà precedente, qualcuno dice che fosse stato il famoso Ermete Trismegisto o comunque un iniziato che preferì morire piuttosto che rivelare i suoi segreti, tra cui quello di come ottenere l'oro partendo da altri metalli.
La leggenda narra che il nostro libraio parigino, ebbe una prima indicazione del libro da parte di un Angelo in sogno e poco dopo si presentò un venditore alla sua bottega presentandogli quello stesso volume che lui acquistò immediatamente. Esso si rivelò un libro di perduta tradizione alchemica, ricercato da tante persone e mai trovato prima, rilegato e scritto in caratteri incomprensibili con immagini (di cui 7 fondamentali per il procedimento) mai viste prima, con colori anch'essi non usi in un libro, e che gli fu in parte spiegato da un maestro ebreo che andò a cercare in Spagna e portò con sè a Parigi (dopo la conversione del maestro, in quanto non poteva entrare un ebreo a Parigi a quei tempi) ma che morì di una misteriosa malattia poco dopo. Flamel dopo qualche anno riuscì a diventare ricco, ma usò questa ricchezza come ho detto prima.
Alla sua presunta morte e dopo che alcuni soldati del re cercarono molto dopo in casa sua non fu trovata alcuna traccia delle sue ricerche e nemmeno il libro (forse tramandato in famiglia). La sua casa fu svuotata, scoperchiarono la sua tomba ma il corpo non vi si trovò. Si dice che fosse riuscito ad effettuare la trasformazione interiore, insieme alla moglie, diventando immortale e che fosse fuggito in India dove ogni 20 anni abbia fatto delle riunioni con altri saggi alchimisti.
La storia di Flamel non è così assurda. Già diversi anni fa il fisico Roberto Monti aveva pubblicato un opuscoletto dal titolo "L'alchimia è una scienza sperimentale. Come fare l'oro - Come abbattere la radioattività delle scorie nucleari", Edizioni Andromeda - 2001". L'edizione più recente è del 2001 ma scritti del genere erano apparsi già prima.
L'interesse qui non sta nella quantità minima di oro prodotto visto che si spende più nel comprare i prodotti di input di quanto si guadagni con l'oro in output, ma nel fatto che, seguendo il procedimento indicato da Monti si ottiene oro laddove in partenza non c'è (c'è mercurio in partenza), quindi accade qualcosa che non dovrebbe accadere, ossia una trasmutazione nucleare a temperatura ambiente.

Ma allora, se odierne sperimentazioni scientifiche dimostrano che l’obiettivo perseguito dall’alchimia medievale non era solo utopia o leggenda, può questo ricondurci a delle applicazioni a noi note del prezioso metallo, in un lontanissimo passato?



Permettetimi di precisare, a livello personale, alcune considerazioni non proprio corrette di Braga.
Tra le tante "visioni" di Sitchin, quella che è la più vera è proprio l'oro terrestre per l'atmosfera di Nibiru e non solo. Nibiru, stando alle trascrizioni, è un pianeta che orbita ai confini del Sistema Solare, pertanto la luce arriva dbolissima. L'oro, inserito in qualche maniera nell'atmosfera del pianeta, consentiva una luce più diffusa. Lo stesso oro,sempre lavorato in una certa maniera, veniva mangiato dagli Anunnaky come elisir di lunga vita.
Piano piano le coincidenze iniziano a tornare... basta metterle al posto giusto. Non c'è niente da inventarsi, sono cose scritte nelle tavole sumeriche. Poi il fatto che si prendano per "visioni" questo è un'altro discorso.

Come ho detto anche in altre circostanze, Sitchin ha commesso diversi errori di interpretazione nella sue ricostruzioni storiche, su questo non c'è dubbio; ma diamo a Cesare quel che è di Cesare..... [SM=g27988]


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Re: Re:
sgittario, 04/05/2012 11.03:



Lo stesso oro,sempre lavorato in una certa maniera, veniva mangiato dagli Anunnaky come elisir di lunga vita.







Interessante,perchè quella di ingerire oro(sciolto nell'acqua)nella convinzione che potesse allungare la vita era una pratica diffusa nelle corti europee fino a qualche secolo fa.

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Re: Re: Re:
Delta.Force, 04/05/2012 15.41:




Interessante,perchè quella di ingerire oro(sciolto nell'acqua)nella convinzione che potesse allungare la vita era una pratica diffusa nelle corti europee fino a qualche secolo fa.



Ma esiste anche oggi chi produce oro per uso alimentare. A quanto pare produce ottimi benefici all'organismo, tale da ipotizzare un futuro uso medico.


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04/05/2012 16:27
 
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Stige81, 04/05/2012 15.49:


Ma esiste anche oggi chi produce oro per uso alimentare. A quanto pare produce ottimi benefici all'organismo, tale da ipotizzare un futuro uso medico.





Commestibile si, ma non digeribile.

Ci sono diversi siti online che vendono le foglie d'oro per guarnire dolci e bevande.

hai qualche notizia in più sulle ipotesi di un futuro uso medico?

Grazie anticipate




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Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.
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Re:
eone nero, 04/05/2012 16.27:



Commestibile si, ma non digeribile.

Ci sono diversi siti online che vendono le foglie d'oro per guarnire dolci e bevande.

hai qualche notizia in più sulle ipotesi di un futuro uso medico?

Grazie anticipate


Normale, i nostri succhi gastrici non sciolgono l'oro, altrimenti avremmo fatto a meno degli orefici.

Alcune applicazioni in medicina riguardano la ricerca sul virus HIV ad esempio, ma non è scontato che ci possano essere altre applicazioni future.

AIDS, un farmaco all’oro stana l’HIV

La medicina del futuro? È d’oro
[Modificato da Stige81 04/05/2012 16:39]
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04/05/2012 16:41
 
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Grazie dei links gentilissimo [SM=g8861]


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Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.
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