Fonte:
www.ufoonline.it/2013/01/02/i-viaggi-spaziali-sono-dannosi-per-il-c...
I lunghi viaggi spaziali, come per esempio una ipotetica missione dell'uomo su Marte, potrebbero essere dannosi per il cervello. Uno studio dal Medical Center dell'Università di Rochester, pubblicato sulla rivista PLoS ONE, e ripreso dal Corriere della Sera, mostra come i raggi cosmici che bombardano gli astronauti impegnati nelle missioni spaziali potrebbero accelerare la comparsa di alcuni sintomi dell'Alzheimer. Non è la prima volta che e ricerche mettono in guardia sui rischi per la salute dei cosmonauti, ma fino ad ora i risultati erano stati tranquillizzanti. I dettagli dello studio a seguire.
«Le radiazioni cosmiche pongono una seria minaccia al futuro degli astronauti. Per la prima volta, abbiamo dimostrato che l'esposizione a livelli di raggi cosmici equivalenti a un viaggio verso Marte (programmato dalla Nasa per il 2035, ndr) potrebbe produrre problemi cognitivi e accelerare modificazioni del cervello associate al morbo di Alzheimer» ha spiegato Kerry O'Banion, uno degli autori. Un viaggio di andata e ritorno verso il "pianeta rosso" potrebbe durare tre anni.
La ricerca ha riguardato una specifica forma di radiazione, quella da particelle ad alta carica e alta massa, in particolare soffermandosi sulle particelle di ferro prodotte dalle eruzioni solari. Queste, grazie anche alla loro velocità, possono penetrare gli schermi protettivi dei velivoli spaziali. Gli animali coinvolti nell'esperimento, esposti a radiazioni equivalenti a quelle di un ipotetico viaggio verso Marte, hanno mostrato peggioramento neurologico nei test di memoria e accumulo di proteina beta amiloide, caratteristica "firma" dell'Alzheimer.
Un problema di lunga data
I raggi cosmici sia solari che provenienti dalla nostra galassia rappresentano un rischio per gli astronauti nello spazio in funzione della dose radioattiva da essi assorbita. Si tratta quindi di un problema di tempo e di quantità. Nel caso delle missioni a bordo della stazione spaziale questo rischio è ridotto; inoltre vi è sempre la possibilità di tornare a terra con una navetta Soyuz di salvataggio qualora insorgano problemi legati ad esempio ad eruzioni solari. Nello spazio interplanetario ciò non può accadere; sino ad ora le uniche missioni che abbiano portato l’uomo al di fuori dello scudo protettivo del campo geomagnetico sono le missioni Apollo.
In questi casi però la durata ridotta della missione e l’assenza di eruzioni solari ha fatto sì che gli astronauti non avessero problemi da questo punto di vista. Un grafico della NASA riporta tuttavia le dosi che gli astronauti avrebbero assorbito se si fossero trovati sulla luna nel caso di eruzioni solari: nel caso di eventi particolarmente intensi come quello del 1972, queste dosi sarebbero state mortali.
Una missione su Marte deve dunque tener conto anche di tutti questi problemi: un equipaggio che si trovi nello spazio per un periodo di tempo superiore ad un anno dovrà essere opportunamente protetto dall’azione dei raggi cosmici galattici e soprattutto delle tempeste solari. Al momento sono allo studio vari metodi con cui realizzare questa protezione: quelli più all’avanguardia progettano di ripetere ciò che è stato creato dalla natura: portare con sé un magnete superconduttore che – attivato in presenza di eruzioni solari – possa deflettere il grosso delle particelle in maniera analoga a quanto fatto dal campo magnetico del nostro pianeta.