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Il Regno del Re del Mondo

Ultimo Aggiornamento: 31/10/2013 15:19
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02/05/2013 01:06
 
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Di Carlo Barbera

[IMG]http://i42.tinypic.com/mjtmqh.jpg[/IMG]

Secondo l’ipotesi di vari ricercatori, l’origine del fenomeno ufologico potrebbe non essere solo extraterrestre ma, almeno una buona parte dei mezzi a propulsione antigravitazionale che si manifestano nei cieli del nostro pianeta, potrebbero provenire proprio dalla Terra, non dalla superficie ma dal suo interno, dalla grande cavità che si ritiene sede del grande continente di Agartha e dall’immensa rete di tunnel e gallerie che percorrono il sottosuolo del pianeta creando una vera e propria rete di comunicazione tra l’interno e l’esterno della Terra.


Il popolo abitante del continente interno di Agartha, qualsiasi sia la sua origine e provenienza, potrebbe utilizzare dischi volanti per spostarsi nella rete di tunnel e occasionalmente apparire nei nostri cieli.

Questa teoria offrirebbe, forse non completamente, una curiosa soluzione dell’enigma degli UFO su cui l’umanità si è interrogata negli ultimi decenni.

Essa darebbe ragione dell’ipotesi del contemporaneo ricercatore ed autore di numerosi best-sellers Erich Von Daniken, secondo cui i fondatori del regno di Agartha giunsero originariamente dallo spazio; nonché dei “veicoli misteriosi e sconosciuti, utilizzati dalla gente di Agartha, che sfrecciano attraverso gli angusti passaggi all’interno del nostro pianeta” di cui parla Ferdynand Ossendowski, (1876-1944) geologo russo dalla vita avventurosa, , nel suo “Bestie, Uomini e Dei” scritto del 1923, che si spinse nelle regioni della Mongolia entrando in contatto con i miti della terra di Agartha e del suo leggendario sovrano; oppure degli avvistamenti nel cielo della Mongolia narrati da Nikolay Roerich, filosofo, pittore, archeologo e mistico (1874-1947), che compì esplorazioni in India, Mongolia, Tibet e sull’Himalaya.
Nel suo libro “Heart of Asia”, del 1928, Roerich racconta: Notiamo qualcosa di lucente, che vola molto alto da nord-est a sud. Prendiamo nelle tende tre potenti binocoli e osserviamo l’enorme sferoide che brilla ai raggi del sole, visibile chiaramente sullo sfondo azzurro del cielo, mentre si muove a grande velocità. Poco dopo notiamo che cambia bruscamente direzione volando da sud a sud-ovest, e scmpare dietro i picchi innevati della Catena di Humboldt. L’intero campo segue l’insolita apparizione e i Lama bisbigliano: “Il Segno di Shamballah”. Nessun aeromobile di quella forma, grandezza manovrabilità e velocità era stato inventato nel 1928.


L’uomo che per primo avanzò l’ipotesi che gli UFO provenissero da un luogo molto più vicino a noi, vale a dire dall’interno dello stesso pianeta Terra, fu il professore brasiliano, Henrique Josè de Souza.
De Souza, che visse a Sao Laurenco e fu presidente della Società Teosofica Brasiliana, sviluppò la sua teoria insieme ad un amico, il comandante Paulo Strauss, membro della Marina Brasiliana. Le loro tesi furono pubblicate per la prima volta in una serie di articoli apparsi nella rivista brasiliana “O Cruzeiro”, nel Febbraio 1955. In tre numeri della rivista, il professor de Souza e il comandante Strauss sostennero che, mentre era evidente che nessuna nazione del mondo aveva costruito i dischi volanti, certamente non i Russi né gli Americani che avrebbero tratto grandi vantaggi dalla propaganda di simile invenzione, era altrettanto chiaro, in base ai dati raccolti dalla ricerca spaziale, che pareva inconcepibile che simili veicoli provenissero da lontani pianeti. Secondo de Souza e Strauss restava solamente la possibilità che gli UFO provenissero dalla stessa Terra, o meglio, dall’interno del pianeta.

De Souza, nella veste di leader dei Teosofi Brasiliani, si era interessato per anni alla leggenda di Agartha, e mentre rifletteva sul regno sotterraneo e la sua rete di gallerie – e su come qualcuno potesse servirsene senza disporre di adeguati mezzi di trasporto -, si convinse che i dischi volanti appartenessero ad una civiltà avanzata: se erano in grado di vivere e prosperare sotto terra potevano aver sviluppato mezzi di trasporto molto più sofisticati di quelli concepiti dalla civiltà della superficie del pianeta.


Nel 1957, le conclusioni di de Souza e Strauss furono esaminate da O.C.Huguenin nel suo libro “From the Subterranean World to the Sy: Flying Saucers. Dopo aver dichiarato che “l’ipotesi dell’origine extraterrestre dei dischi volanti non sembra accettabile”, Huguenin affermava:

“Dobbiamo prendere in considerazione la più recente e interessante teoria proposta come spiegazione dell’origine dei dischi volanti: l’esistenza di un grande Mondo Sotterraneo con innumerevoli città in cui vivono milioni di persone. Questa umanità separata da quella di superficie ha raggiunto un alto gradi di civiltà, di organizzazione economica e sociale, di sviluppo spirituale e culturale, unitamente a uno straordinario progresso scientifico, a paragone del quale l’umanità che vive sulla superficie della Terra, può essere considerata barbara. Stando alle informazioni fornite dal comandante Paulo Strass, il Mondo Sotterraneo non si limita a caverne, ma è molto più esteso, occupando un’enorme cavità nel cuore della Terra, abbastanza ampia da contenere città e campi, dove vivono esseri umani e animali, il cui aspetto fisico è simile a quelli della superficie”.

Huguenin racconta poi che questo popolo, molto più progredito del resto dell’umanità per quanto attiene allo sviluppo scientifico, costruì macchine chiamate Vimana, che “volavano nei cieli e nei tunnel come aeroplani, utilizzando una forma di energia ottenuta direttamente dall’atmosfera”. Poi aggiunge: “Sono identici a quelli che noi chiamiamo dischi volanti”. E ancora: “Prima della catastrofe che distrusse il loro continente, gli Atlantidi crearono rifugi nel Mondo Sotterraneo, che raggiunsero a bordo dei loro Vimana, o dischi volanti. Da allora i dischi volanti sono rimasti all’interno della Terra, ed essi se ne servono per spostarsi da un luogo all’altro”.



Dal 1957 in poi, questa teoria è stata sostenuta in molte altre occasioni. Per esempio dall’Americano Ray Palmer, che nel 1959 ebbe a dichiarare: “Un’enorme quantità di prove indica che vi è un luogo sconosciuto di enormi dimensioni sotto la superficie da dove forse provengono i dischi volanti”. Raymond Bernard, scrittore ricercatore e noto sostenitore della teoria della Terra Cava, era convinto che gli UFO provenienti da Agartha potessero utilizzare una forza di propulsione antigravitazionale chiamata Energia Vril: “La tragica morte e scomparsa del capitano Mantell, che inseguì un disco volante finché quest’ultimo perse la pazienza e lo fece svanire disintegrandolo, starebbe a indicare che quella razza padroneggia una forma di energia superiore, che Bulwer Lytton chiamò “Vril”, che aziona i loro velivoli; essi se ne servono a fini distruttivi quando sono costretti a farlo per autodifesa”.



Un grande numero di indicazioni, come le misteriose luci verdi viste all’interno di gallerie e di caverne, misteriosi rombi e rullii di tamburi uditi provenire dalle profondità della terra, la probabilità geologica di cavità abitabili sotto la superficie del pianeta, i mezzi occorrenti per realizzare un’imponente rete di tunnel sotterranei, lo sviluppo scientifico indispensabile alla costruzione di veicoli avanzati per spostarsi nel mondo interno, e gli innumerevoli resoconti, le leggende e le tradizioni presenti presso tutti i popoli della Terra, lasciano supporre la realtà del mondo sotterraneo di Agartha e che da qualche parte, sotto l’altopiano del Tibet si trovi il centro di questo antichissimo impero.
Rimane un mistero l’identità e l’origine del popolo che lo abita e lo mantiene in vita da millenni.
Forse i superstiti della perduta civiltà di Atlantide, i popoli di una cultura antidiluviana o forse esseri extraterrestri appartenenti ad una civiltà stellare multietnica e multidimensionale.

Come rimane un mistero la tradizione secondo cui il mondo sotterraneo sia governato da un onnipotente “Re del Mondo” .



Ossendowski, Roerich ed altri si sono occupati di questo misterioso personaggio, ciascuno all’insaputa dell’altro, descrivendolo come “la luce che guida il mondo”, un uomo buono e di grande saggezza, capace di dirigere la vita e di ispirare i più alti ideali e le vere tradizioni religiose dell’umanità.
Forse, fra tutti i racconti, il più accettabile è quello di Ferdinand Ossendowski, che nel suo “Bestie, Uomini e Dei” riferisce che un vecchio lama Tibetano gli parlò della visita del “Re del Mondo” a una lamaseria di Lhasa.
”Una notte d’inverno diversi cavalieri entrarono nel monastero e ordinarono che tutti i Lama si radunassero nella sala del trono. Poi uno degli stranieri salì sul trono e si tolse il bashlyk, o copricapo, che gli nascondeva il volto. Tutti i lama si inginocchiarono perché avevano riconosciuto l’uomo che era stato descritto tanto tempo prima nei documenti del Dalai Lama, del Tashi Lama e di Bogdo Khan. Era l’uomo cui appartiene il mondo intero e che ha penetrato tutti i misteri della Natura. Pronunciò una breve preghiera tibetana, benedisse gli astanti e quindi fece predizioni che riguardavano il prossimo mezzo secolo. Ciò accadde trent’anni fa, e nel frattempo tutte le sue profezie si sono avverate.

Mentre pregava davanti al piccolo altare, un’enorme porta rossa si aprì da sola, le candele e le lampade davanti all’altare si accesero, e dai sacri bracieri, senza che nessuno li avesse alimentati, si alzarono volute d’incenso che riempirono la sala. Allora, senza aggiungere altro, il Re del Mondo e i suoi compagni scomparvero alla nostra vista, salvo le pieghe nel rivestimento di seta del trono, che si spianarono da sole, come se non vi si fosse seduto nessuno”.


Secondo il vecchio Lama il “Re del Mondo” aveva pronunciato le sue profezie trent’anni prima; considerando che il libro di Ossendowski fu pubblicato nel 1923, si può quindi desumere tale avvenimento accadde all’incirca negli ultimi decenni del 1800.



Secondo il racconto del Lama ad Ossendowski, questa fu la profezia pronunciata dal “Re del Mondo”:
”Sempre più popoli dimenticheranno la loro anima e si preoccuperanno solo del corpo. I più grandi peccati e la corruzione regneranno sulla terra. Le persone si trasformeranno in bestie feroci, assetate di sangue e bramose della morte dei propri fratelli. La “Mezzaluna” diverrà oscura e i suoi seguaci cadranno in miseria e si impegneranno in guerre senza fine. I conquistatori saranno visitati due volte dalla più grande sventura. […] Le corone dei re, grandi e piccoli, cadranno […] Ci sarà una terribile lotta fra tutti i popoli. I mari diverranno rossi di sangue […] la terra e il fondo dei mari si ricopriranno di ossa […] regni verranno spazzati via […] interi popoli periranno […] fame, malattie, crimini ignoti alla stessa legge e mai visti prima, dilagheranno nel mondo. […] Anche coloro che tenderanno la mano al prossimo periranno. I dimenticati e i perseguitati insorgeranno e attireranno su di sé l’attenzione del mondo intero. […] Milioni di uomini si libereranno dai ceppi della schiavitù e dell’umiliazione solo per andare incontro a fame, malattie e morte. Le antiche strade si copriranno di folle erranti da un luogo all’altro. […] Verità e amore scompariranno. Allora io invierò un popolo ora sconosciuto che con mani forti estirperà la malerba della follia e del vizio e guiderà coloro che saranno rimasti fedeli allo spirito dell’uomo nella lotta contro il male. Getteranno le basi di una nuova vita sulla terra purificata dalla distruzione delle nazioni. Nel cinquantesimo anno faranno la loro comparsa tre soli regni, che dureranno per settantuno anni felici. Poi vi saranno altri diciotto anni di guerra e distruzione. Allora le genti di Agartha lasceranno le caverne sotterranee e appariranno sulla superficie della Terra”.

Guerre mondiali, l’ascesa e il declino degli imperi, l’inesorabile degenerazione dell’umanità.
Giusto è lasciare alla libera interpretazione del lettore la visione del Re. Le osservazioni finali, riportate da Ossendowski , sulla necessità che il popolo sotterraneo intervenga per salvare il mondo che pare condannato, sono forse le più adatte per concludere questo articolo.

Alcuni credono che sia precisamente questo il compito che, da epoche immemorabili, il popolo di Agartha attende di compiere nella sua fortezza sotterranea.




Fonte: www.arcadia93.org/ilregnodelredelmondo.html
[Modificato da eone nero 02/05/2013 01:11]
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Sheenky ffz, 02/05/2013 07:46:

Oh oh oh!
Così mi provochi!
Più tardi posto qualcosa!
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L'articolo è da prendere con le pinze, è interessante per alcuni spunti per il resto purtroppo abbiamo inesattezze e sensazionalismi, come ad esempio la fantomatica energia del Vril che troviamo unicamente nel romanzo La razza ventura [1] di Bulwer Lytton Edward, a tale proposito è utile ricordare che non è esistita nessuna società del Vril in Germania durante il Reich hitleriano.



Note:

[1] www.lankelot.eu/letteratura/bulwer-lytton-edward-george-la-razza-vent...

[Modificato da eone nero 02/05/2013 09:24]
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BULWER-LYTTON EDWARD GEORGE
LA RAZZA VENTURA

Di Gianfranco Franchi, “Lankelot”. Agosto 2007



Il nome di Edward George Bulwer-Lytton, scrittore, politico e aristocratico inglese, è oggi meno famigliare ai letterati e ai lettori forti. Proprio per questo mi sembra opportuno dare qualche coordinata, mostrando una prima, curiosa antitesi. Meglio: un curioso e fastidioso cortocircuito nella critica occidentale.
“Era una notte buia e tempestosa” (“Paul Clifford” è il romanzo in questione), “la penna è più potente della spada”: bene, è Lytton l’altrimenti oscuro autore di quell’incipit e di quella massima. Superfluo dire che quell’incipit deve molta della sua grottesca popolarità ai “Peanuts” di Charles Schulz.
Lytton è considerato, sulle sponde americane, tra i più mediocri autori vittoriani; talvolta, in ambito anglosassone, il suo nome serve come sinonimo di pessima scrittura; addirittura esiste un concorso a lui intestato, dedicato al peggior incipit in lingua inglese, organizzato dalla University di San Josè.
Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco, invece, ce lo raccontano così: “Erudito, romanziere, eminente massone e membro della Societas Rosicruciana in Anglia, l’avanzato circolo occultistico fondato nel 1865 da Wentworth Little, e che qualche anno più tardi generò per filiazione diretta l’Hermetic Order of the Golden Dawn” (p. 8) – certo, non ne esaltano lo stile. Ma direi che l’autore è tutt’altro che ridicolizzato.

B.L. conobbe discreta popolarità, in vita; fu autore estremamente prolifico, non eccezionalmente considerato dalla critica ma letto con piacere dal pubblico. I curatori dell’opera ricordano che l’opera più fortunata, in questo senso, a distanza di tempo, rimane “Gli ultimi giorni di Pompei” (1834), schierandosi tuttavia per la sua produzione narrativa meno nota, quella incentrata sull’occulto, la magia e l’esoterismo: segnalano “Zanoni” (1849: in Italia esistono traduzioni per Sonzogno, Bocca, Tea), “A Strange Story” (1862) e “Magicians and Magic” (1865) assieme, finalmente, a “The Coming Race” (1871) (cfr. pp. 29-31).

Questo romanzo in Italia venne originariamente pubblicato (con differita di soli ventisei anni, quindi postumo) dalla casa editrice Treves, nel 1898. Soltanto 82 anni dopo è tornato sugli scaffali delle librerie attente all’esoterismo e alla spiritualità, per merito delle Edizioni Arktos. È un peccato che la circolazione sia ridotta: come vedremo a breve, è un interessante esempio di letteratura distopica, non andrebbe relegato tra le opere destinate a curiosi, studiosi e cultori dei laterali o dei dimenticati. Intanto, lascio l’onere dell’introduzione all’opera ai due curatori, De Turris e Fusco: “The Coming Race (…) descrive un mondo sotterraneo scoperto dal protagonista della narrazione, mentre esplora una miniera. In esso vive una razza superiore che conduce un’esistenza ‘utopistica’ grazie al possesso di una energia invincibile e inesauribile, che può essere guidata con il pensiero e per mezzo della quale ogni cosa è possibile (…). L’allegoria è evidente: una forza interiore conquistata e opportunamente diretta rende possibile la ‘rettificazione’, cioè la purificazione del proprio intimo, spingendo indietro gli istinti animali che ci legano alla Terra. Per designare questa forza, che Eliphas Levi chiamava ‘mediatore plastico’, Bulwer-Lytton scelse il nome di vril” (p. 19).

È una distopia: una delle prime, assieme a “Erewhon” di Samuel Butler (1872).
Una di quelle più influenti: diverse associazioni occulte, nel Novecento, si mostrarono interessate alla possibilità d’un’esistenza d’un’altra razza nella “terra cava”. Sin qua, note di colore e prime coordinate per orientarsi a dovere; passiamo adesso all’analisi della trama e a cenni sullo stile e sulla struttura.

Americano, nipote di emigranti inglesi, benestanti e influenti, il protagonista e io narrante viene mandato a Liverpool ad appena sedici anni, per perfezionare la sua formazione nell’antica madrepatria. Qualche anno dopo, durante una visita in una miniera, l’ingegnere suo amico s’avventura in un pozzo che stanno trivellando. Scende, e al suo ritorno è sconvolto: crede d’essere impazzito, ha sentito voci umane – e pensa si tratti della solita mania dei demoni e degli gnomi dei minatori. Il narratore, così, accompagna l’ingegnere il giorno successivo: si calano con una corda, che d’un tratto si spezza. Il narratore rimane solo e fugge, mentre un drago si nutre della carcassa del suo amico.
Adesso è solo, nelle viscere della terra. La luce è diffusa, dolce e argentea; s’apre a un tratto un’ampia valle, i colori dominanti diventano plumbeo e rosso dorato. In questo scenario appare il primo membro del popolo dei sotterranei.
“Mi ricordava le immagini simboliche dei Genii o dei Demoni che si scorgono sui vasi etruschi o sulle pareti dei sepolcri orientali… immagini che riprendono le forme umane e tuttavia appartengono ad un’altra razza. Era alto, non gigantesco, ma alto quanto gli uomini più alti al di sotto della statura dei giganti” (p. 42).
Ha occhi neri, viso glabro, colorito da pellerossa; è antropomorfo, ma il narratore lo sente “ostile” all’uomo. Parlano lingue diverse, totalmente estranee. Incomprensibili: le prime comunicazioni avvengono via disegni.
La guida accompagna il narratore nella cittadella; s'accorge di automi immobili lungo le pareti, ammira giardini splendenti di fiori meravigliosi e colorati, capisce che qualcuno ha le ali. Quando scopre la loro complessa natura meccanica, scosso e spaventato, sviene: pur riconoscendo cortesia e gentilezza nei suoi ospiti, è ovviamente spaventato a morte. Al suo risveglio, tempo dopo, costoro parlano la sua lingua, e lui ha appreso i rudimenti della loro. Può avere inizio lo scambio.

La razza sotterranea è quella degli Ana (uomini), sopravvissuti a cataclismi e inondazioni (il nostro diluvio?) nascondendosi nelle grotte, e là ricostruendo il loro già evoluto mondo; conoscono la luce del gas e del petrolio, non devono temere l’oscurità. La loro comunità era divisa in classi; attraversarono diverse forme di governo, anticamente addirittura la democrazia (reputata rozza), e superarono le fasi della lotta di classe e delle guerre tra diverse etnie. Questo sin quando non scoprirono il Vril. L’autore lo definisce come “unità delle energie naturali”, “elettricità” che influisce sul clima, sugli individui (in trance, dopo lo svenimento, aveva appreso la loro lingua), sulle malattie; crea e distrugge. Dal momento in cui tutti potevano attingere a quella forza, nessuno aveva più mostrato volontà d’espansione: poco a poco, erano sparite anche le forze dell’ordine. Tutti rispettavano le leggi (meglio: “convenzioni” da tutti apprezzate), nessuno le imponeva con la violenza. Gli Ana avevano una sola lingua e molti dialetti; leggi e costumi simili, tra uno e un altro popolo.
A capo della razza degli Ana, un magistrato supremo (Tur), con mandato a vita: senza residenza sontuosa o reddito superiore, a coordinare diversi dipartimenti, con armonia e grazia. Felicità, ordine, autorità sono strettamente interconnesse (p. 75).
I cittadini vivono di agricoltura e artigianato; unici pericoli esterni, le irruzioni di fuoco e acqua, le fughe di gas, le tempeste di vento sotterranee, rettili e draghi nemici, cacciati dai più giovani. Si lavora in giovane età guadagnando abbastanza per vivere serenamente da adulti. Tra An – uomo – e Gy – donna – esiste eguaglianza di diritti; piuttosto, le donne dimostrano superiorità aggressiva e difensiva. Il matrimonio può durare tre anni; quindi, può terminare o essere rinnovato. Ciononostante, la poligamia è molto rara e i divorzi inesistenti. L’equilibrio delle coppie è importante. A corteggiare sono le donne, felici un giorno d’obbedire con gioia al compagno, sapendolo uguale e inferiore nella forza.

L’essere supremo, da tutti adorato, è espresso da un geroglifico simile a una piramide; la piramide rovesciata significa “potenza”. Da tempo non esistono più testi per testimoniare o interpretare l’esistenza e la giustizia del Creatore e del Conservatore del mondo: gli Ana sanno che, da esseri finiti, non hanno la capacità di definire ciò che è infinito e onnipotente. Si limitano ad avere fede.
Credono nella metempsicosi, ma tra un pianeta e l’altro e in diversa forma.
Credono che un giorno torneranno a vedere il sole, per sterminare la specie umana che ha sporcato il mondo.
Vivono ascoltando musica, in ogni stanza, a un volume discreto; si concedono qualche innocente lusso, passando le loro giornate in un invidiabile stato di equilibrio. Intanto, le donne scelgono il loro An: e una di loro, la figlia dell’autorità massima, s’innamora del narratore. È un legame proibito, che rovescerà le sorti del protagonista, esule infine da quel mondo sotterraneo.

Complessivamente, il romanzo può essere posizionato tra quelle distopie del secolo scorso destinate a rivelare apocalittici scenari futuri, in questo caso non dormienti né paralleli ma viventi sotto le nostre terre: al contempo, va a proporre, come le antiche utopie, sistemi alternativi al nostro.
Da un lato, Lytton sembra apprezzare la struttura societaria e la forma statale degli Ana, rivelando quindi le sue predilezioni e le sue speranze, includendo la cessazione delle violenze tra esseri umani e l’avvento d’una società priva di contrasti, idilliaca e solare. D’altro canto, il suo protagonista sca(m)pa temendo per le sorti della specie umana, non cessando quindi – a dispetto degli abiti indossati, e della neolingua appresa, con tanto di acute osservazioni filologiche e grammaticali – di percepire come ostili quegli uomini che aveva riconosciuto come “demoni” dalle ali meccaniche, e dagli sviluppi tecnologici così simili a quelli di noi lettori contemporanei. I robot cominciano ad apparire nelle nazioni più evolute, in ogni casa; la musica in ogni ambiente è già una realtà, bastano piccoli transistor. I ruoli e la considerazione della donna stanno tornando, come in alcune società antiche e avanzate, a essere non dissimili da quelli dell’uomo.

Stilisticamente, e con buona pace degli yankee di San Jose, la narrazione tiene; non so se sia per merito della buona traduzione, ma direi che in ogni caso non si registrano gravi cadute di stile: l’equilibrio espressivo è forse grigio ma onesto, la leggibilità non è gravata nemmeno dal capitolo dedicato alla grammatica degli Ana, forse un po’ ostico per chi non ha fatto studi letterari ma non essenziale, in ogni caso. Il sogno del Vril animò molti intellettuali, così come quello dell’esistenza d’un popolo antico ed evoluto, nascosto all’interno della terra; probabilmente, che si tratti di memoria genetica d’un antico stadio di evoluzione sempre negato dalle scienze o di una speranza che molti tra noi hanno sempre avuto, la sostanza non muta – sarà così ancora per diverse generazioni, sin quando non troveremo prove inconfutabili di ciò che è, e di ciò che non può non essere che fantasia o reminiscenza.

Ai curatori De Turris e Fusco la riconoscenza del lettore, il ringraziamento per aver restituito alla luce una distopia degna d’essere considerata sia nel genere, sia nella letteratura esoterica; uno schiaffo morale piuttosto chiaro a chi, forse con qualche ingenuità, sta cercando di cancellare ogni traccia dell’opera di questo bizzarro aristocratico inglese.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Edward George Bulwer-Lytton (Londra, 1803 – Torquay, 1873), poeta e scrittore inglese, deputato prima liberale poi conservatore, aristocratico per ascendenza materna.

Edward Bulwer-Lytton, “La razza ventura”, Edizioni Arktos, Carmagnola, Torino 2006 (prima: 1980). A cura di Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco.

Prima edizione: “The Coming Race”, 1871.
Prima edizione italiana: “La razza futura”, Treves, Milano, 1898.


Fonte: www.lankelot.eu/letteratura/bulwer-lytton-edward-george-la-razza-vent...


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Volendo si potrebbe unire con questo topic: ufologando.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=...
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Ha sì, conosco quella leggenda ! ci ho scritto anche una sceneggiatura sopra ! ^^
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Re:
eone nero, 5/2/2013 9:23 AM:



L'articolo è da prendere con le pinze, è interessante per alcuni spunti per il resto purtroppo abbiamo inesattezze e sensazionalismi, come ad esempio la fantomatica energia del Vril che troviamo unicamente nel romanzo La razza ventura [1] di Bulwer Lytton Edward, a tale proposito è utile ricordare che non è esistita nessuna società del Vril in Germania durante il Reich hitleriano.



Note:

[1] www.lankelot.eu/letteratura/bulwer-lytton-edward-george-la-razza-vent...




Quoto.
È interessante x due motivi sostanzialmente a mio parere.

- la testimonianza di Roerich del 1928 (sarei tentato di cercare in rete il libro in lingua originale, per avere conferma e maggiori dettagli eventuali)

- la possibilità che eventuali visitatori da altrove (sempre che esistano) abbiano 'basi' sulla Terra, piuttosto che nei fondali marini.



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rmnd, 31/10/2013 00:58:



Quoto.
È interessante x due motivi sostanzialmente a mio parere.

- la testimonianza di Roerich del 1928 (sarei tentato di cercare in rete il libro in lingua originale, per avere conferma e maggiori dettagli eventuali)

- la possibilità che eventuali visitatori da altrove (sempre che esistano) abbiano 'basi' sulla Terra, piuttosto che nei fondali marini.






A quale libro ti riferisci in particolare?

Grazie anticipate [SM=g8861]


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Re:
eone nero, 10/31/2013 1:59 AM:



A quale libro ti riferisci in particolare?

Grazie anticipate [SM=g8861]





questo, citato nel tuo primo post

http://www.amazon.com/Heart-Asia-Himalayas-Nicholas-Roerich/dp/0892813024



Nel suo libro “Heart of Asia”, del 1928, Roerich racconta: Notiamo qualcosa di lucente, che vola molto alto da nord-est a sud. Prendiamo nelle tende tre potenti binocoli e osserviamo l’enorme sferoide che brilla ai raggi del sole, visibile chiaramente sullo sfondo azzurro del cielo, mentre si muove a grande velocità. Poco dopo notiamo che cambia bruscamente direzione volando da sud a sud-ovest, e scmpare dietro i picchi innevati della Catena di Humboldt. L’intero campo segue l’insolita apparizione e i Lama bisbigliano: “Il Segno di Shamballah”. Nessun aeromobile di quella forma, grandezza manovrabilità e velocità era stato inventato nel 1928.




ho trovato una versione on-line del testo

http://www.roerich.org/roerich-writings-heart-of-asia.php
queste forse le parti citate nella traduzione:


In Darjeeling, a spheroid lightning passed only two feet from my head.





A sunny, unclouded morning—the blue sky is brilliant. Over our camp flies a huge, dark vulture. Our Mongols and we watch it. Suddenly one of the Buriat lamas points into the blue sky:
“What is that? A white balloon? An airplane?”
We notice something shiny, flying very high, from the northeast to the south. We bring three powerful field glasses from the tents and watch the huge spheroid body shining against the sun, clearly visible against the blue sky and moving very fast. Afterwards we see that it sharply changes its direction from south to southwest and disappears behind the snow-peaked Humboldt chain. The whole camp follows the unusual apparition and the lamas whisper:
“The Sign of Shambhala!”



Anche se in realtà non aggiunge nulla di più rispetto alla traduzione italiana. Peccato

[Modificato da rmnd 31/10/2013 12:37]
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Sesso: Maschile
Utente Junior
31/10/2013 15:19
 
Quota

Ad onor del vero, la conclusione "Nessun aeromobile di quella forma, grandezza manovrabilità e velocità era stato inventato nel 1928"..è fuorviante.

I palloni sonda erano già utilizzati in quel periodo, anche in Himalaya, per rilevamenti scientifici. Quindi non escluderei questa ipotesi, cioè quella di un pallone sonda trascinato via rapidamente dai venti di alta quota
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