Il frammento del dottor Wolf

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Sheenky Oo
00sabato 26 maggio 2012 17:56
IL FRAMMENTO DEL DOTTOR WOLF

Fonte: www.edicolaweb.net/un030101.htm

Il materiale, all’analisi dei laboratori italiani, si dimostra essere stato sottoposto ad una temperatura di 3.300 gradi Kelvin. La domanda è: lo shock termico è stato provocato da un UFO crash?
di Corrado Malanga



I due frammenti consegnati dal dottor Wolf a
Paola Harris ed Adriano Forgione e destinati alle nostre analisi


Due immagini riprese con un'apparecchiatura ottico-microscopica
realizzata per fotografare il campione

Nella recente storia dell’ufologia moderna, la figura del rivelatore prende sempre più spazio. Chi sono i rivelatori? Sono persone che dicono di sapere molto di più di quello che sa la gente in giro, sul fenomeno UFO. Si dichiarano in grado di aver accesso ad informazioni private, che scaturiscono spesso dall’interno di enti governativi, tenuti a mantenere il rigoroso segreto - come si vorrebbe da settori più o meno deviati di servizi segreti in disaccordo con la politica del "debunking" - da colloqui privilegiati con personale militare che lavora o ha lavorato all’interno di "facilities" sotterranee, o persino da informazioni di tipo contattistico derivate da esseri alieni che vorrebbero aiutare l’umanità a capirci qualcosa di più.
È assolutamente evidente che, dietro questa serie di canali aperti, circolano infinite informazioni tendenti a dimostrare tutto ed il contrario di tutto, secondo la più banale politica di depistaggio praticata negli ultimi anni da quasi tutti i governi del mondo.
Per comprendere meglio, forse, si deve cambiare il "target", il bersaglio e cercare di individuare cosa in realtà si vuole nascondere in prevalenza e affondare la lama del nostro interesse in quel settore, come un buon cane da guardia che, non essendosi fatto distrarre dalla bistecca, affonda i suoi canini nelle carni di un malintenzionato che cerca di entrare nella tua casa.
Oggi i vari rivelatori non si stanno scontrando sul fatto che le loro dichiarazioni avallino o neghino l’esistenza degli UFO; tutti infatti concordano: gli alieni ci sono. Devono solo accordarsi su quante razze vengono ad interferire con i nostri progetti, quante dita hanno nelle mani, di che colore è la loro pelle o da dove vengono.
No, il punto cruciale della contesa è se gli ET sono buoni o cattivi e, soprattutto, se i governi del mondo, in primis quello americano, sono collusi con gli alieni oppure collaborano con loro in alcuni progetti segretissimi. Le caratteristiche che contraddistinguono un rivelatore da un comune ufologo sono le seguenti:

1. Aver lavorato per la CIA o la NSA.
2. Aver avuto almeno un processo intentato dal Governo degli Stati Uniti che ha teso a screditarti agli occhi dell’opinione pubblica, facendoti conseguentemente acquisire la stima, la fiducia e la credibilità degli ufologi per il tuo comportamento eroico contro l’"establishment".
3. Essere cittadino americano.
4. Se possibile, aver avuto contatti privilegiati o con fonti governative o con gli stessi alieni, o parlato con testimoni che non vogliono figurare, ma che da qualche parte esistono veramente.
5. Rilasciare dichiarazioni controllabili anche da un punto di vista scientifico che aumentino, una volta verificate, la tua credibilità.
6. Aver subito dei torti dal tuo governo, molla contro la quale oggi giustifichi la tua ribellione, anche se una volta avevi giurato fedeltà alla Nazione per la quale lavori.

Sembra un film alla John Wayne. A prima vista si potrebbe dire "roba per gli Americani che a queste cose ci credono", ma che succede quando i rivelatori varcano i confini degli Stati Uniti e vengono a fare le loro conferenze in Italia?

Discorsi tarati per gli USA
Lo abbiamo visto a Pescara, a Roma, in Calabria e, perché no, anche a San Marino, ma non nell’ultima edizione. La gente dapprima rimane colpita ed interessata da queste rivelazioni, poi si chiede quanto di vero ci sia dietro tutti quei discorsi e comincia a mettere in pratica il famoso buon senso italiano, di chi è abituato a non credere assolutamente a quello che dicono i telegiornali, e di chi non presta attenzione al tale politico o al tale industriale, che due giorni dopo puntualmente affermano l’esatto contrario di quello che stanno affermando in questo momento. I discorsi dei rivelatori americani sono tarati sulla capacità di comprensione del popolo americano e si potrebbe arguire che "forse perché gli Americani sono stati fregati meno degli Italiani dai loro governi non hanno bisogno di fare discorsi complicati senza porsi il problema di essere creduti o meno, o forse ci vuole meno fatica ad ingannare con semplici discorsi un Americano al pari di un Italiano?"
Se, da un lato, in questo preciso momento, non abbiamo i dati per sapere se i rivelatori dicono la verità o no, dobbiamo posizionarci in una situazione intermedia, pensando che la politica del debunking funziona perché si rendono note cose vere insieme a cose finte e se ciò vale anche per i rivelatori, c’è da attendersi che accanto a qualcuno che ha veramente avuto il coraggio di esporsi in prima persona ci siano falsi rivelatori, gente sul libretto paga della CIA, che ha la missione di rendere la situazione totalmente incomprensibile.
Gli ufologi si sono sicuramente fatti furbi, ma anche i falsi rivelatori non sono stati a dormire e sono costretti a fornire informazioni sempre più precise, con più verità, anche se marginali, e meno bugie, anche se basilari. Facciamo degli esempi.
Bob Lazar con il suo elemento 115. Lazar non si era accorto che già dagli anni Settanta tale elemento era noto ai chimico-fisici; il colonnello Wendelle Stevens avalla le fotografie del contattista Meier proprio quando si sta scoprendo che almeno alcune di esse sono sicuramente false; il dottor Steven Greer sostiene che i rapimenti sono condotti quasi totalmente da terrestri con il compito di depistare l’opinione pubblica sulla realtà di questo fenomeno, ma risponde evasivamente alla domanda sulle percentuali isotopiche diverse trovate negli impianti alieni (se fossero terrestri, tali impianti non avrebbero differenze) o dimentica che i fenomeni di interferenza aliena sono, secondo noi, in auge da almeno quarantamila anni. Che ci fosse già la CIA prima di Mosè?

Il problema Michael Wolf
Dove alcune rivelazioni appaiono più convincenti, pur se contraddittorie, il sergente maggiore Dean dice che ci sono diverse razze, buone e cattive, ed altre lo sono meno, mentre Greer sostiene che gli unici cattivi del gioco sono i Terrestri.
In tutto questo rumore di fondo c’è comunque un tentativo da parte di alcuni rivelatori di essere più credibili di altri. Abbiamo già espresso in un altro nostro articolo parere positivo sulle informazioni del colonello Philip Corso perché, al di là del contesto rivelativo, Corso forniva particolari tecnici che stavano in piedi da soli. Così, oggi ci troviamo di fronte al problema Michel Wolf.
Attualmente sul libro paga della NSA, apparentemente in contatto con uno speciale telefono criptato con il Presidente degli States, Wolf ha rilasciato dichiarazioni bomba sulla questione delle Interferenze Aliene sul nostro Pianeta, aggiungendo però un "omaggio della ditta". Un pezzo di materiale, traghettato dagli inviati di questo giornale dall’America. Di cosa si tratta?
I primi dati, riportati qui di seguito, sono stati ottenuti con l’ausilio di due nostri esperti, L. Pederzoli ed R. Segamiglia, che si sono occupati sia delle prime importanti analisi, sia di costruire un apposito congegno per effettuare le microfotografie del reperto.

Shock termico
Grazie alla collaborazione di esperti del settore metallurgico abbiamo subito stabilito che si doveva trattare di silicio, ma al di là delle prime osservazioni non si andava, pur non ottenendo alcuna indicazione di come i singoli atomi di silicio, la struttura cristallina avesse potuto ridursi in un tale stato di apparente disordine. Non eravamo in presenza di un superconduttore, anzi, gli atomi erano posti in modo estremamente disordinato. Inoltre facevano bella presenza di sé alcuni microfori, del diametro nell’ordine di frazioni di millimetro, ma lunghi a volte qualche centimetro, che caratterizzavano la struttura interna dell’oggetto.
Qualcuno inizialmente aveva ipotizzato si potesse trattare di silicio sinterizzato, ma questo non accontentava altri esperti e, al termine di profonde e lunghe discussioni, l’impressione era quella di trovarsi di fronte a degli aggregati di atomi di silicio, il cui disordine era stato prodotto da alte temperature, che avevano portato il materiale ad una rapida ebollizione seguita da un altrettanto rapido raffreddamento. Si tenga conto che per far bollire il silicio ci vogliono ben 3.300 gradi Kelvin. Mentre non si poteva dire nulla sulla cristallinità del campione prima di questo shock termico, si poteva chiaramente asserire che qualcosa aveva scaldato fortemente il campione fino a farlo bollire.
I microfori, presenti nella struttura del campione, infatti, venivano attribuiti a bolle di gas silicio che, a causa di fenomeni di pressione interna dovuta alla tensione di vapore del metallo surriscaldato, venivano proiettate fuori della massa metallica stessa. L’osservazione che i fori nel metallo occupassero posizioni abbastanza simmetriche ed ordinate tra loro poteva essere razionalizzata, in via puramente ipotetica, con l’attribuzione alla struttura cristallina del silicio, prima del riscaldamento, di un buon ordine atomico.

Puro al 99,99%
Chi ha analizzato il reperto non conosceva l’origine di tale campione, ma se dobbiamo dar retta ad un articolo di Richard Boylan del 1998, ripreso dalla rivista Nexus (n° 18, pag. 47) dove l’autore intervistava Wolf, si accenna ad un pezzo di silicio, proveniente da un UFO crash, che lo stesso Wolf avrebbe avuto fra le mani, durante uno dei suoi lavori per conto della NSA. Tale silicio sarebbe stato puro al 99.99% con una percentuale isotopica che si diversificava da quella terrestre per lo 0.01%. Tale percentuale risultava dunque estremamente simile a quella terrestre perché potesse essere evidenziata dalle moderne tecniche di spettrometria di massa a struttura fine.
Dunque ci trovavamo di fronte ad una dichiarazione del rivelatore che diceva di un pezzo di silicio appartenente ad un UFO crash e dall’altra parte, senza alcun apparente collegamento, avevamo un pezzo di silicio, proveniente dalla stessa fonte rivelatrice, che aveva subito un rapido passaggio di stato fisico giungendo a temperature superiori a 3.300 Kelvin.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a congruenze: non siamo ancora in grado di rispondere alla domanda se Wolf dice la verità e tutta la verità, ma questi ultimi dati giocano, secondo noi, sicuramente a favore della sua credibilità. Le indagini continuano.
Prima di andare in stampa, l’ingegner Pederzoli ha precisato che il frammento non è composto solo da Silicio, ma possiede una bassa percentuale di altri elementi. Con un’apparecchiatura studiata e progettata ad hoc sono stati fotografati alcuni piccoli scintillii color oro che devono ancora essere identificati nella natura. Due di queste foto vengono qui presentate. Intanto, i tecnici stanno approntando altre apparecchiature in grado di perfezionare la resa fotografica all’interno dei microfori che il materiale presenta.

Relazione sulle caratteristiche di un reperto

Dimensioni: 29,7mm x 19,7mm x 7,8mm.

Massa: 4,045 +/-0,01g.

Densità: 2,14 +/-0,05g/cm3.

Aspetto (foto da A01 ad A09) simile a quello del silicio, il quale ha densità 2,34g/cm3 e temperatura di fusione 1410 °C.

Cattivo conduttore di calore.

Cattivo conduttore di elettricità.

Amagnetico.

Non radioattivo (non altera la lettura del contatore Geiger rispetto alla radiazione di fondo ambientale).

Non presenta emissione secondaria se sottoposto a campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 100KHz ed 1GHz.

Non emette fluorescenza se illuminato con luce di Wood (UV vicino), né con laser He-Ne (rosso, visibile), né con LED di potenza a 0,9 ?m (IR vicino).

Rivela perdite dielettriche sufficienti a riscaldarlo sensibilmente, se sottoposto per 10 secondi al campo elettromagnetico di un generatore da 1KW a 2,45GHz.

L’aspetto esterno è tipico di una frattura superficiale con granulometria irregolare e con cristalli di media grandezza, dovuta a solidificazione.

I fori e le cavità visibili in superficie non sono dovuti a lavorazione, ma molto probabilmente a sviluppo di bolle di gas allo stato fuso.

Sottoposto a molatura, il materiale si rivela duro da lavorare e, un volta lisciato, presenta un aspetto speculare, mettendo in evidenza microfratture e diversi vacuoli di dimensioni variabili, diffusi in tutto lo spessore.

Durante la prova di durezza, effettuata sulla superficie in precedenza spianata e lucidata, il penetratore provoca la rottura del reperto in molti pezzi (foto da B1 a B4) al raggiungimento di una forza di compressione pari a circa 80N, senza penetrazione apprezzabile (ci si attendeva di non averne prima dei 300N). Ciò indica che il materiale è duro e molto fragile, come è confermato dal modo e dal tipo della rottura, ad un esame macroscopico caratterizzata da granulometria irregolare con cristalli di media grandezza ed uguale a quella già riscontrata sulla superficie esterna. Su tutte le superfici di rottura, interne ed esterne, si nota la presenza di vacuoli, dei quali alcuni lunghi diversi millimetri, ad andamento rettilineo e di forma cilindrica. I vacuoli denotano sviluppo di gas, per effervescenza di impurità in esso contenute, oppure ebollizione di tutta la massa del reperto, mentre questo era allo stato fuso.

Dopo inclusione in resina epossidica, uno dei frammenti viene lucidato e sottoposto ad attacco chimico per metterne in rilievo la struttura cristallina: gli acidi cloridrico e nitrico puri, da soli o miscelati, non sono in grado di attaccare la superficie, neppure se portati all’ebollizione. Per effettuare un attacco efficace occorre idrossido di potassio (KOH) in soluzione concentrata e portata all’ebollizione per almeno 10 minuti.

Al microscopio (foto da C01 a C08) appaiono diverse strutture globulari ed alcune lamellari, zone non attaccate e presenza di inclusioni (probabilmente cristalline) di vario tipo, che denotano un fenomeno tumultuoso in presenza di inquinanti, esterni od interni.

Luciano Pederzoli
Firenze, Maggio 1999

L'inizio di una nuova ricerca
Agosto 1998. Ne! corso della loro visita a Michael Wolf, nella sua abitazione in Connecticut, lo scienziato mostrava a Paola Harris e Adriano Forgione alcuni frammenti, apparentemente metallici, a suo dire di origine extraterrestre. Per aspetto e leggerezza i campioni avevano subito ricordato ai nostri corrispondenti il presunto frammento del crash di Roswell, presentato da Derrel Sims al 4° Simposio di San Marino nel Giugno 1996. Alla domanda "da dove provengono?" Wolf aveva risposto che gli erano stati consegnati da una fonte interna. Consegnava loro quindi tre frammenti (uno poi spedito a Bill Hamilton), da portare in Italia per le opportune analisi.
Una curiosità: di ritorno dal Connecticut verso il Colorado, Forgione attraversava due metal detector aeroportuali che non rilevavano né la grossa fibbia della sua cintura né i frammenti in questione, riposti in una custodia per pellicole fotografiche 35 millimetri nella sua tasca, mentre sia nel viaggio di andata, in tre occasioni, che in quello di ritorno dagli States, la stessa fibbia aveva causato l'allarme dalle apparecchiature di rilevamento dei metalli. Una volta in Italia, la Direzione Editoriale di questa rivista decideva di portare avanti un'analisi approfondita, prima di diramare qualsiasi notizia. Veniva pertanto consegnato il primo frammento, piuttosto consistente, al dottor Corrado Malanga, del dipartimento di Chimica dell'Università di Pisa. L'altro, più piccolo, veniva consegnato da Forgione, tramite l'ufologo abruzzese Pino Morelli, ad un laboratorio specializzato nella progettazione di semiconduttori ad alta tecnologia. Quest'ultimo frammento, in particolare, presenta una faccia perfettamente liscia, proprio come il frammento di Sims, segno di una probabile artificialità. Oggi disponiamo di alcune interessanti risposte preliminari, capaci non solo di conferire ulteriore credibilità al dottor Wolf, ma anche alla nuova ufologia italiana che si avvale di riscontri diretti e di forti contatti internazionali. Prova ne siano quelli con Sims e Bill Hamilton, i quali negli USA stanno analizzando altri frammenti della medesima provenienza, e quelli con il tedesco Michael Hesemann, anch'egli in possesso di un frammento. Diverso il discorso per l'israeliano Barry Chamish, che dispone di un campione rinvenuto nella traccia al suolo dell'atterraggio di Kadima. Le analisi condotte sul campione di Kadima sembrano fornire i medesimi risultati. Wolf dichiarò che il 99.99% di quel materiale è silicio puro, il restante 0.01% è un isotopo non terrestre. I risultati ottenuti da Chamish sembrano coincidere, sebbene con terminologie diverse da quelle di Wolf, ed egualmente simili i risultati delle analisi di Hesemann, coinvolto nella questione da Paola Harris. Il verdetto dei nostri test è atteso in USA. Abbiamo in programma altre analisi, con metodi anche non esclusivamente scientifici.
Questo è solo l'inizio di una ricerca che potrebbe rivelarsi straordinaria.
OggettoVolanteIdentificato
00domenica 27 maggio 2012 01:37
Non riesco ad individuare quale sia tutta questa 'extraterrestrialità' in un pezzo di silicio,per quanto purissimo.
Nè mi stupisce che passando negli aeroporti,i metal detector siano muti: il silicio non è un metallo e non influenza le radioonde che lo investono.
E' probabile che sia qualche pezzo di silicio ottenuto con tecnica sputtering,o per vaporizzazione laser,o derivato da qualche ritaglio delle mattonelle dello Space Shuttle,nave che normalmente presenta uno scudo al silicio che viene surriscaldato e bombardato da elementi chimici 'extraterrestri' quali quelli presenti nei comuni meteoriti in orbita o vaganti.
Fosse un elemento come una terra rara,o qualcosa di numero atomico elevatissimo,sarebbe già un dato interessante,ma il silicio.....insomma......ne lavoriamo migliaia di tonnellate al giorno.
eone nero
00domenica 27 maggio 2012 01:45
OggettoVolanteIdentificato, 27/05/2012 01.37:

Non riesco ad individuare quale sia tutta questa 'extraterrestrialità' in un pezzo di silicio,per quanto purissimo.
Nè mi stupisce che passando negli aeroporti,i metal detector siano muti: il silicio non è un metallo e non influenza le radioonde che lo investono.
E' probabile che sia qualche pezzo di silicio ottenuto con tecnica sputtering,o per vaporizzazione laser,o derivato da qualche ritaglio delle mattonelle dello Space Shuttle,nave che normalmente presenta uno scudo al silicio che viene surriscaldato e bombardato da elementi chimici 'extraterrestri' quali quelli presenti nei comuni meteoriti in orbita o vaganti.
Fosse un elemento come una terra rara,o qualcosa di numero atomico elevatissimo,sarebbe già un dato interessante,ma il silicio.....insomma......ne lavoriamo migliaia di tonnellate al giorno.



C'è di peggio

Il dottor Wolf sarebbe stato membro del Majestic 12 come leggiamo sul sito di Richard Boyland, mi chiedo come ha fatto dato che il Majestic 12 è un fake?

www.drboylan.com/wolfqut2.html

Questo losco individuo è Boyland.
www.ufowatchdog.com/richard_boylan.htm

Ed un posto qua se lo è guadagnato anche la Harris

www.ufowatchdog.com/paola_harris.htm

Pagine tristi per l'Ufologia.



Sheenky Oo
00domenica 27 maggio 2012 08:23
Non essendo informato sull'argomento...esiste silicio puro al 99% sulla Terra?
Anche creatonartificialmente si intende ( se è possibile ).
OggettoVolanteIdentificato
00domenica 27 maggio 2012 13:59
Si,certo,esiste oro,argento,palladio,silicio,rame,etc. puro al 99.99 % ,e volendo anche più raffinato.
Tra l'altro,se pensiamo alla 'ipotetica' provenienza di quei pezzi della piastrelle ricoprenti lo Shuttle,c'è da dire che ognuna di esse,una volta dismessa,viene venduta per 15 € in quanto con microfori,graffi,e elementi meteorici vari incastonati su di essa che la rendono inservibile.Sono piastrelle spesse quasi 3 cm.,interamente in silicio.
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