La Bibbia e gli alieni: mitopoiesi moderna o neo evemerismo sostenibile?

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Sheenky Oo
00domenica 4 novembre 2012 11:16
Articolo di Fabio Marino
Fonte: Rivista "Tracce d'eternità" n. 19

Nella parte precedente abbiamo iniziato ad analizzare alcune disso-nanze che inducono a pensare che la “revisione” di cui è oggetto la Bibbia da parte di giovani esperti ha poco a che vedere con un neo-evemerismo, ma è solo una mito-poiesi moderna. In questa seconda parte, entriamo un po’ più in det-taglio, ed è altresì opportuno se-gnalare che la trattazione sarà vo-lutamente di carattere generale e non approfondita (ma comunque piuttosto accurata), per facilitare la scorrevolezza del testo. Da ulti-mo, verranno esposte teorie certa-mente scientifiche ed accreditate in campo internazionale, ma che non necessariamente e in tutti i casi riflettono il mio pensiero.
E cominciamo dalle fonti che ven-gono utilizzate per avvalorare talu-ne idee - diciamo così - un pochino azzardate.
Iniziamo subito col dire che l’idea di un “Dio” o di “Dèi” che fossero in realtà extraterrestri non è nuo-va, né originale. Infatti, risale al 1973 (sic!) la fondazione, da parte di un ex-giornalista, Claude Voril-hon, rinominatosi Rael, di un movi-mento a carattere religioso e “settario”.
Secondo il suo racconto, Vorilhon sarebbe stato contattato da un rappresentante di una civiltà extra-terrestre, gli Elohim (quando si di-ce la coincidenza…), il 13 dicembre 1973, nel cratere di un vulcano spento vicino a Clermont-Ferrand. L’evoluzione del Raelismo, ovvia-mente, non ci interessa in questa sede; ma è la prova che un’idea-madre nasce quarant’anni fa su basi presuntamente rivelate, e dà la stura a una serie di argomenta-zioni ed affinamenti al riguardo.
Basti pensare che l'affermazione cardine dei Raeliani e dei loro e-muli attuali sarebbe che il genere umano (e solo esso) sia stato artifi-cialmente creato venticinque mila anni fa da esseri provenienti da un altro mondo; in linea puramente teorica, una tecnologia sufficiente-mente sviluppata potrebbe essere in grado di compiere una tale atti-vità di ingegneria genetica. Pecca-to, però, che le moderne scoperte biomolecolari rivelino una stretta affinità del genere umano in buona sostanza con ogni organismo vivente sulla Terra, e nel suo geno-ma non siano presenti segni di al-terazione genetica…
Ma la cosa interessante è che i mo-derni pseudo esegeti, del tutto di-giuni di lavori imponenti sulla sto-ria del popolo ebraico, dell’ebraismo e della sua letteratu-ra basino le loro costruzioni “bizzarre” su alieni ed extraterre-stri non sui testi più antichi, ma sul testo masoretico. Parliamo, quindi (e sia detto a chiare lettere) di un testo composto, edito e diffuso da un gruppo di ebrei noto come Ma-soreti fra il primo e il X secolo d.C.
In altre parole, laddove i più pru-denti fra gli esegeti biblici colloca-no la redazione pressoché definiti-va della Bibbia nel periodo della cattività babilonese (a partire dal 587 a.C.), costoro traducono (spesso arbitrariamente e in ma-niera errata, sintatticamente, eti-mologicamente e semioticamen-te) testi SUCCESSIVI di OLTRE quindici secoli, con tutto ciò che ne consegue: alterazioni dei copi-sti, errori dei medesimi, aggiusta-menti in corso d’opera, modifica-zione di termini dell’ebraico anti-co, e, last but not least, perdita dell'effettiva pronuncia vocalizzata delle parole. Come è possibile leg-gere “addirittura” in Wikipedia: “Nel corso del tempo si sono svi-luppate differenze nella sillabazio-ne e nella pronuncia non solo tra le scuole della Palestina e di Babilo-nia (differenze già notate nel III secolo) ma nelle varie sedi d'inse-gnamento di ogni paese. In Babilo-nia la scuola di Sura differiva da quella di Nehardea; differenze si-mili esistevano nelle scuole della Palestina, dove la principale sede d'insegnamento negli ultimi tempi era la città di Tiberiade. Queste differenze devono essersi accen-tuate con l'introduzione dei segni grafici per la pronuncia e cantilla-zione; e ogni località, seguendo la tradizione della sua scuola, aveva un codice standard che includeva le sue letture (il grassetto è mio).”
Un ulteriore, significativo esempio è il famoso tetragramma YHWH (comunemente letto dai non ebrei come Jahvè), la cui lettura REALE è ormai sconosciuta agli stessi Ebrei, che al suo posto da tempo immemorabile e per rispetto al nome di Dio leggono Adonai, come nel famoso “Shemà Israel" e cioè: “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno”.
La frase contiene proprio il Tetra-gramma:



come detto non pronunciabile, e quindi viene letta "Shema' Ysrael, Ado-nai Eloheinu, Ado-nai ehad".
Ma arriviamo alla “vexata quaestio” di El, Eloha, Elohim e va-riazioni sul tema, e, visto che ci siamo, cerchiamo anche di identifi-care questo “alieno” di nome Ja-hvè. Vi va di imbarcarvi in un viag-gio che, per la necessaria tirannia dello spazio, sarà superficiale e limitato, ma spero illuminante? Partiamo, allora!
Innanzi tutto, chi erano gli Ebrei? Da dove venivano? Qual era la loro religione originale? Contrariamen-te a quel che normalmente si pen-sa, e cioè che il popolo ebraico ab-bia attraversato una prolungata fase di nomadismo a partire dall’alta Mesopotamia (segnatamente, con ogni probabili-tà, da Harran) fino a giungere alla Palestina, per poi spostarsi in E-gitto in epoca ancora imprecisata (ma comunque intorno ai primi secoli del II millennio a.C.), i ritro-vamenti archeologici più recenti assegnano agli Ebrei un’origine meno “avventurosa”. Essi, in effet-ti, avrebbero fatto parte proprio del popolo cananeo, con cui con-dividono molte cose, a partire (in una fase diciamo “proto-ebraica”) dalle credenze religiose. Vi sono molti segni, archeologici e anche nel testo biblico, di una fase (non sappiamo quanto prolungata) di politeismo da parte della futura nazione ebraica.
Uno di questi segni è dato proprio dalla persistenza di parole come “Elohim” nel contesto biblico, che però nella redazione definitiva as-sumeranno ben altra connotazio-ne, come vedremo.
V’è di più: la prima volta che viene citato il nome di Israele è nella fa-mosa stele di Merenptah (foto so-pra) e i geroglifici che parlano chia-ramente di Israele sono questi:
Seguendo la regola normale il testo viene letto "verso le facce degli es-seri umani, degli uccelli, ecc", cioè da destra verso sinistra.
La traslitterazione è come segue: y s r i ’ r/l (ysri’l: la somiglianza con il nome "Israele" nell'ebraico è evidente); vi sono poi alcuni ele-menti grafici (detti “determinativi”) che consentono di identificare un “popolo di Israele” che è “straniero”.
Si tratta del primo esempio, in as-soluto, dell'esistenza di un gruppo etnico chiamato “Israele”, il cui no-me contiene, indiscutibilmente, la radice (così comune a tanti termini ebraici) “el”. Ma chi era El?
El (il cui plurale è... El-im, non Elo-him!) era la divinità principale dei Cananei, segnatamente dei Cana-nei del Nord. Egli era il Dio supre-mo di una strana assemblea divina, poco nota, e il termine El si riferi-sce alla Divinità in sé, in quanto tale. Dal termine El discende il ter-mine Eloha, che si riferisce alla Di-vinità in senso generico, e che con-templa un plurale usuale, come detto Elohim, con il chiaro significa-to (in ottica cananea, s'intende) di “dèi”.
Non può sorprendere, dunque, che se (come gli studi archeologici e scientifici più accreditati dimostra-no) gli Ebrei furono, ai loro primor-di, politeisti, la parola Elohim non può non ricorrere nei loro testi. In ogni caso, poiché alcuni “studiosi” ritengono evidente anche la “variazione sessuale” degli angeli in astronave che quei “poveri primiti-vi” ritenevano dèi, va sottolineato che la “Asherah” di cui qualcuno parla come sorella/moglie di Dio era un personaggio esclusivamente cananeo, e, soprattutto, che in E-braico non esiste una parola equi-valente a “dea”.
Tuttavia, con il passare dei secoli, Israele si avviò prima alla monolatria/enoteismo, e poi al monoteismo. Che successe?
Perché rimasero i segni degli Elo-him nel Sacro Libro?
Per un motivo molto semplice: per-ché il termine assunse le caratteri-stiche di SINGOLARE, non di plura-le. In effetti, per quanto riguarda il fatto che El sarebbe il padre di altri dèi, gli Elohim, divinità minori ma-schili citati spesso nella Bibbia (o il “capo” di una spedizione extrater-restre...), occorre tener presente che l'uso di un simile plurale sareb-be né più né meno che una forma di "pluralis maiestatis" o meglio plurale "di astrazione" (come più correttamente si chiama in ebrai-co), allo stesso modo in cui, per riferirsi alla divinità siro-palestinese di Baal (Signore, Padrone), si usava il plurale di rispetto "Ba‘alim", o per Astarte si parlava di "Astarti" (Giudici 10:6). Insomma, il plurale (che diventa singolare per-ché il verbo che lo segue è al sin-golare: una peculiarità della lingua ebraica) è rimasto sia come “inconscia” reliquia dei tempi poli-teisti, sia per indicare la TOTALITA' degli attributi della Divinità. Un'e-venienza frequente nell'antichità, al punto che anche nelle lettere di Amarna si trovano esempi analo-ghi.
In quelle missive, spesso il vassallo si appellava al Faraone definendolo “miei dèi, mio dio sole”: in pratica, affermava che il Faraone era la totalità del suo pantheon.
Cosa dire, però, del Salmo 82, cita-to nella prima parte? Senza scomo-dare Sant'Agostino, che già 1.700 anni fa aveva adeguatamente spie-gato la parte “sospetta” del salmo (“...6 Io ho detto: "Voi siete dèi, sie-te tutti figli dell'Altissimo. 7 Tutta-via voi morrete come gli altri uomi-ni, e cadrete come ogni altro po-tente"), tutte le principali correnti esegetiche concordano nel ritenere che gli “dèi” di cui si parla sono in realtà i Giudici, a cui era stata affi-data dall'Altissimo (“El-yon”) la cu-ra della giustizia, e che in realtà stavano cadendo nella corruzione, abdicando di fatto al compito loro affidato (“...3 Difendete il debole e l'orfano fate giustizia all'afflitto e al povero. 4 Liberate il misero e il bi-sognoso; salvatelo dalla mano degli empi. 5 Essi non conoscono nulla e non intendono nulla, e camminano nelle tenebre tutti i fondamenti del-la terra sono smossi...”).
Da qui, l'osservazione che anche i Giudici, “potenti come dèi” sulla Terra in virtù del Patto diretto con YHWH, sono in realtà soggetti alla naturale legge della morte come tutti gli uomini.
Se non bastasse, si dovrebbe pen-sare in primo luogo al rapporto speciale che gli ebrei ritenevano e ritengono di avere con l'Unico Dio. In quest'ottica, i Giudici sono “dèi” perché chiamati ad amministrare la giustizia in conformità a quella con-tenuta nella parola di Dio; in secon-do luogo, l'esegesi cristiana del Sal-mo 82 prende le mosse dal fatto che la Scrittura definisce "dèi" colo-ro ai quali Dio rivolge la sua Parola. Si è innalzati insomma al rango di interlocutori di Dio, quando Egli rivolge direttamente la sua Parola, e in certo senso si viene resi simili a Colui che ci parla. Inoltre, non biso-gna dimenticare TRE elementi fon-damentali:
1 – è fuori di discussione, sotto qualsiasi ottica, che il Salmo 82 sia un attacco contro le magistrature corrotte. Dio pronuncia un’aspra requisitoria contro i giudici respon-sabili di corruzione e di ingiustizia. La sentenza pronunciata da Dio è severissima e nessuno può rifugiar-si nell’immunità e nell’impunità;
2 – i fautori di ipotesi alternative dimenticano, regolarmente, a) - che il Salmo POTREBBE contenere (come altre parti della Bibbia e co-me già segnalato) elementi “tradizionali” di stampo politeista (cosa, come detto, niente affatto sorprendente); b) - che esiste un ultimo versetto (regolarmente i-gnorato e mai citato) che recita: “8 Sorgi, Dio, a giudicare la terra, per-ché a te appartengono tutte le genti.”: è evidente, dunque, che il Dio di cui si parla (e comunque lo si voglia chiamare) non è il “magister” di una ristretta porzione di territorio e/o il “padre-padrone” di un singolo popolo, ma il “Dominus” di ogni popolazione, per cui, in effetti, il Salmo termina con la speranza che Dio, il vero Al-tissimo, prenda in mano la situa-zione e ponga tutta l’umanità sot-to la sua diretta giurisdizione;
3 - viene usata l'espressione "elohim" un titolo che designa sicu-ramente potere ma che può essere utilizzato tanto per Dio quanto per gli uomini. Infatti nel contesto del Salmo 82 i protagonisti sono dei giudici, ovvero persone che erano caratterizzate da una certa autori-tà, ed è chiaro il linguaggio sarca-stico che viene utilizzato, perché questi "elohim" in realtà erano dei giudici iniqui e per questo motivo Dio li giudicherà.
Ma sottolineiamolo, una volta di più: quando, nella Bibbia, si parla di “Elohim” intendendo “Dio”, è inva-riabilmente al singolare il verbo che segue il sostantivo, rendendo perciò quest'ultimo (per la gram-matica ebraica) di genere singola-re.
Affermazioni diverse da questa sono certamente quanto meno tendenziose.
Resta ora da “interpretare” il ruolo di Jahvè in tutto questo.
In effetti, la succitata stele di Me-renptah non ne fa cenno alcuno. Anzi, per secoli non esisterà alcun testo che citi contemporaneamen-te Israele e YHWH!
Sorprendente, invece, è il fatto che esistano riferimenti egizi a YHWH ben prima della stele, e che tali riferimenti sembrino essere con-nessi con una località, non con una Divinità.
Questo luogo pare esser posto nel-la regione meridionale di Canaan (guarda la combinazione...), il che lascia facilmente supporre la nasci-ta sincretistica di un unica figura divina a partire dall'El del Nord (il futuro Regno di Efraim o di Israele, caratteristicamente “portato” all'a-dorazione di tutto quello che gli passava per le mani, al punto di essere il centro costante delle in-vettive profetiche) e dallo YHWH del Sud, il Dio del patto, il Signore degli Ebrei giunti in Egitto al segui-to degli Hyksos e poi ritornati in patria, con un Dio dal nome antico, ma dagli attributi nuovi. Attributi, tra l'altro, spesso mutuati dai Ma-dianiti (una tribù di cui era capo e sacerdote Ietro, il suocero di Mo-sè), con connotazioni a volte simili a quelle di Aton, tanto da lasciare spazio all'ipotesi freudiana sulla nascita del Dio ebraico.
E che YHWH fosse un Dio in un cer-to senso “nuovo” lo si evince dalla stessa Bibbia, in quanto nella teo-fania del roveto ardente sull'Har Karkom - figura 5, in pagina - (che parrebbe essere il vero Monte Si-nai - ma di questo discuteremo in un prossimo articolo) la voce dice a Mosè:
“Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, ma a loro non mi sono rivelato con il mio vero nome”.
Una cosa va sottolineata: è proba-bile che il libro più antico della Bib-bia non sia il “Genesi”, ma proprio l'“Esodo”, che andrebbe perciò ri-guardato come la storia dell'epope-a di un popolo APPARENTEMENTE nuovo.
Cosa è accaduto, dunque, al “Dio nazionale ebraico”?
Perché questa idea di uno YHWH “extraterrestre”?
Che fine fa El? E che cosa è succes-so (SE è successo) davvero durante l'Esodo?
Infine, quali sono le considerazioni di carattere storico e logico che mi spingono a... respingere l'ipotesi di un “neo-evemerismo”?
Lo vedremo nella prossima, conclu-siva parte di questa rubrica (diventata troppo lunga); ma qual-che indizio, a là Ellery Queen è giu-sto fornirlo: pensate a una serie di dèi, che diventano uno, poi si sdop-piano in due per tornare a essere uno; pensate alle date accertate con una certa sicurezza dall'arche-ologia; pensate allo scacchiere geopolitico della secon-da metà del II millennio a.C.; pen-sate a un Esodo che non fu un'inva-sione.
Come Ellery, anch'io sono certo che siete arrivati alla soluzione del caso...
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