Maya: altro che previsioni apocalittiche

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Sheenky Oo
00venerdì 21 settembre 2012 11:46
Fonte: www.ufoonline.it/2012/09/20/maya-altro-che-previsioni-apocalittiche-non-si-accorsero-neanche-della-lo...

Poveri maya. Astrologi e fanta-archeologi giurano che avessero previsto una catastrofe cosmica per il 2012, ma la storia dimostra che non si accorsero in tempo di un’altra catastrofe -la loro- più precoce e localizzata. Nel IX secolo la civiltà che aveva colonizzato il cuore dello Yucatan crolla di colpo e ora due scienziati veri - gli americani Jerry Sabloff e Billie Turner - propongono uno scenario alternativo, diverso dai tanti che l’hanno preceduto. Dimentichiamo l’ossessione per le cause singole, spiegano. Il disastro - hanno scritto sulla rivista «Pnas» - fu il prodotto di una lunga serie di elementi, intrecciati l’uno nell’altro. Come una rete che un po’ alla volta mise in trappola un intero mondo, strangolandolo. E che si può portare alla luce solo se si adotta la visione allargata della complessità. Il passato, così, si trasforma e da rozzo meccanismo lineare diventa sistema dinamico, dal quale emergono proprietà e conseguenze impreviste.



Per chiarirsi, Sabloff e Turner hanno ideato un grande disegno-diagramma. Un’esplosione di frecce collega a doppio senso i protagonisti del dramma, dalle foreste primigenie ai campi coltivati, dagli insediamenti contadini alle città-stato, dalle paludi alle risorse idriche, dalle alterazioni climatiche alle metamorfosi dei paesaggi. L’impatto visivo è forte, forse non altrettanto risolutiva è la chiarezza per un non tecnico, ma il messaggio a grandi linee è cristallino. E’ inutile tormentarsi nella ricerca di un fattore scatenante (c’è chi ha ipotizzato le siccità, altri le epidemie e altri ancorale guerre civili).

La realtà che si manifesta in questo viaggio a ritroso nel tempo è un’altra. «Non c’è stato un periodo monolitico in cui si verificò il collasso, sostiene Sabloff, che (non a caso) è il presidente del Santa Fe Institute, la celebre istituzione del New Mexico impegnata a studiare ciò che ci circonda con le logiche della complessità. Quello che abbiamo portato alla luce, invece, è una quantità di modelli variabili». Traducendo, può essere andata così: secoli di pratiche agricole non sempre adeguate finirono per alterarei suoli e creare un «ambiente stressato». E quando i cicli naturali cambiarono e si manifestarono periodi ravvicinati di siccità, gli habitat erano già al limite, sull’orlo di una crisi irreversibile. Intanto le principali vie commerciali si erano trasferite dalla terraferma alle rotte costiere intorno allo Yucatan, isolando le città dell’interno, già sofferenti per un doppio sisma, alimentare ed economico. Tra le conseguenze a catena, deflagrò il disordine sociale, con rivolte e guerre intestine, mentre le élite si dilaniavano nel tentativo sempre più disperato di conservare il potere. Le fughe di massa dei contadini infersero ulteriori colpi al già fragile equilibrio delle metropoli, fino alla dissoluzione finale. Le frecce che esemplificano i rapporti dei modelli matematici dimostrano che errori umani e irrequietezze naturalisi saldarono in un abbraccio mortale. E dimostrano che il caso di «ecocidio» dei maya non fu inevitabile. Semmai una corsa nel baratro che evoca angosce contemporanee. «Speriamo - concludono i due studiosi - di aver fornito un contesto utile anche per i politici del presente, costretti, come sono, ad affrontare problemi altrettanto complessi».
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