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David Bohm: l’Universo come ologramma (4)



Durante lo stesso periodo, Bohm continua a precisare il suo approccio alla fisica quantistica. Piu’ presta attenzione al significato del “potenziale quantico”, e piu’ si rende conto che ha delle proprieta’ che implicano un contrasto ancora piu’ radicale con la scuola ortodossa. Una di queste e’ l’importanza dell’ “Unita’ del Tutto” (“Wholeness” in inglese). La scienza classica interpreta da sempre lo stato di un sistema come Unita’ solo come risultante dell’interazione delle parti. Invece, il potenziale quantico supera questa visione e suggerisce invece che il comportamento delle parti e’ in effetti proprio organizzato dall’Unita’. Non solo questo va a toccare l’affermazione del “rivale” Bohr che le singole particelle sono “cose” indipendenti… non solo va ad affermare che esse fanno invece parte di un sistema indivisibile… addirittura suggerisce che la “Unita’ del Tutto” e’ la primaria e fondamentale realta’.
Cio’ puo’ anche spiegare in che modo gli elettroni nel plasma (ed altri stati particolari noti come superconduttivita’) possano comportarsi come Unita’ completamente interconnesse. Come dice Bohm, “tali elettroni in effetti non sono sparpagliati perche’, attraverso l’azione del potenziale quantico, il Sistema intero e’ soggetto ad un unico movimento coordinato, che somiglia piu’ alla danza di un balletto che a una folla di persone prive di organizzazione.” Ancora una volta nota che “questa Unita’ quantica del movimento e’ piu’ simile all’unita’ organizzata con cui funzionano le parti del corpo di un essere vivente, piuttosto che il tipo di unita’ che si ottiene mettendo soltanto insieme pezzi di un meccanismo.”
Un’implicazione ancora piu’ sorprendente riguardava la natura della “locazione”. A livello di esperienza quotidiana che tutti abbiamo, ogni cosa ha una sua specifica locazione, cioe’ luogo in cui si trova e da cui ha eventualmente degli effetti sul mondo circostante… ma l’interpretazione di Bohm implica che a livello subquantico, ove opera appunto il potenziale quantico, la “locazione” semplicemente cessa di esistere. Tutti i punti nello spazio diventano del tutto uguali a tutti gli altri puni dello spazio, ed e’ del tutto privo di significato parlare di qualunque cosa come “separata” da qualunque altra cosa. Questa proprieta’ viene detta dai fisici “non localita’ ”.



L’aspetto non-locale del potenziale quantico permette a Bohm di spiegare il collegamento tra particelle gemelle senza violare il divieto della teoria della relativita’ speciale, per cui nulla puo’ viaggiare ad una velocita’ superiore a quella della luce. Per illustrare in che modo, costruisce la seguente analogia: immaginate che un pesce stia nuotando in un acquario. Immaginate anche di non aver mai visto prima ne’ un pesce ne’ un acquario, e che tutto cio’ che sapete di essi vi provenga da due telecamere televisive, una puntata frontalmente verso l’acquario, ed un’altra di lato. Quando osservate i due monitor televisivi, potreste assumere erroneamente che i pesci sui due schermi siano entita’ differenti.



Dopotutto, essendo le telecamere posizionate con angolazioni diverse, ognuna delle due immagini sara’ leggermente diversa. Continuando a guardare attentamente, ad un bel momento potreste rendervi conto che esiste una relazione tra i “due” pesci. Quando uno si gira, anche l’altro lo fa. Quando uno guarda di fronte, l’altro guarda sempre di lato, ecc… Se non siete consapevoli della situazione, potreste ancora una volta sbagliarvi assumendo che i “due” pesci comunicano tra di essi in modo istantaneo, con qualche strumento sconosciuto. L’ipotesi sarebbe sbagliata per il semplice motivo che, ad un livello piu’ profondo, che e’ poi la realta’ dell’acquario, i “due” pesci sono in effetti un pesce solo. Secondo Bohm, questo e’ esattamente cio’ che succede tra “particelle gemelle”, come ad esempio due fotoni emessi dal decadimento di un atomo di positronio.
Infatti, poiche’ il potenziale quantico permea tutto lo spazio, tutte le particelle dell’Universo sono connesse non-localmente. Sempre piu’ la descrizione di Realta’ di Bohm non e’ quella ove particelle scollegate si muovono nel vuoto dello spazio, ma quell’altra ove tutte le cose sono parte di un’unica ragnatela, incorporate in uno spazio che e’ reale e ricco di fenomeni fisici non meno della materia che pare attraversarlo.



L’idea di Bohm lascia perplessi ancora moltissimi scienziati, ma risveglia l’interesse di alcuni. Uno di questi e’ John Stewart Bell, fisico teorico del CERN, centro per la ricerca atomica vicino a Ginevra. Come Bohm, Bell e’ scontento con lo stato della fisica quantistica, e sente che ci deve essere un’alternativa. Come dira’ piu’ tardi, “Nel 1952 vidi lo scritto di Bohm. La sua idea era di completare la meccanica quantistica affermando che ci sono delle variabili nascoste, in aggiunta a quelle che tutti conosciamo. Cio’ mi impressiono’ enormemente.”
Bell capisce anche che la teoria di Bohm implica l’esistenza della non-localita’, e si chiede se ci sia la possibilita’ di verificarlo in qualche modo, sperimentalmente. La questione rimane nella sua testa per anni fino al suo anno sabbatico nel 1964, che gli da’ la liberta’ di concentrarsi del tutto sulla questione. Concepisce cosi’ una elegante prova matematica, passata alla Storia come “Teorema di Bell” o “Diseguaglianza di Bell”, che spiega in che modo si possa concepire un esperiemento che risolva una volta per tutte la questione. Ahime’, il livello tecnologico della sua epoca non permette di realizzare concretamente l’esperimento, perche’ per dimostrare che “particelle gemelle”, come ad esempio quelle del paradosso EPR, non comunicano tra di loro, l’esperimento stesso deve essere compiuto in un lasso di tempo infinitesimale, tale da non permettere nemmeno ad un raggio di luce di andare da una particella all’altra.


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Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.