00 29/11/2011 21:59
David Bohm: l’Universo come ologramma (2)


BOHM E L’INTERCONNESSIONE

Un aspetto della realtà quantistica che Bohm trova particolarmente interessante è l’insolito stato di interconnessione che pare esistere tra eventi subatomici a prima vista scollegati. Ancora più sorprendente il fatto che pochissimi fisici danno peso alla cosa. A dirla tutta, e’ talmente poca l’attenzione a questo fatto, che uno dei più celebri esempi di interconnessione rimane celato in una delle assunzioni più elementari della fisica quantistica… per anni prima che qualcuno se ne accorga.
L’assunzione era stata postulata da uno dei padri stessi della fisica quantistica – il danese Niels Bohr. Egli sottolineò che se le particelle subatomiche esistono solo in presenza dell’osservatore, allora non ha semplicemente senso parlare di proprietà delle particelle in assenza dell’osservatore.


Niels Henrik David Bohr

Questo disturbava moltissimi fisici, perché, dicevano, il senso stesso della scienza sta proprio nello scoprire le proprietà dei fenomeni fisici. Ma se è l’atto stesso di osservazione che crea la proprietà che si vuole osservare – che cosa significa questo per il futuro stesso della scienza?

Uno di questi fisici particolarmente disturbato dall’idea di Bohr e’ nientepopodimeno che Albert Einstein. Nonostante avesse avuto un ruolo gigante nei primi passi della teoria quantistica, non e’ per niente contento della direzione presa da questa scienza. Secondo Einstein, la conclusione di Bohr per cui le proprietà di una particella non esistono finché qualcuno non le osserva è particolarmente criticabile perché, se combinata con altre scoperte quantistiche di cui diciamo sotto, l’implicazione è che le particelle subatomiche sono interconnesse in un modo che Einstein riteneva semplicemente impossibile.


Albert Einstein

Quest’altra scoperta è che alcuni processi subatomici creano delle coppie di particelle con proprietà identiche o fortemente correlate.
Si consideri ad esempio il positronio, un atomo molto instabile, costituito solamente da un elettrone e da un positrone, ove quest’ultimo è identico ad un elettrone, ma ha carica positiva.


Particelle interconnesse a distanza infinita

Siccome il positrone è esattamente la particella opposta all’elettrone, se si scontrano si annullano l’un l’altra e decadono in due particelle di luce chiamate “fotoni”, che partono a viaggiare nello spazio in direzioni opposte.


Positrone

Ebbene, la scoperta è che non importa quanto i due fotoni si allontanino l’uno dall’altro – non appena uno dei due viene misurato, essi vengono ad avere sempre lo stesso angolo di polarizzazione (la polarizzazione è l’orientamento nello spazio che tende ad avere la funzione d’onda del fotone, mentre viaggia nello spazio allontanandosi dal punto d’origine).
Nel 1935 Einstein con i colleghi meno noti Boris Podolsky e Nathan Rosen pubblica un saggio diventato famoso: “Può la descrizione quantistica della Realtà essere considerata completa?” , ove spiegano per quale motivo l’esistenza delle “particelle gemelle” descritte sopra dimostra, secondo loro, che Bohr deve avere torto.
Einstein-Podolsy-Rosen ragionano così: due simili particelle, ad esempio i due fotoni emessi quando il positronio decade, possono benissimo essere prodotte in un esperimento, permettendogli di viaggiare a distanze enormi l’una dall’altra. Ad un certo punto, una di esse, o entrambe, viene catturata per misurargli l’angolo di polarizzazione. Ora, se l’angolo di polarizzazione misurato esattamente nello stesso attimo è identico per entrambe, e se Bohr ha ragione che la proprietà dell’angolo di misurazione non esiste prima dell’atto stesso di misurazione, allora significa che necessariamente in qualche modo le due particelle comunicano contemporaneamente tra di loro, stabilendo il comune angolo di polarizzazione.
Il problema è che secondo la Teoria Speciale della Relatività di Einstein, nulla può viaggiare più veloce della luce… per cui secondo Einstein-Podolsy-Rosen non è possibile definire la Realtà in alcun modo “ragionevole” che permetta connessioni più veloci della luce. Quindi, Bohr deve avere torto. Questa argomentazione è nota come il “paradosso EPR”, dal cognome dei tre scienziati.


Il Niels Bohr Instituet di Copenhagen

Eppure Bohr non si lascia turbare… invece di considerare connessioni più veloci della luce, presenta un’altra possibile spiegazione: se le particelle non vengono ad esistere prima di essere osservate, non possono allora nemmeno essere più pensate come “oggetti indipendenti”. Per cui Einstein, secondo Bohr, commette un errore essenziale a considerare le particelle separate. Esse sono elementi di un unico sistema indivisibile, e non aveva semplicemente senso concepirle altrimenti.
Con l’andare del tempo, sempre più fisici aderiscono alla posizione di Bohr, soprattutto perché la teoria quantistica si dimostra molto consistente a prevedere fenomeni fisici, per cui pochissimi scienziati si azzardavano a pensare che fosse in qualche modo “sbagliata”.
Poi, negli anni ’80 la tecnica permette finalmente di verificare sperimentalmente le affermazioni di Einstein-Podolsky-Rosen, dimostrando che esistono davvero sorprendenti connessioni tra particelle, indipendenti dalla distanza.
Eppure, questo fatto rimane sorprendentemente ignorato… la questione dell’interconnessione, non appena raggiunge il trionfo, viene di nuovo spinta sotto il tappeto.

UN MARE VIVENTE DI ELETTRONI

All’inizio della carriera, anche Bohm accetta la posizione di Bohr, restando solo stupito dal poco interesse che questi, ed i suoi discepoli, mostrano verso la questione dell’interconnessione.
Dopo la laurea in Pennsylvania, Bohm va all’Universita’ di Berkeley in California, ove prende il dottorato nel 1943, lavorando al Lawrence Berkeley Radiation Laboratory.
Qui, incontra un altro impressionante esempio di interconnessione… inizia a sviluppare un lavoro sul plasma, che restera’ un punto di riferimento assoluto!



Un “plasma” e’ un gas che contiene con elevata densita’ elettroni e ioni positivi . Bohm resta stupito quando nota che gli elettroni, una volta contenuti nel plasma, smettono di comportarsi come unita’ separate le une dalle altre, bensi’ come se fossero parte di un tutt’uno interconnesso.
Guardando gli elettroni ad uno ad uno sembra che abbiano un movimento casuale, ma gruppi piu’ ampi riescono a produrre comportamenti che appaiono sorprendentemente ben organizzati.
Come una sorta di ameba, il plasma si rigenera costantemente, ed isola le impurita’ in un punto preciso, con un comportamento che ricorda quello di organismi viventi che isolano sostanze estranee in cisti.
Bohm rimane talmente affascinato da queste qualita’ “organiche” degli elettroni, che dira’ spesso di avere l’impressione che “il mare di elettroni sia vivo”.
Nel 1947 accetta una cattedra a Princeton, prova di quanto sia ormai stimato, ed approfondisce le ricerche relative al comportamento degli elettroni nei metalli.
Ancora, osserva che comportamenti apparentemente casuali di singoli elettroni, riescono pero’ a produrre effetti complessivi altamente organizzati. Come i plasma studiati a Berkeley, si tratta di fenomeni che non coinvolgono solo poche particelle, ma interi “oceani” di particelle ove sembra che ognuna di esse sappia cosa stiano facendo gli altri miliardi di miliardi di particelle.
Bohm decide di chiamare questi movimenti collettivi con il nome di plasmoni… una scoperta che ne definisce il prestigio come fisico.


_______________________________________________________________________________________

Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.