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Renato Vesco

Ultimo Aggiornamento: 02/01/2012 14:28
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11/12/2011 11:02
 
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Mi ha sempre affascinato la figura di uno degli Ufologi più ghettizzati che la storia abbia conusciuto Renato Vesco.





Vero che aveva un carattere abbastanza particolare di lui Marcello Pupilli scrisse:

"Renato Vesco è stato un uomo nel quale hanno convissuto due personalità profondamente diverse. che gli provocheranno per tutta la vita conflitti e tribolazioni: una "eroica" e "guerriera', sulla quale a tratti prendeva il sopravvento la seconda, quella da piccolo travet da ufficio. Da una parte il Vesco sicuro di sé, che gira il mondo alla ricerca della verità sugli UFO, ritiene di averla trovata e la difende con una pervicacia intrepida. Dall'altra parte il Vesco solo, introverso, permaloso. Una modesta pensione da ex-impiegato d'ordine con la quale vive in una vecchia casa di Genova, già dimora dei suoi genitori: gravi delusioni da falsi amici e infine, cruccio della sua vita, un mondo ufologico non in grado di capire la grandezza delle sue idee.

La vita personale di Vesco fu segnata da una riser­vatezza estrema: quest'uomo così importante nella storia dell'ufologia italiana non partecipò mai ad un convegno. non tenne una conferenza, rifiutò qualsiasi incontro personale con chi avrebbe voluto confrontarsi con lui.

Quando il CISU, nel 1989, decise di nominarlo so­cio onorario ne fu sinceramente grato, tanto da intervenire con sollecitudine alle molteplici richieste che gli erano formulate sugli argomenti più di­sparati, interventi che costituiscono un notevole patrimonio di documenti inediti negli archivi della nostra associazione. Possiamo dire con cognizione di causa che i rapporti con alcuni membri del CISU rappresentarono quasi l'unico contatto con il mondo esterno che Vesco ebbe negli ultimi anni della sua vita.

In casa sua sono state trovate migliaia di riviste di ogni genere, di appunti e di manoscritti che costi­tuivano un archivio prezioso. che è divenuto un lascito transitato al CISU. Nell'attività frenetica di pubblicista e scrittore, chi legge si trova di fronte a un uomo di una sicurezza assoluta, dotato di una cultura vastissima che abbracciava campi di interesse quali la numismatica, la protostoria, l'aerotecnica, l'aeronautica, la meccanica, e in misura sorprendente per l'Italia degli anni '50-'60 ... gli UFO.

Morta la madre all'inizio degli anni '80 si chiuse in una solitudine totale: non aveva amici, non fre­quentava donne o associazioni (alle quali invece aveva aderito con appassionato interesse negli anni giovanili). Da quando si era rotta la televisione non l'aveva più fatta riparare e le uniche notizie dal mondo esterno gli arrivavano o per radio o tramite visite frequenti presso la Biblioteca Uni­versitaria; non si faceva visitare da un dottore dal 1942. Per ciò che riguarda la propria salute era pro­fondamente fatalista e lui, che sembrava così razionale e scientifico, credeva nei fenomeni paranormali al punto che in una lettera a Pupilli fece strane considerazioni sui presunti poteri telecinetici del medium Demofilo Fidani, delle cui facoltà era assolutamente convinto. Credeva pure nei vaticini delle fattucchiere, tanto da esser convinto che una di queste gli avesse preconizzato la mag­gior parte degli avvenimenti della vita."

www.naziufos.com/new1k1/people/vesco-forum.htm

La mia domanda è la seguente perchè fu ghettizzato ed i suoi libri non ristampati?

Forse la sua fede fascista, era pilota della 1° Squadra Aerea e raggiunse il grado di maggiore?

Forse l'aver asserito che gli UFO erano di origine terrestre?

Forse il suo carattere?

Se qualcuno ha elementi sulla persona ne sarei grato, soprattutto mi piacerebbe sapere che fine hanno fatto i 2 camion di documentazione donati al CISU.

Logico che saranno ben conservati, ma la mia domanda è la seguente cosa è saltato fuori?

Grazie anticipate a tutti. [SM=j7798]
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11/12/2011 12:40
 
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Saerebbe da chiedere direttamente al CISU...
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11/12/2011 13:52
 
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Re:
Sheenky, 11/12/2011 12.40:

Saerebbe da chiedere direttamente al CISU...



Già fatto Sheenky, unica risposta che sono a disposizione i suoi libri usati, la foto l'ho presa da un sito russo.

Sto cercando presso le associazioni dei reduci del ventennio per avere notizie su di lui, ne ho contattato 8 questa settimana.

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11/12/2011 17:03
 
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Ho trovato questo articolo su un'analisi di Vesco su una moneta, mi è sempre più simpatico il personaggio.

HELVIO



Una città romana prese il nome da Publio Elvio Pertinace (126-193), acclamato imperatore il l° gennaio 193 e assassinato il 28 marzo dello stesso anno. la città si chiamava Helvia Recina e si trova sulle del fiume Potenza, poco sotto Macerata, nelle Marche.

Attualmente dell’antica città romana rimangono soltanto i resti di un anfiteatro.

Le monete romane coniate nei tre mesi in cui Pertinace fu imperatore sono classificate dai numismatici con quattro “r”, ovvero il massimo della rarità.
Una di queste monete – in particolare – ha molto fatto parlare di sé, a causa di un curiosissimo dettaglio.
La notizia di questa scoperta venne diffusa nel 1960 da Remo Cappelli, un noto ed esperto numismatico, che se ne occupò a più riprese.
L’esemplare – un denario d’argento – era stato rinvenuto in Siria, e venne esaminato personalmente dal Cappelli. Il diritto della moneta raffigura l’imperatore, mentre il rovescio, all’interno delle parole PROVIDENTlA DEORUM COS II, mostra una figura femminile eretta indicare con la destra uno strano oggetto sospeso, simile ad una sfera con quattro curiose appendici dissimmetriche, terminanti ognuna con un rigonfiamento.
Il Cappelli rilevò che la raffigurazione di tale oggetto è dissimile da quella usata per gli astri (Sole, Luna, pianeti, comete) in tutta la monetazione romana conosciuta, e che quindi il suo significato poteva essere differente.
Secondo l’esperto, si tratterebbe della rappresentazione di un fenomeno celeste anomalo, forse addirittura assimilabile agli attuali fenomeni ufologici; e in effetti gli antichi storici di quegli anni hanno accennato a diversi fatti celesti insoliti. e in effetti gli antichi storici di quegli anni hanno accennato a diversi fatti celesti insoliti. Di questa moneta Cappelli ebbe modo di esaminarne anche altri esemplari riscontrando differenze nelle appendici dell’oggetto sferico.
Tale interpretazione, pur molto riportata sulla stampa specializzata, ha suscitato delle contestazioni. Le più note sono quelle di Gianni Settimo, direttore della rivista Clypeus, che dopo aver visionato alcuni esemplari diversi da quello trovato da Cappelli in Siria, riscontrando significative differenze nella raffigurazione dell’ “ufo”, propende per un difetto del punzone durante il conio della moneta. E quella dello scrittore Renato Vesco che, riconoscendo nella figura femminile la Dea Syria (Atargatis, già ellenizzata in Astarte, dal greco aster = stella), propende per l’identificazione dell’ “ufo” con un fenomeno meteorico.


antonioprenna.wordpress.com/2010/02/02/helvio/
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11/12/2011 17:58
 
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interessante questa cosa ,non conoscevo Vesco


Se vuoi volare alto circondati di aquile non di polli !!!



12/12/2011 13:48
 
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Io sì; ha sempre negato l'evidenza degli UFO (una volta era con il CISU, quando anche questa organizzazione la pensava ugualmente).




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12/12/2011 14:51
 
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RENATO VESCO: L'UFOLOGIA COME GUERRA OCCULTA



Renato Vesco (1924-1999) è stato il personaggio più enigmatico dell'ufologia italiana. Perito aeronautico (anche se spesso chiamato ingegnere), fascista convinto da giovane, collaboratore della Rivista Aeronautica nel dopoguerra, ebbe un difficile rapporto con giornalisti ed editori oltre che con gli altri ricercatori sull'argomento. Il suo libro "di culto", Intercettateli senza sparare era pronto già nel 1956, ma dovette attendere la pubblicazione fino al 1967. Mursia non ha mai ripubblicato né il primo né i due che sono seguiti, I Velivoli del Mistero e Operazione Plenilunio.

In apparenza Vesco aveva una conoscenza illimitata degli aspetti meno noti della ricerca aerospaziale nel dopoguerra. Nei suoi libri passava con abilità dalle fonti noti e verificabili ad altre segrete e incontrollabili. Vesco sembrava essere in buoni rapporti con molte personalità del deposto regime e dei servizi segreti militari. Però i critici lo hanno colto in fallo numerose volte, e tutta la prospettiva storica su cui si fonda la sua teoria appare stranamente distorta. C'è una Gran Bretagna che nei primi anni '50 spende enormi fondi segreti per sviluppare una forza aerea strategica altrettanto segreta, c'è una tecnologia della gettosostentazione tutta da verificare, ci sono supposizioni (specie nel terzo dei suoi libri) che arrivano al limite della mitomania.

Eppure le credenziali di Vesco erano abbastanza convincenti che molti pensarono sul serio, nei primi anni '70, che davvero il Regno Unito disponesse di una piccola forza di bombardieri e ricognitori ipersonici e superstratosferici. Io, non mi vergogno di ammetterlo, ero fra questi, ed ero in buona compagnia.

Alla sua morte gli archivi di Vesco, dopo lunghe questioni legali, furono ceduti dagli eredi al CISU, il gruppo ufologico di impostazione "scettica" (in contrapposizione al "fideistico" CUN di Roberto Pinotti). Ma la promessa di pubblicare i risultati di quelle ricerche, finora, non è stata mantenuta.

Si dice che un editore (non si sa quale) rifiutò di pubblicare "Intercettateli Senza Sparare" nel 1957 in seguito alla Crisi di Suez: le spiegazioni dell'autore, secondo cui la segretezza di una forza strategica all'avanguardia, ma tuttora sperimentale, non poteva essere compromessa in una crisi locale, non furono considerate credibili. Ma, ironicamente, non erano lontane dalla realtà nemmeno per quanto riguardava le forze convenzionali: i pochi Valiant che parteciparono all'intervento militare britannico furono frettolosamente dotati di vecchi sistemi di puntamento visuale e furono limitati al bombardamento diurno, perché i radar non erano ancora a punto.

Non è dato di sapere se negli ultimi anni Vesco avesse riconosciuto che la sua tesi era priva di fondamento. La concezione aerodinamica dei "suoi" dischi volanti era diversa da quella di ogni altro aeromobile conosciuto, anche se pare che avesse perfino costruito dei modelli funzionanti.

In apparenza si tratterebbe delle fisime di un inventore isolato e un po' eccentrico. Ma su questo punto c'è una cosa abbastanza inquietante, un passaggio che sicuramente pochi lettori della martoriata edizione Urania di "Le Guide del Tramonto" di Arthur C. Clarke avranno capito.

Nel sesto capitolo di "Childhood's End" si legge:

"The ordinary private flyer or aircar had no wings at all, or indeed any visible control surfaces. Even the clumsy rotor blades of the old helicopters had been banished. Yet man had not discovered anti-gravity; only the Overlords possessed that ultimate secret. His aircars were propelled by forces which the Wright brothers would have understood. Jet reaction, used both directly and in the more subtle form of boundary layer control, drove his flyers forward and held them in the air."

Questa descrizione si adatta alla concezione di Vesco (che non si può descrivere in due parole) molto più che al "Silver Bug" di John Frost, che usava l'effetto Coanda ma non il controllo dello strato limite.

Il discorso sarebbe lungo e pieno di congetture indimostrabili. Meriterebbe un post tematico.

Estratti dai libri di Vesco:

La questione dei "Fratelli dello spazio" è sicuramente destinata a immatura fine...il tempo passa e si avvicina il giorno (un gran giorno per gli inglesi) in cui una formazione di dischi volanti passerà sibilando sui deliranti spettatori convenuti all'annuale rassegna della produzione aeronautica britannica, che si svolge per tradizione sul vecchio aerodromo di Farnborough, dove la R.A.F. e gli UFO mossero i loro primi passi.
da "I velivoli del mistero" Mursia, 1969

Nomi, date, dati e fatti proveranno che gli UFO sono i precursori degli odierni satelliti artificiali e dei veicoli spaziali. Macchine ovviamente segrete, come si conviene ai tempi di "blocchi", "muri" e "guerra fredda" che hanno permesso una impostazione risolutiva del vecchio problema della conquista dello spazio.
da "Operazione plenilunio" Mursia, 1972

La biennalità degli avvistamenti sembrerebbe proprio da porre in relazione con le posizioni astronomicamente ed astronauticamente favorevoli di marte. Gli operatori UFO hanno dunque rivelato un fattivo interesse per il rosso pianeta e ciò ci autorizza a ritenere che non già i marziani abbordino di tanto in tanto la Terra per studiarci oggi e soggiogarci in seguito, ma che i tellurici o meglio uno sceltissimo nucleo di quella parte di tellurici che canta DIO SALVI LA REGINA! abbia già raggiunto anche quel remoto mondo, naturalmente in gran segreto data l'importanza non tanto della missione in sè quanto dei mezzi impiegati.
da "Operazione plenilunio" Mursia, 1972.

Pubblicato da ANGELO CICCARELLA

Fonte:

ilgrandeignoto.blogspot.com/2009/07/renato-vesco-lufologia-come-gue...


[Modificato da eone nero 12/12/2011 14:52]
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12/12/2011 15:02
 
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sicuramente un personaggio singolare. tra i pochi italiani tradotti in Usa e èpresenti sul catalogo di Amazon Usa.
certo una persona che molti definiscono chiusa ed introversa, ma che non esitava ad ingaggiare famose battaglie a colpi di inchiostro sul giornale dei misteri con il compianto pier luigi sani!
penso che ancora oggi vadano rilette quelle pagine, le pagine della posta del GDM, che potremmo deifinire le antesignane dei forum odierni. pagine che ancora oggi possono insegnare tanto, da tutti i punti di vista, alla odierna ufologia.
due spunti di riflessione:
1. vesco pare abbia indagato anche sul famoso caso di IR3 di Abbiate Guazzone del 1950, perlomeno un maggiore dell'aviazione con lo stesso nome è riportato nel primo volume "UFO in italia".
2. chissà se Vesco sapeva qualcosa della famosa Area 51 e magari ciò ha innescato il suo interesse per la teroia degli Ufo terrestri? magari nelle carte Cisu potrebbe trovarsi qualche elemento utile in questo senso.

infine, paolo bolognesi, dacci qualche tua impressione sul personaggio, penso che tu uno di quelli che è interessato al Vesco, no?
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12/12/2011 15:10
 
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Re:
zomas65, 12/12/2011 15.02:

sicuramente un personaggio singolare. tra i pochi italiani tradotti in Usa e èpresenti sul catalogo di Amazon Usa.
certo una persona che molti definiscono chiusa ed introversa, ma che non esitava ad ingaggiare famose battaglie a colpi di inchiostro sul giornale dei misteri con il compianto pier luigi sani!
penso che ancora oggi vadano rilette quelle pagine, le pagine della posta del GDM, che potremmo deifinire le antesignane dei forum odierni. pagine che ancora oggi possono insegnare tanto, da tutti i punti di vista, alla odierna ufologia.
due spunti di riflessione:
1. vesco pare abbia indagato anche sul famoso caso di IR3 di Abbiate Guazzone del 1950, perlomeno un maggiore dell'aviazione con lo stesso nome è riportato nel primo volume "UFO in italia".
2. chissà se Vesco sapeva qualcosa della famosa Area 51 e magari ciò ha innescato il suo interesse per la teroia degli Ufo terrestri? magari nelle carte Cisu potrebbe trovarsi qualche elemento utile in questo senso.

infine, paolo bolognesi, dacci qualche tua impressione sul personaggio, penso che tu uno di quelli che è interessato al Vesco, no?



Zoma65 ti ringrazio per queste altre notizie che hai portato, mi ero dimenticato del glorioso e sempre verde Giornale Dei Misteri, dovrei avere tantissimi numeri conservati, ricordi su cosa scrivevano?

Questo è il caso di IR3 cui ti riferivi.

www.ufo.it/ufologia/articles/1950---abbiate-guazzone---...

www.ufo.it/5002.htm

Spero che il CISU elabori finalmente le 500 casse ereditate da Vesco e magari pubblichi il materiale.

Paolo mi unisco anch'io alla rixchiesta di Zoma. [SM=j7798]


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12/12/2011 20:17
 
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Per Vesco sono tutte armi segrete; mi chiedo allora perché non vengono costruite in serie dopo decenni!


12/12/2011 20:48
 
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Re:
ufologo 555, 12/12/2011 20.17:

Per Vesco sono tutte armi segrete; mi chiedo allora perché non vengono costruite in serie dopo decenni!






Ragionamento da non sottovalutare!
Eone! Hai un sacco di numeri di quella preziosa rivista e non ti metti a scannerizzare tutto!?!!?
Te possino! [SM=g8147]
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12/12/2011 23:28
 
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Re: Re:
Gabrjel, 12/12/2011 20.48:




Ragionamento da non sottovalutare!
Eone! Hai un sacco di numeri di quella preziosa rivista e non ti metti a scannerizzare tutto!?!!?
Te possino! [SM=g8147]



Uno penso che violerei il Copyright, 2 da buon informatico non ho uno scanner [SM=j7823] [SM=j7823] [SM=g7869]

3 ho tutto in quella che potrebbe essere considerata una capsula del tempo.

4 troppi sciacalli ci farebbero soldi, ho già visto altri miei lavori dati sotto altri nick gratuitamente monetizzati. [SM=g10650]

Il ragionamento non ha senso logico, dato che se devo sparare idiozie per illudere la gente e farla sognare, me ne rivado in radio ed in TV.

Se Vesco diceva certe cose non aveva di certo tutti i torti ma la gente vuole storie fantastiche ed allora paga pure. [SM=g10650]
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13/12/2011 00:21
 
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Renato Vesco



* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
ŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽ * * ŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽ
* L I T E R A R Y F R E E W A R E *
* *
* F O U N D A T I O N *
ŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽ * * ŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽŽ
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *


-=d P R O U D L Y ¡ P R E S E N T S d=-




VESCO.TXT
by
Al Pinto



We, because of the infinitesimal size of the Universe, can quite easily say that
the probability of the Earth being the only planet inhabited by intelligent
beings is not logical. However, while there is research going on today inorder
to prove the existence of extraterrestrial intelligence (SETI) by listening in
on the radio waves of space, I wonder; have we been contacted already? Is there
something in the UFO phenomenon that proves the existence of extraterrestrials?
Let's look at the facts.

Thousands of people from all around the world report the sightings of strange
aerial phenomenon every year. It has been going on for many years, but not as
much as from 1947 to present. Due to the fact that so many people have seen
objects in the sky that they can't identify, we could at least admit that there
is sufficient reason to believe that UFO's exist. We can't scientifically prove
their existence just based on that fact but we can't ignore it either. So our
next logical step would be to get more data.

Is the origin of all UFO's extraterrestrial? Is there a possibiliy that at
least some may come from Earth and Earth technology? The answer to that question
is yes, some are Earth originated. People can easily mistake a plane or
helicopter flying at night as a UFO and have already. Some even thought that
Venus was one. However, while most UFO's could be explained, there are an
astonishing number of reports that cannot. They include reports from people such
as police chiefs, scientists, pilots, and most interestingly, astronauts. There
is plenty of information publically available that is reputable about details of
their encounters. Our next step should be to concentrate on these unexplainable
sightings. Out of these, is it still possible that the object could come from
Earth? Dr. Renato Vesco thought so. In his book Intercept UFO, he writes about
his experience and information with Nazi Germany. I am going to include a paper
written by him but first let me tell you his credentials.

Renato Vesco is a fully liscensed aircraft engineer and a specialist
in aerospace and ramjet developements. He attended the University of
Rome and, before WWII, studied at the German Institute for Aerial
Developement. During the war, Vesco worked with the Germans at
the Fiat Lake Garda secret installations in Italy. In the 1960's, he
worked for the Italian Air Ministry of Defense as an undercover
technical agent, investigating the UFO mystery.
He writes:

"On November 27, 1944, a B-27 of the United States Air Force, returning from a
raid on Speyer, West Germany, encountered a huge, orange colored light moving
upward at an estimated speed of 500 MPH. When the pilots reported, sector radar
had reported negatively, because nothing had registered on the screen.

But the object seen by the returning bomber was only the first of numerous
others spotted by American pilots over wartime Germany and promptly baptized
'foo-fighters.' Fighter pilots Falls and Backer. of the 415th Squadron, reported
such an encounter a month later forcing the Air Force to admit that such objects
might exist. Later encounters with foo fighters led experts to assume they were
German inventions of a new order employed to baffle radar.

How close they came to the truth, they learned only when the war was over and
Allied Intelligence teams moved into the secret Nazi plants. The foo-fighters
seen by American pilots were only a minor demonstration, a
fraction of a vast variety of methods used to confuse radar and interrupt
electro magnetic currents. Work on the German anti-radar Feurball, or fireball,
had been speeded up during the fall of 1944 at a Luftwaffe experimental center
near Oberammergau, Bavaria. There, and at the aeronautical establishment at
Weiner Neustadt, the first fireballs were produced. Later, when the Russians
moved closer to Austria, the workshops producing the fireballs were moved to
Black Forest. Fast and remote controlled, the fireballs, equipped with kliston
tubes and operating on the same frequency as Allied radar, could eliminate the
blips from screens and remain practically invisible to ground control.

The Nazi Feurball failed to interfere with the Allied air offensive. The foo
fighters had been launched too late and could no longer change the course of
events, but in themselves they were significant not only because they were the
outcome of a technical evolution which could have led to more dangerous weapons,
but also because they showed that Nazi technology had moved in a direction far
beyond anything expected by Allied Intelligence.

As the fall of Germany approached, the Nazi Leaders reverted to an ambitious
project created by Gauleiter Franz Hofer who had become high commissioner for
the Italian Tyrol and the Southern Alps. The project foresaw setting up an
incredible fortress in the mountains, including parts of Italy, Austria and
Bavaria. Hofer submitted his plan to Hitler's aide, Martin Bormann in November
1944, but he had prepared for this moment back in 1938 when Nazi agents
carefully mapped all mountain passes, caves, bridges, highways, and located
sights for underground factories, munitions dumps, arms and food caches. To
complete work on this fortress, Hofer demanded a slave labor force of a quarter
of a million- 70% Austrian workers and 30% men of the Tyrolese home guard.

So-called U-Plants were to be set up underground as gigantic workshops and
launching pads for the secret weopons which were to turn the tide of the war in
favor of the Nazis. Among these were some 74 tunnels along Lake Garda, in
Northern Italy, which were to be adapted and transformed into a vast assembly
plant by FIAT of Turin in close collaboration with the department of Minister
Albert Speer. Seven other tunnels along Lake Garda, near Limone, were to produce
several weapons tested at the Hermann Goering Institute of Riva del Garda.

According to the archives of the German High Command and of the Allied Combined
Intelligence Objectives Sub-Committee, other plants in vital areas of Central
Germany, code named M-Werke, were to produce powerful missles such as the giant
A.9/A.10 destined to destroy New York and Washington. But most important was the
Alpine area, for it was from there that the supreme weapons were to come.

This report, never released by the Allies, was made by a French diplomat. It was
forwarded to Free French Intelligence Headquarters at Algiers. The top secret
report reffered to the blue clouds as something approaching anti-aircraft
projectiles based on the grisou (fire damp) gas found in mines, and which had
been succesfully tried against other bombers over Lake Garda. The French report
was intercepted by Italian agents and deciphered at SID (Italian Counter-
Intelligence) Headquarters at Castiglione della Stiviere. The message was later
captured by a military intelligence team operating for the eighth Army in Italy.

The contents of the message was no novelty to the Allies. Already, some time
ago, shortly after the bombing of Dresden, British and American intelligence had
obtained a brief account concerning the use of some such weapon used against a
group of twelve American bombers. That message, which came from an agent in
Switzerland attached to Allen Dulle's team, also stated the attacker had been a
"strange hemispherical object which flew at fantastic speeds and destroyed the
bombers without using firearms.'

Then, after the German surrender in May, 1945, a team of British agents,
investigating the files of some of the underground factories in Black Forest,
discovered that a large number of documents concerned 'important experiments
made with liquid oxygen for new turbine engines capable of developing
extraordinary power.'

Other documents described the use of 'gaseous explosives' which had been
originally tested in Austria in 1936. Their existence was later confirmed by the
ALSOS Mision and by Dr. Hans Friedrich Gold, of the Laboratory for Aeronautical
Research at Volkenrode. The ejection of gas explosives had been part of the
program tackled by researchers on Lake Garda and later tested with success by
the circular flying object against Allied bombers.
This object, in German military files, already had an operational name: 'Round
Lightning' (Kugelblitz)

Long and close observation between the special Air Research Corps of the SS,
Austrian research centers in Vienna, the Hermann Goering Works and the vast
complex of underground G-Works had previously produced amazing improvement on
the fireball or foo-fighter which, despite it's anti-radar effectiveness,
remained comparatively harmless. But by combining the principle of the aircraft
with a round, symetrical plane with direct gyroscopic stabilization, employing
an ejector-gun using grisou and a gelatinous organic/mettalic fuel for a total
reaction turbine, adding remote control, vehicle take off, infrared seeking
equipment and electrostatic firing systems, the harmless fireball became the
lethal Kugelblitz!

Believe me, I can prove what I say. The Kugelblitz, to be on the safe side,
employed, in addition to it's electrostatic firing system, a similar system
based on short waves and built by the Patent Verwertungs Gesselschaft of
Salzburg, Austria. The whole thing formed one compact, round mass which had
absolutely nothing in common with any flying object ever produced before.

In documents found by British Intelligence teams and submitted to the British
Intelligence Objectives Sub-Committee-documents which I have been able to study-
these and many other details are known. They can be found in the Sub-Committee's
Final Report Number 61 on the 'Weapons Section of the L.F.A., Volkenrode.'

Kugelblitz, together with it's "younger brothers of the fireball, lens shaped
bomb and other weapons, began the real history of the UFO's. In itself, it was a
second generation fireball.

The 'round lightning' weapon, the incredibly fast and mysterious disk-shaped
craft that had been rumored and sighted in action, was used only once. As the
Allied forces crossed the Rhine, the only craft of it's type was destroyed by th
SS on instructions from Berlin, to prevent it's capture. But ever since, due to
the severe censorship imposed by 'T' force of the British Army in Germany, and
later, thanks to the complete blackout imposed by London, nothing more was heard
of Round Lightning.

I know that agents of the 'T' force camp at Bad Gandersheim closely examined the
documents found in the G-Works, documents which had been elaborated by the
technical general staff of the SS and by technical control of the Henshel and
Zeppelin works. These documents concern the propulsion unit of the Kugelblitz
prototype built by the Kreislaufbetrieb Motor D.W. in 1943 for the F.F.K.F.
(Forschungsinstitut for Kraftfhart and Fahzeugmotoren) at Stuttgart-
Untertuerkheim and perfected by proffessors Kamm and Ernst. The British called
this motor an 'oxygen recycle system.' It was later abandoned in favor of the
Walter turbine, powered by hydrogen peroxide. The documents found discussed the
possibility of using both systems in a compound-type propulsion unit.

To these basic facts, I must add: A mass of documents and equipment were taken
by British 'T' teams to Bedford and then to Canada and Australia.

In a certain sense, the British were more intelligent than the Americans, for
they permitted German scientists to complete their work in Germany on the sight
where they had worked all through the war-only, of course, under close
supervision. This happened at Darmstadt and Goettingen. Later on, these
installations were dismantled and shipped to Britain. The Transport Service of
the British Ministry of Aviation discreetly shipped the scientists and documents
to Britain, Canada and Australia, in successive phases. Lists of the scientists
to be sent overseas had been compiled in the spring of 1944 by the B.I.O.S. and
formed separate and specialized teams.

One such team, composed of Proffessor Ben Lockspeiser and W.J. Richards, Dr.
S.H. Hollingdale and Captain A.D. Green, handled 'advanced projects, missles,
jet and turbine craft.' Another, including T.A. Taylor and M.A. Wheeler,
investigated German advances in the field of Thermo-refraction. Another team,
which obtained the services of Dr. Ernst Westermann, former director of the
F.D.R.P. Institutes of Speyer and Saarbrucken, concentrated on the fireball
projects.

The then Ministry of Aircraft Production, similar to the German wartime
Jaegerstab, ceased to exist officially on March 31, 1946, amd became part of the
Ministry of Supply. In the years that followed, these teams, and especially the
experts headed by Professor Lockspeiser, worked on a multitude of German
projects, adapting these to their own experiments in the field of 'suction'
wings and on the work of two German scientists during the war, Professors
Prandtl and Busemann, to develope a high speed fighter in which the air intake
along the wings was discharged through a half-moon-shaped crescent along the
fuselage in order to both drive and support the vehicle at high speeds.

This research comes to mind when one remembers the incident of January 3, 1956.
A cessna, employed on a job of aerial photography near Pasadena, encountered
three circular flying objects which circled it at a speed of 1600 mph and at a
distance of two miles. One of these objects, in suddenly breaking away from the
formation, gave off a long, vaporous trail as it sped through a cumulous cloud,
cutting the cloud in two. 'Exactly as if it had sucked up the cloud.,' the
Cessna pilot exclaimed later.

Back in 1946, the British Broadcasting Corporation announced that Britain 'would
soon have aircraft capable of speeds well over 1000 mph, that, according to some
experts, such craft had already been built and that, in the near future, they
could circumnavigate the globe several times because they needed only fuel for
take off and landing..' Other British sources mentioned aircraft capable of
speeds of several thousand miles an hour.

More than twenty years have passed since the otherwise so-eminently-careful BBC
boasted of 'Britain's planes of the future,' and officially these aircraft still
remain little more than a dream. And yet, did not Ben Lockspeiser, the man who
was in charge of the most responsible 'T' teams, declare that 'such craft would
need no fuel?' Did he not imply that such craft would gain their own propellant
from the atmosphere by suction and expulsion?

On June 26, 1953, an intensely luminous flying object majestically crossed the
night sky of Albacete, Spain, at an altitude of 60 miles. In Britain, scientific
papers produced by members of the 'T' teams showed suggestive titles such as
'Boundary Layer Flow Over a Permeable Surface Through Which Suction is Applied'
(J.H. Preston), 'The Aerodynamics of Porous Sheets' by G.J. Taylor, and
Pankhurst's Aerofoil Catalogue.

In 1959, aeronautical engineer N.S. Currey wrote: 'Canada today must be counted
among the most advanced aeronautical powers in the world,' and added cautiously,
'This refers above all to the field of jet propulsion.'

The Canadian Department of Mines and the Technical Surveys Mapping Branch
reserved a vast area-125,000 square miles-for production of experimental
aircraft. This was one of the decisions reached by the committees of the
Commonwealth Conference on Aeronautical Research. This desolate, heavily woooded
and mountainous region between British Columbia and Alberta, with the Peace
River district as it's Northern frontier and Washington State to the South, was
an ideal location-few and easily controlled roads, few settlements, few
railroads, but good communications in the north and the south via the trunk line
from Prince George to Edmonton and that from Vancouver to the United States
border, and only one major highway, te Alaska.

Britain already had considerable wartime experiance in this sort of enterprise.
In 1942, at the height of the German raids, the RAF had set up five secret
airports in the very heart of the New Forest, in Hampshire. The big thing about
these installations was the fact that they included complete industrial plants,
decentralizing major groups essential for war production. They were called
'shade workshops.' The Germans, too, had much experience in this field. One of
their major plants at Volkenrode resisted all attempts at aerial identification
throughout the war.

Neither the British nor the Americans, on an official level, saw eye to eye in
scientific matters at the close of the war against Germany and afterward. The
United States' refusal to share atomic secrets with Britain was never quite
forgotten in Whitehall, and Britain set out to prove, with Canada, that she was
well able to produce her own fission bomb. If Congress steadfastly accused the
British of giving little or nothing in return for information, the British felt
they had been mistrusted and severely neglected. They preferred to go ahead with
their plans in Canada.

The fact that the area has been photographed again and again by high altitude
reconnaissance planes, both U.S. and Russian, does not perturb the Canadian or
British authorities. The plants and saucer ports are underground, hidden in
primeval forests of Columbia.

The question immediately arises: Why have not Britain and Canada made such craft
available to their other partners in the North Atlantic Treaty Organization? I
believe there may be many answers to such a question, but one of the main points
is this: Lack of confidence and fear of being exploited remain rife among the
nations, as they are among people. And why should not Britain and her
Commonwealth partner retain one major trump card which, one day, may become
invaluable? The pooling of scientific secrets is rarely entirely sincere.

All the evidence, all the know how of British scientists before and during the
last war, combined with the astounding progress in propulsion and the
discoveries in suction aircraft of the Germans, based on 18 years of research
into the most secret documents of the past war, have convinced me of one thing:
The flying saucers do not come from space. They come from a few hundred miles
outside the United States. They mean no harm, and Washington knows this. Hence
the long standing order to all U.S. Air Force pilots: Intercept--but do not fire
upon."

This article, which appeared in Argosy Magazine in August, 1969, is reprinted
above in it's entirety. It is important because it is one of the few reports
that goes into detail about the revolutionary technical advancements made by the
Nazi's in the field of aeronautical research.
Unfortunately, Vesco doesn't offer any real substantiation for the existence of
the Kugelblitz, which is the crux of his subject. However, in his book
Intercept, UFO, he tells us that the Kugelblitz was indeed tested some time in
February, 1945 over the great underground complex at Kahla, in Thuringia. Both
the Kugelblitz and the Feurball were then destroyed by the retreating S.S.

So, could this story be considered fact? We have to take into consideration a
number of issues. First and foremost, there is the Nazi's.
Could they have been developing craft of such advancement? History has it that
not only were they at war, which required much in the way of manpower, but they
took on incredible projects such as constructing huge underground complexes at
Nordhausen in the Harz mountains, Pennemunde and others. They also had their
Naval Vessals provide support for a very detailed study of the Antartic in which
they were alleged to have been building underground bases there as well.

General Heinrich Himmler, the Reichsfuhrer as his S.S. men would call him, was
quite frankly, a madman. He believed in obediance, controlled breeding and
vivisection of homans. He believed in biological mutation and what could be
produced with it. He used the slaves for his work force, as well as specimens
for research.

Let's discuss this possibility more in the message boards in Paranet and the UFO
echos. I am starting to get quite tired of the theory that UFO's and related
matters, are extraterrestrial. It is being shoved down our throats by figures
like "Falcon" and "Condor" as well as articles in Paranet like MUGGER.DOC and
PICNIC2.DOC. As a matter of fact, that is about all I hear anymore. It seems
that since we want to hear about EBE's, the so-called, Intelligence Community,
is giving us just what we want to hear.

I call on each and every person in the UFO community to research, in debth,
HUMAN history. In particular, great scientists such as, Tesla and his
experiments; Einstein's theories; Germany's secret weapons of the Second World
War by R. Lusar; the Philadelphia Experiment; Admiral Byrd's Project Highjump;
books and periodicals about Nazi Germany and their interest in Antartica; then
tell me that the possibility of technology (Earth Technology) could not possibly
exist that could explain UFO's and the reason why it is above top secret.


www.sacred-texts.com/ufo/vesco.htm
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13/12/2011 00:37
 
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Re:
zomas65, 12/12/2011 15.02:


2. chissà se Vesco sapeva qualcosa della famosa Area 51 e magari ciò ha innescato il suo interesse per la teroia degli Ufo terrestri? magari nelle carte Cisu potrebbe trovarsi qualche elemento utile in questo senso.

infine, paolo bolognesi, dacci qualche tua impressione sul personaggio, penso che tu uno di quelli che è interessato al Vesco, no?




Quello che è del CISU rimarrà del CISU...

Per le mie impressioni su Vesco, abbiate pazienza qualche giorno, ultimamente sono un po' preso da altri impegni, ma le posterò volentieri appena me ne libererò.





Bye

--

Paolo Bolognesi

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Re: Re:
Paolo Bolognesi, 13/12/2011 00.37:




Quello che è del CISU rimarrà del CISU...

Per le mie impressioni su Vesco, abbiate pazienza qualche giorno, ultimamente sono un po' preso da altri impegni, ma le posterò volentieri appena me ne libererò.







Grazie Paolo [SM=j7798]

Spero che il CISU voglia condividere, ho mosso tutte le associazioni U.N.C.R.S.I. d'Italia per avere sue notizie nel Ventennio, aspetto risposte.


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13/12/2011 01:04
 
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In attesa di avere più notizie su Vesco recupero quanto più possibile dal web, qua un'altro articolo che mostra che le sue conoscenze non si limitavano agli aerei solamente, è legato al precedente sulla moneta.

UFO E NUMISMATICA

web.tiscalinet.it/Giada/ufonum.htm

Capelli d'Angelo

ufoonline.altervista.org/angelo.htm



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13/12/2011 02:19
 
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Interessante che uno dei suoi libri "I velivoli del mistero : i segreti tecnici dei dischi volanti" sia nella biblioteca del Ministero della Difesa della Repubblica Italiana.

catalogo.casd.difesa.it/Auteur.htm?numrec=061176446935820
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13/12/2011 08:04
 
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Trovata una notizia interessante da Ufo Forum del sito www.ufo.it del CISU, dove Giuseppe Stilo da in questa discussione all'utente Zomas la seguente informazione.

www.wikiufo.org/forumita/viewtopic.php?f=3&t=298




Quanto al recupero dell'archivio di Renato Vesco, sarebbe una lunga storia. Io non sono stato fra coloro che lo hanno realizzato, nel 2002, anche se poi mi sono occupato insieme ad altri del suo riordino e dell'eliminazione delle cose ufologicamente non rilevanti.

Dico questo perché in realtà il recupero comportò il trasporto da Genova a Torino di una gran quantità di cose che si trovavano già in un deposito comunale, visto che Vesco non aveva una famiglia sua e che quel materiale non rivestiva interesse economico per eventuali eredi. Ad ogni modo, fra le carte fu rinvenuta una sua nota che disponeva il lascito di tutto quanto d'interesse ufologico al CISU.

E' stata una cosa commovente e non facile sotto vari profili - anche sotto quello umano - districarsi in quelle 200 scatole di cartone piene zeppe, ricostruire un ordine ed un senso in ciò che c'era. Alla fine però abbiamo potuto dire una cosa: non solo l'interessantissimo archivio di un vecchio ufologo non era andato perso, ma esso era stato conservato presso la sede di un'associazione che nei limiti delle sue possibilità pratiche lo ha reso tutto consultabile agli studiosi.

In altri termini: tutti gli aderenti al CISU possono rendersi conto di ciò che è stato recuperato, di che cosa Vesco pensava e di che cosa ha lasciato alla storia dell'ufologia. Nessun interesse economico, nessun possesso privato di quelle carte, nessuno sfruttamento pubblicistico. Solo puro studio: conoscenza per amore della conoscenza.

Di questo il CISU può andare orgoglioso.

Sarebbe bello se altri archivi di studiosi che hanno semplicemente cessato d'interessarsi alla questione - anche senza passare a miglior vita! - fossero individuati, recuperati e gestiti in modo analogo. A vantaggio di tutti.

A proposito: di Renato Vesco anni fa scrissi una biografia ancora non del tutto attendibile, perché basata solo in parte sulle carte recuperate in archivio. La potresti leggere nella rivista interna del CISU "UFO Forum", n. 18, agosto 2001, pp. 33-39, sotto il titolo "Solitudine di un uomo".





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13/12/2011 09:00
 
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Riporto dal primo link di questa pagina tutto l'articolo, perchè c'è anche altro oltre a quello postato da eone [SM=j7569]



LE TEORIE UROLOGICHE E LA VITA DI RENATO VESCO (1924-1999)

La scomparsa di uno dei padri della "teoria terrestre" - nonché di uno dei fondatori dell'ufologia italiana - non ha suscitato reazioni di grande portata da parte della pubblicistica commerciale interessata agli UFO, disattenta alla comprensione delle idee e degli uomini, in specie quando, come nel caso di Renato Vesco, era impossibile farlo aderire ad una specifica "parrocchia".
Non è facile ritlettere sulla figura di Renato Vesco senza avvertire una profonda sofferenza per avere sottovalutato una morte annunciata, morte che è sopravvenuta in un ospedale di Genova il 24 novembre 1999.
Si, perché l'addio di Vesco a questo mondo che non lo capiva e che non apprezzava le sue "certezze" era stato preannunciato da lui stesso qualche mese prima. "Vede sig. Pupilli", confidò nel corso di una conversazione telefonica a uno degli autori, "la mia presenza terrena è legata a quella degli unici due amici che mi sono rimasti, due amici a quattro zampe che rendono meno squallidi questi miei ultimi anni. Quando essi mi lasceranno toglierò anch'io il disturbo!".
Marcello Pupilli ha avuto l'opportunità di cono­scere Vesco alla fine del 1991, quando gli inviò una lettera in cui chiedeva informazioni su un raro fa­scicolo pubblicato nel 1957 dall'ufologo Marcello Giombini. Vesco rispose con inaspettata sollecitudine e disponibilità, dando le informazioni chieste, e da quella prima conversazione epistolare nacque una nutrita corrispondenza che durò tra alti e bassi sino alla fine del 1998 producendo un dossier di qualche centinaio di pagine fittamente dattiloscrit­te.
Renato Vesco è stato un uomo nel quale hanno convissuto due personalità profondamente diverse. che gli provocheranno per tutta la vita conflitti e tribolazioni: una "eroica" e "guerriera', sulla quale a tratti prendeva il sopravvento la seconda, quella da piccolo travet da ufficio. Da una parte il Vesco sicuro di sé, che gira il mondo alla ricerca della verità sugli UFO, ritiene di averla trovata e la difende con una pervicacia intrepida. Dall'altra parte il Vesco solo, introverso, permaloso. Una modesta pensione da ex-impiegato d'ordine con la quale vive in una vecchia casa di Genova, già dimora dei suoi genitori: gravi delusioni da falsi amici e infine, cruccio della sua vita, un mondo ufologico non in grado di capire la grandezza delle sue idee.
La vita personale di Vesco fu segnata da una riser­vatezza estrema: quest'uomo così importante nella storia dell'ufologia italiana non partecipò mai ad un convegno. non tenne una conferenza, rifiutò qualsiasi incontro personale con chi avrebbe voluto confrontarsi con lui.
Quando il CISU, nel 1989, decise di nominarlo so­cio onorario ne fu sinceramente grato, tanto da intervenire con sollecitudine alle molteplici richieste che gli erano formulate sugli argomenti più di­sparati, interventi che costituiscono un notevole patrimonio di documenti inediti negli archivi della nostra associazione. Possiamo dire con cognizione di causa che i rapporti con alcuni membri del CISU rappresentarono quasi l'unico contatto con il mondo esterno che Vesco ebbe negli ultimi anni della sua vita.
In casa sua sono state trovate migliaia di riviste di ogni genere, di appunti e di manoscritti che costi­tuivano un archivio prezioso. che è divenuto un lascito transitato al CISU. Nell'attività frenetica di pubblicista e scrittore, chi legge si trova di fronte a un uomo di una sicurezza assoluta, dotato di una cultura vastissima che abbracciava campi di interesse quali la numismatica, la protostoria, l'aerotecnica, l'aeronautica, la meccanica, e in misura sorprendente per l'Italia degli anni '50-'60 ... gli UFO.
Morta la madre all'inizio degli anni '80 si chiuse in una solitudine totale: non aveva amici, non fre­quentava donne o associazioni (alle quali invece aveva aderito con appassionato interesse negli anni giovanili). Da quando si era rotta la televisione non l'aveva più fatta riparare e le uniche notizie dal mondo esterno gli arrivavano o per radio o tramite visite frequenti presso la Biblioteca Uni­versitaria; non si faceva visitare da un dottore dal 1942. Per ciò che riguarda la propria salute era pro­fondamente fatalista e lui, che sembrava così razionale e scientifico, credeva nei fenomeni paranormali al punto che in una lettera a Pupilli fece strane considerazioni sui presunti poteri telecinetici del medium Demofilo Fidani, delle cui facoltà era assolutamente convinto. Credeva pure nei vaticini delle fattucchiere, tanto da esser convinto che una di queste gli avesse preconizzato la mag­gior parte degli avvenimenti della vita.

Marcello Pupilli




Vesco era nato il 30 agosto 1924 ad Arona. sulla spon­da novarese del Lago Maggiore. Il padre, di tendenze socialiste, era un dipendente delle Ferrovie dello Stato. u suo interesse per le tecnologie aeronautiche fu precocissimo, come testimonia il titolo di studio che conseguì: perito tecnico industriale (sezione ae­rotecnica).
Non era quindi un “ingegnere”, come spesso si è sentito dire e si è letto anche su pubblicazioni specializzate. Durante la Seconda Guerra Mondiale, come pilota, prima di essere trasferito all'Ufficio tecnico della 1° Squadra Aerea partecipò a due combattimenti fra velivoli. Nell'immediato dopoguerra (nel '46) fu richiamato e poi inviato al grande aeroporto di Galatina, in provincia di Lecce, ancora presidiato da un piccolo nucleo di inglesi. Il grado di maggiore, che talvolta accompagna il suo nome. probabilmente lo raggiunse a causa degli avanzamenti automatici che ottengono gli ufficiali della riserva con il semplice trascorrere del tempo. In realtà, infatti, dopo la guerra - secondo quanto da lui stesso affermato - proprio per l'interesse che nutriva per i dischi volanti s'imbarcò su un transatlantico che faceva il giro del mondo, rimanendo parte del per­sonale della sala macchine dal 1956 al 1961.
Successivamente andò a vivere nella casa avita di Genova e s'impiegò (i suoi documenti dicono che la professione era quella di contabile) presso una ditta privata di un lontano parente, sino al pensionamento.
Sulla base della documentazione di­sponibile è possibile affermare con sicurezza che già verso la fine del 1951 si interessava ai dischi volanti. Il primo scritto in cui accenna all'argomento e in cui faceva fin da allora intravedere le proprie convinzioni, è infatti "Nota sui convertoplani e sugli aeroplani aplani" che apparve sul n. 16 del periodico fiorentino di cose aviatorie "L'Ala" del 15 novembre di quell'anno. Tuttavia, in una missiva indirizzata nel 1993 a Marcello Pupilli, Vesco scrisse al riguardo che egli aveva rivolto la propria attenzione all'argomento già "quaranta giorni dopo il fatidico 24 giugno 1947, quando lessi il primo servizio-stampa ripreso da fonti americane".
Pare confermato che Vesco avesse con­cepito idee allora d'avanguardia sulla propulsione aeronautica fin da giovanissimo. Nel suo colossale ma caotico archivio sono stati recuperati ritagli risalenti anche al 1930 su ogni sorta di tecnologia, con particolare riguardo a quelle aviatorie. In uno dei suoi primi articoli sugli UFO ("I dischi volanti anglo-canadesi: come sono"), uscito sul periodico milanese "Ali" del 28 giugno 1953. a p. 211 scriveva che gli studi su quella che chiamava "portanza reattiva' e su alcuni dispositivi da essi derivati li aveva sviluppati addirittura fra il 1942 ed il 1947. E proprio in conformità a queste esperienze giovanili che poi Vesco avvierà il processo che doveva condurre all'idea delle "armi segrete in­glesi costruite in Canada'.
In particolare, oggi è possibile affermare che Ve­sco maturò in maniera definitiva le pro­prie incrollabili idee sull'origine del fenomeno UFO nel corso del 1952 (probabilmente tra l'estate e l'autunno), e che le perfezionò nel '53-'54. Per il 1952 esistono solo due fonti scritte che riguardano Vesco: sono decisi­ve, però. per intuire che cosa, sulla base di una serie di influenze da parte di altri autori, egli dovette inferire.
Su "Ali", un periodico di cose aviatorie che si pubblicava a Milano. Vesco pub­blicò un primo articolo in cui accennava ai dischi volanti, ed il cui titolo non lasciava ombre di dubbio. Si intito­lava “Macchine volanti dell'avvenire”, ed apparve il 18 febbraio 1952 sul n. 6 della rivista, a p.73. Non era, in maniera diretta, dedicata ai "dischi". Anzi, l'autore non ne parlava quasi per nulla. Si occupava invece degli "aeromobili aplani", e delle prestazioni che, a suo avvi­so, ben presto avrebbero assicurato. Nel suo secondo libro, "I velivoli del mistero', che uscirà nel 1969, prima di approdare a ciò che definiva la scoperta del "vero progetto" che a suo avvi­so costituì il progenitore dei dischi vo­lanti inglesi costruiti in Canada, Vesco si intratteneva a lungo con concetti e notizie per le quali egli fu più volte tributario, divulgate negli anni fra il 1946 ed il 1952 dal giornalista e corrispon­dente di guerra Luigi Romersa, ma an­che da altri personaggi compartecipi della prima fase dell'edificazione, fra l'aprile 1950 e la primavera 1952, del mito degli "UFO nazisti", quali il ferrarese Lino Saglioni e soprattutto dal torinese Alberto Fenoglio, oltre che dal ben più sobrio e qualificato Giuseppe Belluzzo. Si noti, a proposito dei suoi ispiratori, che in una lettera inviata nel 1993 a Pupilli, Vesco nominava soltanto ingegneri aeronautici o termotecnici. In realtà, da un esame attento delle citazioni fatte, Giuseppe Stilo ha constatato che in pa­recchie occasioni Vesco non disprezzava di utilizzare fonti di tipo non acca­demico ma che sono proprio, spesso, quelle che contenevano gli spunti più propriamente "ufologici '. Riferiva comunque Vesco:

L'ipotesi terrestre mi venne suggerita dalla previa conoscenza della que­stione dei “proiettili slittanti" propo­sti dal Sarracino, dal Montezemolo (1) e riconfermati da un colloquio con il prof. Belluzzo.

Del prof. Belluzzo e del suo ruolo nel corso del 1950-51 per la nascita del mito dei "dischi dell'asse", Giuseppe Stilo si è occupato nel libro “Scrutate i cieli!”, UPIAR 2000, pp. 42-51.
In effetti, oggi è forse possibile ipotizzare che in una certa misura. oltre che alle fonti succitate ed a numerose altre a cui accenneremo più avanti, vi sia stata una componente per così dire "casuale' nel consolidamento delle idee veschiane. Sembra infatti certo che Vesco pensasse ad ordigni discoidali prima dell'esplosione del fenomeno UFO, nel­l'estate del 1947.
Nel suo nuovo libro, dedicato all'anno 1952 ed intitolato" Ultimatum alla Terra", Stilo esplora, nell'occuparsi della genesi delle teorie dell'aerotecnico, quella legata alla pubblicistica italiana degli anni 1946-52 sulle armi segrete naziste. Un punto sul quale qui si vuole maggiormente porre l'accento è quello relativo a ciò che Vesco fece negli anni fra la Seconda Guerra Mondiale e l'attecchire del fenomeno dischi in Italia, e che, per un motivo o per un altro, egli pare ritenesse il periodo dell'intuizione di quella che poi chia­merà "aviazione nuova'. Per sostenere questa linea di pensiero si dispone di almeno due documenti. u primo è una lettera del 24 novembre 1952 che Vesco indirizzò addirittura al capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare degli Stati Uniti, generale di squadra aerea Hoyt S. Vandenberg. Vesco diceva di aver già scritto "tempo prima" all'ATIC, nel cui ambito, com'è noto, operava il Project Blue Book, ma di non aver avuto nessuna risposta, e di essersi perciò rivolto direttamente al­l'alto ufficiale perché "in grado di for­nirvi alcuni dati atti a svelare il mistero' dei dischi.
Vesco dunque scriveva di aver condot­to sin dalla primavera del 1942 studi sui roto-reattori per aeromobili senz'ali, siluriformi e discoidali con caratteristiche "perfettamente analoghe" a quelle dei "piatti volanti", e rendeva noto di aver anche costruito, nel '49, un piccolissimo modello poi andato distrutto, che a suo avviso spiegava perfetta­mente le foto delle "luci di Lubbock" (un altro caso che svolse un ruolo notevolissimo, nella formazione della teoria veschiana). Dopo uno schema in tal senso, faceva balenare l'idea dell'origine inglese (in fabbriche canadesi) dei misteriosi corpi. Avendo redatto "un dettagliato rapporto' in merito, chiedeva a Vandenberg che gli fosse telegrafato per chiederglielo, e addirittura avanzava l'ipotesi di una trattativa per la cessione dei diritti di costruzione! In caso di mancata risposta si sarebbe rivolto "ad altro governo". Interessante è pure la netta presa di distanza dai modelli di "disco terrestre" fino allora proposti e che prevedevano "turboreattori annegati nello spessore del bordo rotante', che lo studioso definiva "soluzione caratteristica di tutte le mistificazioni discoidali".
Neppure gli endoreattori a razzo lo soddisfacevano: riteneva efficace soltanto la "roto­reazione". Per quanto noto dagli archivi del "Blue Book" (da cui proviene la copia della lettera), la richiesta dì Vesco non ebbe alcuna risposta.
Un secondo documento è costituito da un articolo ("I dischi volanti anglo-canadesi come sono") che Vesco pubblicò il 28 giugno 1953 su "Ali" (p. 211). In esso, lo studioso concludeva che le "luci dì Lubbock" rappresentavano uno stormo sperimentale dì 30-40 "dischi", ma soprattutto spiegava che fra il 1942 ed il '47 aveva effettuato "studi teorici sulla portanza reattiva e dispositivi derivati", e che aveva poi sperimentato una serie dì modellini, fa cui uno metallico pesante 25 kg, del diametro dì 75 cm. in grado dì usare combustibili liquidi e del quale campeggiava una foto al suolo. Tale modello, poi rimasto "avariato' era probabilmente lo stesso cui aveva riferito nella lettera a Vandenberg. Vesco concludeva dì non aver dì proposito pubblicato foto del modello in volo durante il collaudo, perché esso poteva sostare in aria a piccola altezza, cosa che avrebbe "chiaramente indicato il sistema motopropulsore adottato". Insomma, nella tarda primavera del 1953 il sistema ideale dì Vesco era già entra­to in una prima fase dì cristallizzazione. La presentazione più prestigiosa l'ae­rotecnico la ebbe proprio in quel periodo, con il lungo saggio in due partì "Sguardo Critico ai Dischi Volanti", uscito sulla "Rivista Aeronautica", mensile dell'Aeronautica Militare Ita­liana, nei numeri 125 dì maggio e 126 dì giugno '53 (2).<
Muovendo da una serie dì notizie e d'indiscrezioni sull'industria aeronautica britannica circolate nel 1946, alle quali poi spesso sì richiamerà in futuro, Vesco le collegava alle dichiarazioni rese nel marzo 1950 da Giuseppe Belluzzo, a quel poco che sapeva su quanto sì stava progettando presso la Av. Roe canadese (che presto però espungerà dal­la linea genealogica dei "suoi" dischi) e soprattutto a notizie, considerazioni e ipotesi che in realtà derivavano da un complesso intreccio che solo ora, almeno in parte, è possibile smontare pez­zo per pezzo.
In primo luogo, alcune cose proveni­vano da quanto Luigi Romersa, un giornalista repubblichino aveva divulgato, a partire dall'estate 1946, per discolpar­si dalle accuse di collaborazionismo, circa l'esistenza nell'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale dì armi segrete tedesche mirabolanti (inclusi alcuni esemplari dì una primitiva bomba atomica!). E' così', ad esempio, per l'impiego in combattimento dell'aereo raz­zo denominato Bachem Ba 439 A "Natter", dì "bombe volanti a forma dì falce", ecc. Tutti elementi che -per quanto è noto privi dì riscontro nella vasta letteratura scientifica sulle tecnologie mìlìtari naziste- diverranno elementi della costellazione veschiana. Eppure, c'è una fonte che precede le cose scritte a partire dal 1952 (fra gli altri) da Romersa e Vesco circa la pre­sunta azione operativa da parte del "Natter". Essa è (e sì tratta dì una presenza costante, come sì vedrà fra breve) costituita da un articolo dell'appassionato dì tecnologie missilistiche e ae­ronautiche Alberto Fenoglio. La notizia dì cui il piemontese fu probabilmente il "padre', apparve in un articolo pubblicato dal più volte citato pe­riodico milanese "Ali", ed era preceduta da un interessantissimo articolo dì Dario Armavi intitolato "Il primo uomo lanciato in un razzo". Uscì sul n. 18 del 21 maggio '52 della rivista in discorso. Sì parlava ampiamente del volo del tenente della Luftwaffe Lothar Sìeber, morto il 1° marzo 1945 cadendo con la sua “Vipera". C'è anche una foto del collaudatore, della sua tomba e del ve­livolo che egli utilizzò. Ebbene, questo articolo dì Armanì, che figurava a pagina 25 era seguìto nelle due facciate successive dallo scritto dì Alberto Fenoglio. Sì chiamava “La vipera da intercettazione”.
Non è possibile, in realtà, in questa sede, ricostruire il quadro dettagliato delle sorgenti a cui spesso Vesco attin­se in quegli anni. Esse però conducono spesso ad alcuni autori italiani dal­l'attendibilità almeno dubbia e in primo luogo ad Alberto Fenoglio, che rielaborò nel 1951 le cose affermate la pri­mavera dell'anno precedente dal prof. Belluzzo e da un preteso ex militare al servizio degli inglesi, Lino Saglioni, dì Dosso dì Cento (Ferrara). Fenoglio sì fece avanti affermando per primo, prima di Vesco, in maniera apodittica la teoria di un'origine inglese dei dischi volanti, costruiti in Canada sulla base di esperimenti italiani e poi tedeschi del periodo 1942-45. Ci sono poi le cose scritte fin dall'au­tunno 1947 da Luigi Romersa, in specie sulle "bombe a falce" (Flugschnìttel) che Vesco -anche stavolta attraverso le rielaborazioni dì Fenoglio- vedrà come uno dei progetti predecessori dei "veri" dischi anglo-canadesi, e soprattutto del modello principale che ad essi avrebbe condotto e che Vesco chiamerà Kugelblitz. Senza neanche stavolta citare la sua fonte, alle "Flugschnìttel" per la prima volta nel maggio 1953 su "Rivista Aeronautica' n. 125 attribuirà l'abbat­timento, che sarebbe avvenuto nel­l'aprile 1945, dì 12 quadrimotori anglo­sassoni (egli parlò, ad esser più precisi, dì "un caccia emisferico tedesco").
La vicenda, stavolta senza essere datata, fu ripresa da Vesco nel suo primo libro (Intercettateli senza sparare, Mursìa, Milano, 1968, p. 143), dove sì spiegava che le vittime dell'attacco erano state velivoli americani) e accompagnata da una ancor più clamorosa informazione (pp. 142-3) secondo la quale "un diplo­matico francese dì sentimenti degaullì­stì residente in Svizzera" aveva segna­lato in una relazione - poi intercettata e decrittata da agenti del Servizio Infor­mazioni Difesa della Repubblica Socia­le Italiana - che fra la fine dì marzo e ì primi dì aprile del '45 sui cieli del Wutttemberg, nel sud - ovest della Germa­nia, un caccia rotondo tedesco avreb­be accostato un gruppo dì "Lìberator" emettendo nuvolette dì fumo azzurro­gnolo cui sarebbe seguìta l'esplosione degli aerei. Neanche stavolta Vesco citò la fonte primaria delle sue informazio­ni, cioè dove fossero ì documenti che luì citava.
Rimane aperto un problema storiogra­fico fondamentale, e cioè quali fossero le fonti primarie dei nomi "Feuerball" e (soprattutto) "Kugelblìtz" che Vesco attribuisce agli ordigni nazisti che ritene­va "padri" dei dischi volanti inglesi. Il problema è reso assai complesso dal fatto che ì termini furono davvero più volte usati dai nazisti per loro tecnolo­gie militari.
I riferimenti più attendibili all'utilizzo del­la parola "Kugelblìtz" riportano sempre all'ambìto della difesa antiaerea, e ciò può darsi fosse all'origine, almeno in parte, delle storie sui mirabolanti abbat­timenti dì cui sì è parlato. "Kugelblìtz", ad esempio. fu denominata una spolet­ta dì prossimità destinata ad equipag­giare il missile antiaereo radìoguìdato a medio raggio Rheìnmetall-Borsig "Rheìntochter'. Lo sì desume da docu­menti inglesi resi pubblici nel 1946. Iden­tico il nome dì un semovente antiaereo basato sullo scafo del carro armato "Panzer IV". Ne furono prodotti, a quan­to pare, solo da due a cinque, conse­gnati nel febbraio 1945. Alcune fonti affermano che essi furono impiegati in aprile nella difesa dì Berlino, e che an­darono tutti distrutti. Lo studioso francese Joseph Altaìrac nel suo fondamentale lavoro sulla leg­genda dei dischi nazisti, "Un mythe technologìque: la légende du V7", in "Scìentìfictìons", n. 1-2, 1997. a p. 90 scrive che in certi articoli della fine degli anni '50 si trova menzione del "Feuerball" e che in un racconto di fan­tascienza francese del 1962, "Les semeurs de foudre", di Henri Vemes, si raccontava di un gruppo nazista in Amazzonia che possedeva un'arma se­greta: un ordigno volante sferico de­nominato "Sphère à foudre", cioè l'equivalente francese del termine te­desco "Kugelblitz". Da dove nacque questa fantasia dello scrittore france­se?
Per comprendere, almeno sul piano cro­nologico, quando Vesco "identifico' i due ordigni come i modelli su cui si sa­rebbero basati gli inglesi per i "loro" dischi, occorre leggere con cura una serie di cinque articoli che Vesco, su richiesta della stessa direzione di quel settimanale, pubblicò fra il maggio ed il giugno del 1963 sulla milanese "Setti­mana INCOM Illustrata". In una sua let­tera del 14 marzo 1993 a Marcello Pupil­li Vesco spiegò che dopo aver letto "av­vampando di sdegno" la celebre serie di articoli sugli UFO pubblicati su quel­la rivista dal giornalista Bruno Ghibaudi, scrisse una circostanziata lettera alla "posta dei lettori", e per tutta risposta la direzione lo invitò "a stendere rapi­damente una serie di articoli sulla que­stione UFO in base alle mie deduzioni”. Fu così che fu prodotta la serie pubbli­cata da "Settimana INCOM Illustrata".

Eccone gli estremi precisi:

1 ° puntata: n. 21 del 26 maggio 1963 - I piloti dei dischi volanti sono uomini, non marziani, pp. 30-34;

2° puntata: n. 22 del 2 giugno 1963 - I "fulmini tondi", micidiali antenati dei Di­schi volanti, pp. 48-51;

3° puntata: n. 23 del 9 giugno 1963 - Un volo senza carburante a settemila chi­lometri l'ora, pp. 36-39;

4° puntata: n. 24 del 16 giugno 1963 - Una gigantesca medusa inseguiva il quadrimotore, pp. 56-58;

5° puntata: n. 25 del 23 giugno 1963 - Dalla Terra, ogni sei mesi, qualcuno de­colla per Marte, pp. 48-51.

In sostanza, questa serie rappresenta una sintesi assai precisa della definitiva trilogia ubraria che l'aerotecnico darà alle stampe fra il 1968 ed il 1972.
La puntata forse più rilevante della se­rie è la seconda. Dopo aver riferito del grande flap americano del '52, Vesco riprendeva la testimonianza di "un in­formatore francese" che "verso la fine di aprile del '45" avrebbe assistito al­l'attacco, da parte di "un caccia roton­do, privo di ali e di timoni" di alcuni "Liberator' diretti verso la Baviera, che sarebbero esplosi dopo l'emissione da parte del "caccia rotondo" di "nuvolet­te di fumo azzurrognolo". Sarebbe stata questa relazione a contenere anche accenni a "bombe antiaeree al grisou" sperimentate dai tedeschi sul lago di Garda contro un'altra formazione di "for­tezze volanti" alleate e con esito identi­co a quello del caso sopra descritto. "Questi documenti - scriveva Vesco - furono intercettati dagli agenti del ser­vizio informazioni della RSI e finirono successivamente in piano agli ingle­si '.
Sempre i servizi segreti inglesi, "verso la fine della guerra" sarebbero entrati in possesso del resoconto concernen­te la prova fatta con una di queste armi "dopo aver indagato sulla inesplicabi­le scomparsa di un gruppo di dodici quadrimotori nel cielo della Germania: erano stati annientati in volo da una strana macchina volante di forma emi­sferica o, comunque, di pianta circola­re, che li aveva attaccati a velocità fan­tastica distruggendoli in pochi secon­di". Dopo la capitolazione tedesca in mano agli inglesi cadde anche la docu­mentazione riguardante "gli aeromobili circolari antiradar Feuerball" con cui, insieme a "quello straordinario caccia dalla strana forma tondeggiante che sparava nubecole di gas esplosivi" sa­rebbe iniziata "la vera storia dei dischi volanti".
Esso sarebbe stato appunto il "Kugelblitz", il "primo" dei quali sarebbe sta­to "distrutto dai reparti tecnici delle SS in ritirata, dopo la sua sensazionale ma unica missione" (cioè la distruzione dei dodici quadrimotori cui si è accen­nato sopra). Ciò che è da sottolineare, è che per la prima volta (per quanto risulta a chi scri­ve), in essi Vesco identificò nei miste­riosi "Feuerball" e soprattutto nel "Kugelblitz" gli antesignani diretti dei di­schi volanti inglesi.
Eppure - si ripete come ha rilevato Joseph Altairac, a cinquantasei anni dalla fine della Seconda Guerra Mon­diale nessun documento alleato o te­desco che parli di queste macchine è stato possibile individuare nella pur vasta pubblicistica che con fini divul­gativi o più propriamente tecnici si è occupata degli innumerevoli progetti ri­voluzionari che i tecnologi tedeschi sta­vano progettando verso la fine della conflagrazione.
Interrogato per iscritto dal massimo stu­dioso italiano del mito dei dischi nazi­sti, Maurizio Verga, Vesco rispose che la fonte primaria di alcune sue informa­zioni (ad esempio quella sulla storia della distruzione della formazione di quadri­motori alleati, che tanto sopra si è chio­sata) era costituita dai rapporti redatti nel 1945 dal "Combined Intelligence
Objectives Sub-Committee" (C.I.O.S.) britannico, ma che ormai non era pur­troppo in grado di produrne copia. per­ché a suo tempo aveva potuto consul­tarli ma non trattenerli. Dalle carte di Vesco recuperate dal CISU, a un esame ancora parziale non è stato possibile individuare alcun riferimento documen­tale a quanto sopra. Gli storici dell'ufologia. per chiarire dav­vero sino in fondo i contorni di queste vicende, dovrebbero leggere con cura i rapporti C.I.O.S. Sono carte declassificate dal Ministero della Difesa britan­nico da lungo tempo, e giacciono negli archivi londinesi. La loro riproduzione, che è all'esame da parte di Maurizio Ver­ga, sarebbe fatta se si sapesse con mag­gior esattezza che cosa, di quegli incar­tamenti, è di maggior rilievo per i nostri studi. I costi di fotocopiatura, infatti, non consentono di procedere alla cie­ca, in maniera sistematica.
Un dato interessante è che Vesco, nel corso degli anni '50 e comunque entro l'inizio del decennio successivo, ave­va già sviluppato in maniera completa buona parte degli elementi costitutivi del suo sistema ideologico. Dunque è da ritenersi - in mancanza di indagini storiografiche degne di questo nome - che esse erano già state elaborate com­piutamente assai prima della sua cele­bre trilogia libraria, quella pubblicata fra il 1968 ed il 1972.
Nell'estate del 1956, ad esempio, Vesco dimostrava con un primo esempio come egli fosse tributa­rio, seppur alla luce della sua particola­rissima interpretazione, di tanti elemen­ti della costellazione ufologica del tem­po, e come del modo di concepire il fe­nomeno di quegli anni egli fosse pro­fondamente figlio. Sul numero di luglio di quell'anno della rivista romana "Volo" pubblicò infatti l'articolo `Tut­ta colpa dell'Inghilterra", in cui, ripe­tendo un'aspettativa assai diffusa nel­la pubblicistica ufologica del momento e che traeva origine dalle prime versio­ni dell'ETH, quelle cristallizzatesi nei pri­missimi mesi del 1950, sosteneva che i dischi volanti sin dal 1947 apparivano con un ciclo di intensità più o meno biennale e che c'era da aspettarsi una nuova ondata pure sull'Italia per l'au­tunno successivo. Non si diceva anco­ra in maniera esplicita quel che poi Ve­sco sosterrà in scritti successivi, e cioè che gli inglesi avevano già compiuto missioni spaiali con destinazione la Luna e... Marte, ma gli elementi appor­tati dal genovese andavano tutti in quella direzione. Seppur in sintesi, Vesco ribadirà la sua aspettativa in un'immi­nente nuova ondata legata al "ciclo mar­ziano" anche con una lettera a "L'Europeo". pubblicata sul numero del 1° luglio.
Sempre nel pezzo scritto per “Volo" Vesco accennava ad un altro elemento ti­picamente ufologico che però per lui diverrà rapidamente architrave di un complesso sistema. Le piogge di "capelli d'angelo" verifi­catesi durante l'ondata dell'autunno di due anni prima non erano altro che "un combustibile sintetico 'impoveritosi' di volatile collodio agglomerante durante la sua caduta atmosferica". Insomma, parte degli "scappamenti" dei dischi volanti che gli inglesi costruivano in Canada!
Si è già detto della grande importanza storiografica della serie che l'aerotec­nico scrisse per "Settimana INCOM Il­lustrata" nella tarda primavera del 1963. Dopo le prime due puntate, che si sono già ampiamente commentate, in effetti le restanti tre in questa sede presenta­no minore importanza. Eppure, nell'ul­tima di esse, quella del 23 giugno, Ve­sco parlava a lungo del "ciclo marzia­no" per concludere in maniera chiara che almeno dalla metà degli anni '50 i dischi volanti inglesi avevano compiu­to missioni fino al pianeta rosso.
Si ritiene che quanto detto finora sia importante per interpretare in qualche modo il pensiero ufologico di Renato Vesco. Nel corso del 1951-52 costui, ap­passionato di aerotecnica, maturò una convinzione incrollabile, interpretando soprattutto le notizie e le dicerie che circolavano sulle tecnologie aeronautiche tedesche della fine della Seconda Guerra Mondiale e alcune indiscrezioni di fonte inglese in specie del 1946-47. L'esplosione del fenomeno dischi vo­lanti gli parve confermare alcune intui­zioni di aerodinamica cui aveva lavora­to da giovanissimo, forse già dal 1942. Rapidamente giunse a ricostruire una "genealogia' dei "veri" dischi volanti, elaborando in maniera assai complessa (e operando scelte ben precise) in un altro sotto-mito ufologico che allora si stava cristallizzando, e cioè quello dei "dischi volanti nazisti". Arrivò (secon­do le fonti di cui disponiamo) a identifi­care nei primi anni '60 i "progenitori" dei dischi inglesi (che per lui erano se­gretamente costruiti in serie in Canada fin dal '46) in due presunti prototipi nazisti del 1945, il "Kugelblitz" ed il "Feuerball". Mentre su altre linee se­guite da Vesco nella costruzione del suo sistema le cose appaiono meno oscure, su questo punto cruciale (sulle fonti cioè da cui Vesco avrebbe tratto la co­noscenza dei prototipi) non risulta si sia riusciti a far chiarezza.
Raccogliendo una vasta letteratura tecnica, come spiegò in una sua lettera a Marcello Pupilli, concepì fin da data re­mota il piano di sistemazione delle sue idee in una serie di libri “L'idea -scrive­va - mi venne nel '54 (al tempo della famosa “ondata autunnale") ma la misi in pratica, molto lentamente... solo nel '66, alla casa editrice Mursia. dopo aver letto il libro di James Mc Govem 'Operazione Crossbow e Overcast' nel­la collana 'Testimonianze tra cronaca e storia', e nell'ambito della quale fu poi pubblicata la mia trilogia. I titoli li pro­posi io..."
Ed è forse questo il punto più adatto per aprire una breve riflessione critica su quello che da alcuni studiosi di ufo­logia (ad esempio da Edoardo Russo, che riconosce per certi versi un debito ideale allo scrittore genovese) è stato quasi visto come un atteggiamento "ra­zionalistico" di Vesco in campo ufologico. Tale posizione veschiana in effet­ti potrebbe esser documentata rifacen­dosi ad interventi su almeno due argo­menti diversi.
Sul numero 54 di luglio-agosto 1973 del bimestrale "Pianeta" Vesco pubblicò un articolo di 31 pagine intitolato "Ufolo­gia, gaia scienza" nel quale, oltre a di­mostrare notevolissime conoscenze della letteratura e del mondo del contattismo, ridicolizzava i discorsi degli ambienti cultisti a cominciare da Adamski, senza trascurare la questio­ne del "trapianto" europeo ed italiano dell'ideologia contattistica. Non man­cavano riflessioni critiche sulla "teolo­gia degli UFO", come Vesco chiamava le digressioni extraterrestrialiste di al­cuni religiosi (che invece in genere ave­vano trovato accoglienze favorevoli fra gli appassionati), sui presunti aspetti ufologici delle visioni religiose di Fati­ma, e così via. Sulla base della lettera­tura a sua disposizione, il fatto che l'am­biente culturale cui il contattiamo clas­sico si riferiva, quello statunitense de­gli anni '50, fosse già allora del tutto scomparso, gli faceva concludere che il fenomeno era entrato ormai in una crisi irreversibile.
E' del tutto evidente che il contattismo ha da allora assunto altre forme ed altre vesti, eppure, con la coscienza storio­grafica odierna, non si può negare che alcune linee ricostruttive espresse da Vesco in questo saggio possano con­siderarsi, seppur talora appena abboz­zate, ancora valide. Un altro punto di un certo interesse è rappresentato dalla capacità che Vesco dimostrò almeno in un'occasione rilevante, di eliminare senza particolari problemi segnalazioni ufologiche che erano con ogni evidenza dovute a cause convenzionali e che invece la pubblici­stica ufologica del tempo cercava di at­tribuire a chissà quali velivoli misteriosi o in maniera franca agli extraterrestri. Nel settembre-ottobre del 1971 l'Italia e soprattutto l'allora Jugoslavia furono interessate ad osservazioni di massa di strani corpi volanti poligonali che era­no in realtà palloni stratosferici di gran­di dimensioni. Mentre altri discettava­no di possibili "astronavi madri" in mis­sione, su "Clypeus" n. 46 del marzo 1972 Vesco scrisse un articolo intitola­to "Dalla Jugoslavia: gli UFO e la Cia" in cui metteva ancora una volta alla ber­lina i "credenti" mostrando le caratteri­stiche dei palloni coinvolti nell'ondata e definendo quanto visto tempo prima "O.V.N.I.D.U.", ossia "oggetti volanti non identificati... dagli ufologi". Quasi contemporaneamente, su "Pianeta" n. 45 di marzo-aprile Vesco sparava a zero sulle osservazioni di dischi volanti pre­1946, sostenendo che buona parte dei resoconti invocati dagli appassionati per sostenere la presenza degli UFO nel passato remoto erano generati da let­ture ingenue e afilologiche di descrizioni di fenomeni meteorologici, geofi­sici e astronomici.
Non è da stupirsi dunque che, in qualche modo, scritti come quelli riassunti debbano considerarsi quali degli antecedenti piuttosto remoti di punti di for­za della critica alle più ingenue delle posizioni dei "credenti": la separazione netta e il congedo senza rimpianti fra le storie di "contatti" con entità extraterrestri di vario genere e la fenomenolo­gia UFO e il sorgere di una capacità critica sulla casistica e sulle categorie IFO.
Però il "razionalismo" veschiano, a ben vedere, non pare frutto di una scelta consapevole, quanto piuttosto l'esito di una serie di fatti contingenti - sui quali, certo, aveva ragione - ma funzionali alla solidificazione di un sistema di credenze del tutto ellittico rispetto alle linee evolutive del pensiero ufologico critico attuale.
Vesco diceva sì che certi casi non erano dovuti a "navi madri degli extrater­restri", ma a palloni sonda, ma senza dimenticare che per lui con i dischi volanti gli inglesi andavano sulla Luna ... dal 1951.
Dall'ufologia italiana Vesco ricevette un silenzio che sottendeva da un lato il di­sappunto per il netto rifiuto dell'ETH, fatto allora più unico che raro nel no­stro paese, dall'altro, forse, l'imbarazzo per la gran quantità di argomentazioni tecniche che il genovese apportava e che ciascuno potrà agevolmente con­frontare con il quadro in genere modestissimo della produzione degli appassionati italiani precedente il 1973. Si conoscono soltanto un paio di recensioni, qualche critica poi ripresa in varie forme e nient'altro (3). Non è da dubitare che questo sostanziale isolamento, non disgiunto dalla psicologia particolare dell'uomo, abbia nel tempo contri­buito al delinearsi dell'atteggiamento misantropo da parte di Vesco. Quella che si riproduce in quest'articolo è la sua prima foto pubblicata. Non si han­no nemmeno presenti ufologi che lo abbiano mai incontrato di persona. Un'eccezione degna di rilievo fu rap­presentata da Pier Luigi Sani. Prima che l'ultimo elemento della triade libraria fosse reso noto. Sani elaborò il saggio I "dischi volanti " di Renato Vesco, una rassegna critica dei primi due lavori di Vesco che poi pubblicò sul n. 47 del settembre-ottobre 1972 del bollettino del CUN. "Notiziario UFO".
Sani ammetteva di non essere in grado di valutare a fondo le argomentazioni specificamente aerotecniche di Vesco. La mancanza di un tentativo di ricostru­zione dettagliata delle fonti e dei percorsi seguiti dallo studioso nell'edificazione della sua fede nei "dischi" in­glesi fu una delle mancanze più gravi nel rapporto che l'ambiente ufologico instaurò con lo scrittore. A proposito, il tentativo - parziale e da proseguire - più ampio che sia stato fatto finora è senz'altro quello del secondo degli autori di questa biografia. che se ne occupa nel suo prossimo "Ultimatum alla Terra" (UPIAR, 2000).
Sani si concentrava dunque per forza sulle critiche più propriamente "ufologiche ai ragionamenti veschiani. Dopo aver stigmatizzato il disprezzo a volte non troppo celato che lo scrittore nutriva per i sostenitori dell'ETH, si chiedeva perché gli inglesi non avessero mai fatto ricorso ai dischi volanti nei conflitti e nelle crisi internazionali successive alla Seconda Guerra Mon­diale, e come avessero fatto a tenere il segreto di questa tecnologia per (allora!) venticinque anni. Gli UFO erano inoltre stati osservati in tutto il mondo, anche sull'allora blocco sovietico, in spregio ad ogni necessaria prudenza per un tale segreto militare. E come mai nessun altro studioso di ufologia nel mondo aveva raggiunto conclusioni analoghe a quelle di Vesco? Particolar­mente grave apparivano poi a Sani la volontà di Vesco di negare qualsiasi rilevanza di studio alle osservazioni UFO precedenti la fine della Seconda Guerra Mondiale e il completo disinteresse e sprezzo per gli incontri ravvicinati del terzo tipo, che persino Vesco (tranne qualche rara eccezione) non si sentiva di attribuire a ... equipaggi inglesi.
Come già detto, in linea di principio i rapporti di Vesco con il mondo ufologi­co furono piuttosto scarsi, e comun­que non certo concordi. Un'eccezione è senz'altro rappresentata dal legame di collaborazione che fra il 1970 ed il 1973 ebbe con la rivista torinese "Clypeus" di Gianni Settimo e con il bimestrale "Pianeta'. Di fatto, se si ricostruisce in maniera sistematica la bibliografia veschiana, ci si rende conto con facilità che essa può essere suddi­visa in alcune fasi, in un paio delle quali si concentrò gran parte degli scritti ufo­logici del nostro. Per inciso, circa l'estensione quantitativa dei suoi lavori, in una missiva a Marcello Pupilli Vesco precisava che "...sono molti (non li ho mai contati; saranno un centinaio, o poco più) brevi, medi o lunghi articoli su quotidiani, settimanali tecnici e rivi­ste varie, relativi a questioni di caratte­re aeronautico. Astronautico, storico e numismatico (e ovviamente, anche ufologico ifologico)".
Dunque, visto che finora a quanto ri­sulta si è riusciti a risalire a poco più di cinquanta scritti, è chiaro a sufficienza che un certo numero di cose veschiane - anche se presumibilmente spesso del tutto estranee alla sua attività di ufolo­go, non sono state ancora individua­te e catalogate dagli studiosi. Comunque, per tornare alle possibili suddivisioni della sua attività pubblici­stica, la prima fase si protrasse dal 1951 al 1957, ed essa può esser definita come quella della “nascita” e della "cristallizzazione" della teoria dei dischi volanti inglesi; la seconda, successiva all'im­barco su navi mercantili e ad una permanenza negli Stati Uniti, è in sostanza segnata dall'importante serie di articoli uscita su "Settimana INCOM” nel 1963, serie che sta a dimostrare come in quel momento Vesco avesse già delineato gran parte dell'intelaiatura che poi amplierà in maniera quasi patologica nella trilogia libraria che vedrà la luce fra il 1968 ed il 1972. Questa terza fase è in parte concomitante ad una quarta, os­sia a quella in cui, fra il '70 ed il '73, Vesco intensificò di nuovi gli interventi a difesa delle proprie convinzioni.
Dalla metà degli anni '70 si assistette ad un rapido declino della produzione ufologica veschiana. Tristi vicende per­sonali che nulla aggiungerebbero alla comprensione del suo pensiero ufolo­gico contribuirono alla sostanziale usci­ta di scena di quest'uomo. Eppure. dal­la fine degli anni '80 Vesco intrecciò la già rammentata. copiosa corrisponden­za con alcuni membri del CISU, dapprima con Marcello Pupilli e poi con Roberto Raffaelli. Si tratta di un aspetto della produzione intellettuale di quest'uomo che va raffrontata, per inquadrarla meglio, con le peculiarità dell'in­dividuo. Con l'archivio di Vesco è stata recuperata un'enorme quantità di periodici e di ritagli di giornale che Vesco aveva l'abitudine di chiosare con commenti spesso minuziosissimi. anche vergati a latere dei ritagli stessi. Molti altri dattiloscritti non sono stati ancora esaminati con cura, e in specie quello in più tronconi e purtroppo frammentario, concernente la ricostruzione di ciò che sarebbe dovuto diventare il suo quarto libro. "Luna Britannica", i cui "resti" ora, insieme alle fonti utiliz­zate. sono conservati dal CISU. Vesco completò in realtà soltanto sei capitoli su dieci previsti da scrivere, poi. preso dallo sconforto per la mancata accettazione da parte della comunità ufologica della sua teoria scaraventò tutto nel ce­stino.
Vesco comunque realizzò il progetto di una compiuta presentazione delle sue teorie solo a cavallo tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. Presso le edizioni Mursia di Milano uscirono in­fatti nel '68 "Intercettateli senza spara­re. La vera storia dei dischi volanti", nel '69 "I velivoli del mistero. I segreti tec­nici dei dischi volanti" e infine. nel '72. "Operazione Plenilunio. I voli spaziali dei dischi volanti", tre volumi sempre più corposi. per un totale di quasi 1300 pagine accompagnate da un gran nu­mero di illustrazioni fuori testo e da un apparato di note spinto quasi ai limiti del patologico (alcune, stampate in cor­po tipografico 8, sono lunghe anche dieci pagine).
Per rendersi conto di quanto Vesco rien­trasse sotto molti profili in un quadro teorico "tradizionale", basterà leggere la parte del volume del 1969, che si estende dalla p. 182 alla 240. dedicata ai "capelli d'angelo'. Egli ragionava da molti punti di vista come uno studioso di ufologia "serio' che, con un approc­cio eminentemente tecnico, cercava di attaccare il problema UFO. Certo nelle storie di dischi volanti c'erano molte sciocchezze. diceva pure lui, ma le preoccupazioni di tipo "culturale" legati alle scienze untane, alla critica dei dati, all'elaborazione di risultati quantitativi e così via erano ancora lontane dalla grande maggioranza degli appassionati, in specie da quelli italiani e dunque quasi inevitabilmente anche da Vesco. Non pare un caso che l'ultimo inter­vento pubblico di Vesco sulla questione UFO sia rappresentata da una lettera a Pier Luigi Sani che costui inserì alle pagine 39-40 del numero di dicembre 1981 del mensile milanese "Gli Arcani". Vesco rivendicava di aver formulato la sua ipotesi "terrestre" non già con i tre libri, alla fine degli anni '60, ma nel 1952 (circostanza, come si è vista, documen­tata dall'evidenza documentaria) e di ri­tenere che prima di tutto i dischi volan­ti inglesi fossero non "armi segrete", bensì "nuove e segrete forme di loco­mozione aero-spaziale".
Con la sospettosità che gli era propria adombrava che il secondo e il terzo libro, al contrario del primo, non fossero stati tradotti al­l'estero perché vittime di "immediate, discrete pressioni perché la serie si ar­restasse". Probabilmente, però, Sani era rimasto colpito da una comunanza ideologica neanche tanto sotterranea che per certi versi lo aveva inaspettatamen­te accostato a quest'uomo le cui teorie aveva più volte criticato con fermezza. Ed è un altro punto che si vuole sotto­lineare nella linea ricostruttiva traccia­ta. Nella seconda parte del suo inter­vento, infatti, Vesco attaccava senza meno le tendenze "parafisiche" che avevano dominato buona parte del panorama ufologico degli anni '70 ma, soprattutto, concludeva scrivendo che lui non era mai stato "un nemico dichiara­to degli ufologi". Anzi, sosteneva di aver letto "con molto interesse i grandi ufologi del passato" (citava Keyhoe, i Lorenzen, Michel, Garreau, ecc.) "apprezzandoli per la profondità delle indagini". Invece, le "nuove generazioni ufologiche", "che grigiore! Che mono­tonia". La "vigorosa fiaccola dell'ufologia di un tempo" era ormai ridotta "ad un fioco lumicino", e questo gli dispiaceva "sinceramente".
Sani non poteva sentir risuonare alle sue orecchie musica migliore. In que­sto modo, ed è questo che interessa qui sostenere, Vesco si collocava in un quadro storico ben preciso e affonda­va le sue radici in alcuni momenti deter­minati della genesi del fenomeno dischi volanti. E questo, come sempre, è ciò che ad avviso di chi scrive non biso­gna dimenticare mai nemmeno per un attimo se si vuole comprendere il lin­guaggio di tanti appassionati, specie di quelli ormai da noi così distanti. Ma un altro particolare storiografico di grande importanza è che, fino a quel momento, nessun italiano, qualunque orientamento sostenesse, aveva mai prodotto un corpus pubblicistico tanto massiccio ed argomentato sugli UFO. Il primo dei tre volumi - come anticipato - fu tradotto all'estero, sempre nel '68, come "Intercept, but don't shoot!", dalla Zebra Books di New York e dalla Pinnacle Books e, nel 1971, dalla Grove Press. Ci fu anche una versione spagnola.
Questo breve periodo di notorietà in­ternazionale gli fruttò persino la nascita di una serie di "leggende" sulla sua vicenda personale e sulle sue competenze. Nell'agosto del 1969 il tabloid americano "Argosy" pubblicò un arti­colo a sua firma ("The Truth about Flying Saucers") che in realtà era il contenuto di un'intervista da lui rilasciata, come spiegò molti anni dopo in una mis­siva a Marcello Pupilli. Questo pseudo-articolo fu probabilmente all'origine di molte distorsioni sul suo conto. Vesco era infatti descritto come "fully licensed aircraft engineer and a specialist in aerospace and ramjet developments", mentre la sua carta intestata lo definiva correttamente "aerotecnico" e lui non si era mai definito ingegnere. E ancora: "he attended the University of Rome and, before World War u, studied at the German Institute for Aerial Development". Anche questa è una sciocchezza: non solo Vesco non andò mai all'università, ma alla fine della Se­conda Guerra Mondiale aveva appena vent'anni e otto mesi. "Before World War u" aveva i calzoncini corti, e stava sui banchi di scuola ad Arona.
Poi venivano le cose più insidiose: "Du­ring the war, Vesco worked with the Germans at the Fiat Lake Garda secret in­stallations in Italy". Nessuna fonte di nessun tipo ha mai avvalorato qualco­sa del genere. Né nelle carte personali di Vesco, né nella sua biografia è stato mai rinvenuto nulla, né alcun tipo di ri­ferimento è mai stato fatto dallo studio­so o da altri. Per ingigantirne oltre il dovuto la personalità si aggiungeva che "he is currently (nel 1969, N. d. R.) atta­ched to the Italian Air Ministry". Vesco in realtà fece parte per almeno cinque anni del personale della Marina Mercantile, e poi lavorò come magazziniere-contabile a Genova. Può darsi, però, che come ex-militare mantenesse rapporti d'amicizia con qualcuno (4). Persino sui contorni del pensiero, della vita e del lavoro di un uomo dei nostri tempi, che ha vissuto buona parte della vita in una grande città italiana, il giornalismo sensazionalistico e la mitogenesi che continuamente lavora intorno al problema UFO riescono a compiere la loro opera.
Può darsi che nel caso di Renato Ve­sco, questo compito, che certo va in senso contrario a quello dell'ufologia razionalista e della cura filologica per il passato, sia stato facilitato dalla misantropia dell'uomo e dalla solitudine in cui troppo a lungo scelse di vivere e nella quale maturò le proprie convinzioni.
L'acquisizione dell'archivio di Vesco da parte del CISU probabilmente contribuirà a chiarire in maniera definitiva al­cuni punti della nascita della teoria dei "dischi anglo-canadesi" che ancora rimangono in ombra. Ma probabilmente non è da quelle carte che verranno le risposte alle questioni che a tutt'oggi stanno al centro della fenomenologia ufologica.

Giuseppe Stilo


NOTE

(1) Il generale di divisione di arti­glieria Vittorio Montezemolo de­scrisse un nuovo tipo di proiettile, costituito da un disco piatto rotante velocemente attorno al suo asse, lanciato meccanicamente, capace di colpire bersagli a grande distan­za. Il proiettile era definito "slittan­te" perché compiva la parte discen­dente della traiettoria planando nel­l'aria. Quanto a Luigi Sarracino, gli autori hanno presenti solo alcuni scritti di teoria balistica degli anni '30.

(2) A riprova di una certa attenzione che la sua uscita suscitò pure in ambienti militari, c'è la ristampa che il saggio in due parti ebbe nel­la pubblicazione interna a circola­zione confidenziale 'Notiziario Scientifico - Militare dello Stato Mag­giore dell'Esercito - Ufficio Ricerche e Studi", n. 24 del gennaio - aprile 1954, alle pp. 145-179.

(3) Alcuni ufologi inglesi, come Gordon Creighton sulla "Flying Saucer Review" reagirono con toni irridenti. Anche all'estero, comunque, non è che la trilogia libraria abbia su­scitato grande scalpore.

(4) Nel 1995 Vesco, anziano e sfi­duciato, si vide pubblicare persino un altro libro da lui firmato insieme a David Hatcher Childress, "Man­Made UFOs 1944-1994. 50 Years of Suppression". Un testo sui "di­schi nazi" con il quale non aveva nulla a che fare.


[Modificato da Gabrjel 13/12/2011 09:02]
13/12/2011 09:17
 
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E' un personaggio interessante...
A volte anche un po "strampalato" oserei dire [SM=g7749]
Su una cosa credo che però possiamo concordare tutti.
Aveva torto nel pensare che gli inglesi erano già stati sulla Luna e su Marte usando i dischi volanti (intesi come armi segrete).
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