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Astronomo di Harvard: “Presto scopriremo la vita sulle altre Terre del cosmo”

Ultimo Aggiornamento: 28/12/2012 16:29
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28/12/2012 16:29
 
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Fonte: www.ufoonline.it/2012/12/28/astronomo-di-harvard-presto-scopriremo-la-vita-sulle-altre-terre-de...

La Terra è bellissima e non c’è documentario tv che non ce lo ricordi, tra eccessi spesso insopportabili di retorica. Ma non montiamoci la testa. Entro 10 anni potremmo aver cambiato idea sull’eccezionalità della nostra patria di terre e acque e di ossigeno alterato dai gas serra.
È così che la pensa Dimitar Sasselov, bulgaro di Sofia e astronomo a Harvard, dove guida l’«Harvard Origins of Life Initiative», il progetto per lo studio dei corpi celesti in grado di ospitare la vita. È lui ad aver scoperto il pianeta più remoto della galassia e oggi - spiega nel saggio «Un’altra Terra» di Codice Edizioni - fa parte del gruppo di «esploratori di nuovi mondi» che ha in Eugenio Rivera della University of California at Santa Cruz il proprio Colombo: a questo ricercatore, infatti, si deve l’individuazione, nel 2005, della prima super-Terra, una palla rocciosa sette volte e mezzo la nostra, ma non così paradisiaca come sognano i fans degli alieni, visto che la temperatura si aggira sui 380 gradi. Il quotidiano La Stampa l'ha intervistato.



Da allora le «altre Terre» sono apparse sulla scena a ritmi serrati. Hanno già superato le 500 e ce ne sono sempre di nuove a presentarsi. Sasselov è sicuro che «i sogni di 20 anni fa, oggi, non lo sono più: troveremo forme di vita aliena su altri pianeti entro un decennio». E intanto - aggiunge - «confido in “Curiosity”». Anche se la Nasa non ha diffuso annunci clamorosi l’altro ieri a San Francisco, «il rover ha davanti a sé due anni di lavoro».

Professore, come immagina gli extraterrestri? Nonostante qualche sfrenata fantasia, ci accontenteremo di pallidi rappresentanti delle specie aliene sotto forma di microbi?

«Sono certo che il giorno in cui ne scopriremo uno sarà un evento straordinariamente eccitante, per la scienza e per l’umanità. Anche la firma di un unico microbo significherà la presenza di una potenziale folla».

Lei è tra i sostenitori che la vita nell’Universo sia più diffusa di quanto pensasse la scienza ortodossa fino a pochi decenni fa.

«Ciò che è successo qui sulla Terra può succedere altrove. E, se la vita si trova su tanti pianeti al di là del nostro, devono esisterne molti con organismi come i microbi. D’altra parte questi pullulano anche nella nostra biosfera: sono loro la base indispensabile per lo sviluppo di vita complessa. Il contrario - a quanto si sa - non è possibile».

Come cambia, allora, la visione di ciò che è la Terra?

«Eravamo abituati a pensarla come un gioiello unico e sotto certi aspetti, in effetti, lo è. Ma non nel modo tradizionale. La visione antropocentrica è stata ridimensionata: non siamo unici, sebbene siamo speciali in una moltitudine di altri pianeti che possono essere abitati. Come ogni essere umano è diverso da tutti gli altri, così la Terra è diversa da tutte le altre Terre».

Gli astronomi parlano di Terre e di super-Terre: qual è la differenza?

«Darò una risposta tecnica. Cercare un’altra Terra, che assomigli esattamente alla nostra, sarebbe una strategia miope. E infatti gli astronomi sono alla ricerca di una nuova famiglia di pianeti, quelli “super”, appunto».

In questa famiglia ce ne sono di diversi tipi, fino a 10 volte la massa della Terra: da quelli solidi a quelli ricoperti di oceani. Ma, a seconda delle caratteristiche, quanto potrebbero cambiare gli organismi?

«Ecco un altro grande interrogativo sul quale ci si sta confrontando: la chimica della vita varia all’interno di ogni sistema solare oppure tende a essere sempre la stessa, proprio come accade sulla Terra, dove gli organismi si sviluppano in forme sì differenti, ma a partire da una base comune?».

Quali sono gli strumenti più sofisticati per vedere questi altri possibili «Eden»?

«Il satellite della Nasa “Kepler” resta il mezzo migliore, ma da poco è in funzione lo spettrografo “Harps”, installato sul Telescopio Nazionale Galileo nell’osservatorio Roque de Los Muchachos, nell’arcipelago delle Canarie: sa registrare le minime perturbazioni nel moto delle stelle dovute agli effetti gravitazionali prodotti da corpi celesti – in questo caso pianeti – in orbita intorno alle stelle stesse».

Finora c’è un «candidato» che ha davvero incuriosito gli scienziati?

«Purtroppo il migliore è sempre quello che si deve ancora scoprire! Nei prossimi mesi, comunque, annunceremo l’esistenza di un paio di pianeti interessanti. Intanto si stanno concentrando le ricerche su Gliese 581: è una stella vicina a noi, nella costellazione della Bilancia, e intorno a lei si muove un sistema di almeno sei pianeti»
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