RICHIEDI L'ISCRIZIONE AL FORUM PER POTER PARTECIPARE ED ACCEDERE A TUTTE LE DISCUSSIONI
CLICCA QUI PER LA RICHIESTA DI ISCRIZIONE !!
 
Pagina precedente | « 3 4 5 | Pagina successiva

Egitto misterioso

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2012 17:56
Autore
Stampa | Notifica email    
17/02/2012 18:03
 
Quota

Riguardo il modellino, preciso che le facce di cartone, una volta tagliate, si possono unire con del nastro adesivo trasparente.
Talmente semplice che ... disarma!

18/02/2012 17:55
 
Quota

LA SFINGE



La sfinge di Giza è la più grande statua monolitica del mondo: è lunga circa 74 metri, alta circa 20 metri e larga 6 metri, di cui solo la testa è 4 metri. Fu costruita circa 2.500 anni prima di Cristo e raffigura una sfinge, più precisamente un'androsfinge, essere mitologico con volto umano e corpo di leone accovacciato.

REALIZZAZIONE

Origini
Il monumento probabilmente fu ricavato da un affioramento di roccia, durante la costruzione delle piramidi di Giza. Stranamente la Grande Sfinge è un monumento isolato, quando, invece, le sfingi successive erano poste in coppia per proteggere l’ingresso di un edificio. In teoria poteva essere scolpita un'altra grande sfinge; infatti, poco distante, a sud, nell’altopiano si erge un’altra collinetta di roccia, ma in pratica non è stato così, forse a causa della troppa distanza.

Materiale e struttura geologica
La Grande Sfinge fu realizzata scolpendo la pietra viva, mentre alcune parti sono state costruite o riparate con l’aggiunta di blocchi di roccia tagliati. Tuttavia lo strato roccioso varia all’interno del monumento. La struttura geologica fu analizzata a metà deglianni ottanta del Novecento, durante i lavori di Lehner e Hawass, dal geologo K. Lal Gauri dell’Università di Louisville, nel Kentucky. Il risultato fu che il monumento era composto da tre diversi strati rocciosi:
- lo strato inferiore del corpo è di pietra calcarea dura ma fragile, di origine più antica;
- lo strato mediano, che comprende il nucleo della Sfinge, migliora salendo verso l’alto, ma è in media di pessima qualità; per questo sono presenti numerose crepe;
- lo strato superiore, che comprende la testa della Sfinge e il collo, è formato da pietra calcarea dura, che diventa sempre più pura nella testa, permettendo di preservarla meglio nel tempo.

Testa
Nonostante il tipo di pietra, utilizzato per la testa della Sfinge, sia di qualità migliore del corpo, il volto è la parte più danneggiata del monumento. La causa, tuttavia, non è solamente da attribuire al deterioramento naturale ma anche all’azione dell’uomo. Infatti, il naso è stato completamente rimosso, mentre la bocca e gli occhi sono stati gravemente danneggiati. Sembra che il danno sia stato fatto nel XIV secolo dallo sceicco Saim-ed-Dahr per motivi di fanatismo religioso, come scrisse lo storico arabo El-Makrizi. 
Per quanto riguarda la datazione, la testa della Sfinge è sicuramente stata realizzata durante la IV dinastia dell’Antico Regno (2620 a.C.-2500 a.C.). Appartengono a quell’epoca lo stile del copricapo, la presenza del cobra reale sulla fronte e la fisionomia del volto, caratteristiche che si ritrovano nelle sculture dei re Chefren e Micerino, della stessa dinastia. Inoltre, un elemento in comune con le statue dell’epoca è la barba cerimoniale, di cui i frammenti sono stati ritrovati ai piedi della sfinge e ora conservati al British Museum di Londra e al Museo di antichità egiziane del Cairo.
A differenza del corpo, la testa è di dimensioni più ridotte del normale, sebbene vista da vicino risulti ben proporzionata. La causa è forse da attribuire o alla scarsa quantità della pietra calcarea dura o all’esigenza di allungare il corpo per colpa delle crepe.
L'identificazione del volto raffigurato, invece, desta molti dubbi. Inizialmente era stato attribuito a Chefren, sovrano della IV dinastia egizia (2560 a.C. – 2540 a.C.). Mark Lehner ha mostrato con modelli al computer, che sovrapponendo il volto della Sfinge alla statua del faraone Chefren la somiglianza era evidente. Tuttavia il risultato di Lehner è stato confutato dalla ricostruzione facciale del detective Frank Domingo della polizia di New York. Secondo recenti studi, tuttavia, la statua rappresenterebbe, invece, Cheope, secondo sovrano della IV dinastia (2595 a.C. – 2570 a.C.), e la sua costruzione sarebbe da attribuire al figlio Kheper, a lui succeduto prima di Chefren dal 2570 a.C. al 2560 a.C. Alla fine dopo numerose ricerche non c’è ancora un’ipotesi inconfutabile, anche se secondo l’archeologia ufficiale il volto della Sfinge resta comunque attribuito a Chefren.

Passaggi nascosti
Uno dei misteri della Sfinge, alimentato dalle leggende popolari, è certamente la presenza di passaggi nascosti al suo interno. Ne esistono almeno tre, di cui solo uno di origine nota: un breve varco senza uscita dietro la testa, effettuato nel XIX secolo da John Shae Perring e Howard Vyse durante la ricerca di una camera segreta all’interno del corpo. Gli altri due passaggi di origine ignota, uno di 9 metri che parte dalla crepa posteriore e uno nel lato nord della Sfinge, sono entrambi ciechi. L’ipotesi che all’interno del monumento ci siano camere nascoste non ha riscontri scientifici.

LA SFINGE ALL'INTERNO DELLA NECROPOLI DI GIZA

Posizione
La Grande Sfinge è parte integrante di un ampio complesso funerario. Il monumento si trova a fianco del viale che conduce dal tempio a valle alla Piramide di Cheope a Giza. Il corpo della Sfinge è seduto su una piattaforma di pietra ed è circondato da un recinto roccioso, realizzato durante gli scavi per la costruzione delle piramidi. Il monumento è stato ricavato con la roccia presente all’interno del recinto; per questo esso ha la stessa pessima qualità di pietra.



Disposizione dei templi vicino alla sfinge

A est della Sfinge sorgono due templi, uno di fronte alle zampe posteriori, battezzato come Tempio della Sfinge, mentre l’altro, il Tempio a valle di Chefren, si trova accanto al primo in direzione sud. Entrambi sono stati costruiti con la medesima roccia del corpo della Sfinge, e per questo sono gravemente danneggiati dall’erosione. Quando fu rinvenuto il Tempio a valle di Chefren, l’ipotesi che la Grande Sfinge fosse stata realizzata dopo la costruzione delle piramidi di Cheope e Chefren ebbe una nuova prova. Infatti, il Tempio era collegato alla Piramide di Chefren tramite una via di accesso in pietra calcarea, che era fornita di canali di drenaggio per l’acqua piovana e, sul lato settentrionale, di un grande fosso, che è tagliato in un angolo del recinto della Sfinge e bloccato con pezzi di granito, per non far defluire l’acqua nel sito. Inoltre il ritrovamento sul lato nord del recinto di tombe appartenenti all'epoca di Cheope e Chefren, avvalora l’ipotesi della realizzazione del monumento durante il loro regno o per lo meno non prima.

EROSIONE
A causa della pessima qualità di pietra calcarea utilizzata, il corpo della Sfinge è la parte più danneggiata dall’erosione naturale. Il collo e la parte inferiore del copricapo, oggi mancante, hanno subito per secoli il danneggiamento provocato dalle folate di sabbia, quando il corpo era completamente sommerso dal deserto. Dal collo in giù, l’erosione non fu provocata solo dalla sabbia, poiché la qualità di pietra utilizzata era talmente pessima, che cominciò a deteriorarsi fin dalla costruzione del monumento. Infatti, sono presenti numerose crepe lungo il corpo, che sono datate al tempo della formazione della pietra calcarea stessa. A causa del persistente deterioramento, nel corso del tempo sono state compiute moltissime riparazioni.
Negli anni ottanta numerosi egittologi e geologi, tra cui soprattutto K. Lal Gauri, Mark Lehner e Z. Hassan, hanno studiato la condizione odierna di erosione della Sfinge. Il risultato fu la scoperta che il deterioramento del corpo era causato dal fenomeno di condensa notturna, assorbito per azione capillare, con evaporazione mattutina, che provoca la cristallizzazione dei sali nei pori della roccia e l’erosione in seguito all’espansione dei cristalli. Questo fenomeno è ancora attivo e può avvenire anche sotto strati di sabbia: per questo l’erosione del monumento è continuata nonostante fosse ricoperto dalla sabbia per moltissimi secoli.
Sul corpo della sfinge sono presenti evidenti segni di erosione dovuti all'espozione continua all'acqua piovana, ipotesi accettata dalla comunità scientifica. L'egittologia ufficiale non sa come spegare questo fatto, considerando che le ultime piogge in grado di sortire tali effetti nella regione di Giza risalgono alla fine dell'ultima glaciazione. È stato tentato di spiegarne la causa con le esondazioni del Nilo, ma i segni dell'erosione presenti, che presentano un'erosione più marcata in alto e meno marcata in basso, sono incompatibili con quelli che causerebbe un'erosione dovuta all'acqua del fiume, che causerebbe segni di erosione più evidenti alla base della statua.

LA SFINGE PRIMA DELL'EGITTOLOGIA

La disciplina dell’Egittologia si sviluppa pienamente soltanto nel XVIII secolo, dopo la spedizione militare di Napoleone Bonaparte in Egitto. Prima che si approfondisse l’interesse per l’Antico Egitto qualsiasi cosa che lo riguardava, Sfinge inclusa, era un mistero.

Bibbia e Autori classici 
Prima del XVIII secolo la Bibbia era considerata come fonte attendibile dagli appassionati di storia antica. L’Egitto e i suoi faraoni erano spesso citati all’interno del libro sacro, ma senza informazioni dettagliate. Tuttavia la Sfinge non viene mai menzionata.
Un’altra fonte d’informazione per l’Antico Egitto erano i classici greci e latini, fra cui ebbe maggiore importanza Erodoto, che per primo scrisse ciò che vide di persona a Giza. Ciò nonostante nei sui testi, come in quelli degli altri scrittori greci, non si parla mai della Grande Sfinge: molto probabilmente fino al I secolo il monumento era ancora interamente sommerso dalla sabbia. La prima testimonianza della presenza della Sfinge si ha grazie all’autore romano Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, dove racconta le credenze della gente del luogo. Il monumento era considerato come l’immagine della manifestazione del dio-cielo Horus all’Orizzonte, e per questo il volto era dipinto di rosso, osservazione attendibile perché ancora oggi sono presenti le tracce del colore. Inoltre Plinio il Vecchio afferma che la Sfinge era stata scolpita nel posto con la roccia locale, contrariamente alla credenza che fosse stata trasportata da altrove.

Conquista araba
Durante la conquista araba, un medico di Baghdad, Abd el-Latif, scrisse attorno al 1200 d.C. che nei pressi delle Piramidi c’era una testa colossale, dal volto dipinto di rosso, che emergeva dalla sabbia, il cui corpo era sepolto nel terreno. Inoltre riportò il nome con cui veniva al tempo chiamata la Sfinge: Abul-Hol. Lo stesso termine fu usato nel 1402 d.C. dallo storico El-Makrizi, che vide al suo tempo il monumento già danneggiato al volto e ne espresse le cause. Il nome arabo della Sfinge, "Padre del Terrore", secondo le ipotesi del professore Selim Hassan, deriverebbe dall'antica espressione egiziana: bw Hwl, "dimora della Sfinge". La parola Hwl era una variante del nome Horemakhet, Horus all’Orizzonte, con cui veniva al tempo dei faraoni chiamata la Sfinge.

XVI secolo
Nel XVI secolo si ebbe un particolare interesse per le antichità egizie, soprattutto a Roma. Numerosi viaggiatori si recarono in Egitto, non tanto per studiare i resti dell'antica civiltà, quanto per ammirarla. La testimonianza del prete di Caterina de' Medici è indicativa per mostrare quanto la cultura egizia era poco conosciuta e fusa con le altre religioni: egli, infatti, annotò di aver visto la testa di una grande statua, creata da Iside e amata da Giove. Nel 1579 d.C. Johannes Helferich sviluppò questa interpretazione, descrivendo la Sfinge come il ritratto della dea Isidis, figlia del re greco Inachus, che andò in sposa, con il nome di Iside, al re egizio Osiride e in cui onore sarebbe stata costruita quella testa. Il resoconto di Helferich era accompagnato da un'illustrazione, che dimostra chiaramente, dalla forte caratterizzazione femminile della statua, che egli non si recò mai sul sito della Sfinge. Helferich, inoltre, raccontò della presenza di un passaggio segreto all'interno della statua, che permetteva ai sacerdoti pagani di entrare dentro la testa e parlare al popolo. Questa affermazione era frutto soltanto di credenze popolari. 

XVII secolo e XVIII secolo
Nel XVII secolo numerose persone continuano a viaggiare in Egitto e a riportare in patria le loro osservazioni. La prima illustrazione affidabile della Sfinge si ha nel 1610 da George Sandys nel suo libro Relations of a Journey Begun, in cui raffigura con precisione la testa della statua, infatti si possono notare i segni dell’erosione sul collo e sul volto. Nel XVIII secolo la Sfinge viene descritta e illustrata più dettagliatamente. Nel 1743 Richard Pococke la illustra ancora con un'espressione classicheggiante, ma già nel 1755 Frederic Louis Norden ritrae la Sfinge in modo molto più veritiero. Negli anni venti, inoltre, Thomas Shaw scoprì un foro sulla sommità della testa, che molto probabilmente un tempo ospitava una decorazione del copricapo, e gettò nuovi indizi per l'ipotesi di passaggi nascosti all'interno del monumento. Nel 1798 Napoleone Bonaparte partì per la spedizione in Egitto con un gruppo di eruditi, che studiarono i monumenti dell'Antico Egitto e annotarono accuratamente i risultati nell'opera Description de l'Egypte, dove sono presenti precise incisioni che raffigurano la Sfinge. Durante la spedizione, inoltre, vennero effettuati alcuni scavi per rimuovere la sabbia da sotto la testa, ma senza grandi risultati perché i lavori furono abbandonati.

LA SFINGE DOPO L'EGITTOLOGIA

G.B.Caviglia e H.Vyse (1816–40)
Nel 1816 d.C. fu mandato ad esplorare il sito di Giza per conto dell’Inghilterra Giovanni Battista Caviglia, navigatore italiano ed egittologo. Egli incominciò a scavare nella sabbia verso la spalla sinistra della Sfinge, preoccupandosi di non far collassare il fossato con tavole di legno, e riuscì ad arrivare fino alla base del monumento. Grazie a questo primo scavo, Caviglia scoprì che erano state apportate delle modifiche alla superficie del corpo e delle zampe anteriori. Il secondo scavo, invece, portò alla scoperta dei resti della barba spezzata e della testa del cobra reale, decorazione del copricapo. Ma il ritrovamento più importante fu la stele collocata tra le zampe della Sfinge, che a quel tempo non poteva ancora essere decifrata. Sempre nello spazio tra le zampe furono ritrovati i resti di un tempietto, con piccole statue di leoni di pietra dipinti di rosso, e di un altare di granito con segni di combustione, che faceva pensare a rituali in onore della Sfinge. Solo in seguito fu scoperto che erano di un’epoca più tarda rispetto alla costruzione del monumento. I successivi scavi di Caviglia permisero di scoprire la zona ad est intorno alle zampe anteriori, che recavano delle iscrizioni greche. Furono rinvenuti, inoltre, dei gradini di fango che portavano ad un altopiano poco distante, dove furono trovate altre iscrizioni greche in onore della Sfinge, e i resti di una rampa di mattoni di fango che passava sopra la statua ed era collegata al tempietto ai suoi piedi.[12] Negli anni trenta e quaranta Caviglia fu assunto dall’egittologo inglese Howard Vyse, conosciuto per i suoi modi d’investigazione violenti. Egli, infatti, con il collega John Shae Perring perforò la schiena della Sfinge alla ricerca delle camere nascoste al suo interno, che naturalmente non trovarono. 

La stele del Sogno 
All’inizio degli anni venti dell'Ottocento l’egittologo francese Jean-François Champollion decifrò i geroglifici con la stele di Rosetta e riuscì a tradurre l’antica lingua egizia. Così la stele ritrovata ai piedi della Sfinge poté essere interpretata. Si scoprì che parlava di un antico scavo al monumento intrapreso dal faraone Thutmose IV del Nuovo Regno. La stele è comunemente chiamata Stele del Sogno, in quanto narra che la causa del restauro fu un sogno, fatto dal faraone mentre si riposava all’ombra della statua, in cui la Sfinge, chiamata Horemakhet (Horus all’Orizzonte) Kheperi-Re-Atum (il sole dell’alba, di mezzogiorno e del tramonto), gli si rivolge per donargli il suo regno sulla terra in cambio delle sue cure. La stele già all’epoca di Caviglia era già gravemente erosa, così che non fu possibile decifrare la parte finale completamente. Nella linea 13 però si riesce a leggere la prima sillaba Khaf di Khafre o Chefren, seguita poco più avanti dalla frase "la statua fatta per Atum-Horemakhet". Dato che la stele sembrerebbe alludere ad un rapporto tra la Sfinge e l'antico farone Chefren, venne così ipotizzato da E. A. Wallis Budge, che la Sfinge fosse stata proprio costruita dal sovrano dell’Antico Regno. 

Auguste Mariette (1853-58)
Dal 1853 a dirigere i lavori della Sfinge fu l’egittologo francese Auguste Mariette, che dovette nuovamente scavare nella sabbia per ripulire il monumento, dal momento che il lavoro precedente di Caviglia era stato cancellato dalla sabbia portata dal vento. Tuttavia Mariettenon riuscì a scoprire la Sfinge interamente, tanto che pensò fosse stata costruita per essere vista sommersa dalla sabbia. Mariette scoprì comunque la grande crepa laterale alla base del monumento e rinvenne i resti dei sacrari affiancati al corpo e di una statua di Osiride del Nuovo Regno. A quel tempo il tempio ai piedi della Sfinge era ancora coperto dalla sabbia, e Mariette fu il primo a scavare e ritrovare il tempio a sud, ritenendolo della Sfinge, con diverse statue di Chefren, che convinsero gli studiosi della costruzione del monumento per mano di questo faraone. Dopo che tale tempio fu riconosciuto come il Tempio a valle di Chefren, il rapporto fra il faraone e la Sfinge rimase inalterato, in quanto per dimensione e struttura i due templi erano molto simili; vennero probabilmente costruiti nello stesso periodo.

La Stele dell'Inventario
Nel 1858 Auguste Mariette ritrovò, nei pressi della piccola piramide, attribuita alla figlia Henutsen di Cheope, a est della Grande Piramide, un’iscrizione su una stele, conosciuta come Stele dell’Inventario, che permise di ipotizzare la realizzazione della Sfinge prima di Chefren e Cheope. La stele fu ritrovata in un tempio dedicato a Iside e narra che il faraone non solo trovò il tempio in rovina e lo ristrutturò, ma anche la stessa Sfinge che aveva bisogno di riparazioni. Per gli studiosi del XIX secolo era un documento validissimo, tuttavia in seguito fu scoperto che la Stele dell’Inventario era di un’epoca più tarda; per lo stile, infatti, appartiene alla XXVI dinastia che regnò tra il 664 a.C. e il 524 a.C. 

Gaston Maspero (1886-90)
Alla fine del XIX secolo gli scavi alla Sfinge vennero affidati all'egittologo francese Gaston Maspero, che nel 1886 ripulì nuovamente il monumento dalla sabbia e permise ai turisti di ammirarne la bellezza direttamente nel sito archeologico, per sovvenzionarne gli scavi. All’inizio Maspero era convinto, sulla base del ritrovamento della Stele dell’inventario, che la Sfinge fosse appartenuta al Periodo predinastico dell'Egitto, ma cambiò presto idea, accordandosi all’opinione comune che fosse stata costruita durante il regno di Chefren. Maspero notò, inoltre, che nelle stele, ritrovate nei pressi delle Sfinge, la statua era sempre rappresentata sopra un piedistallo. Incominciò così la sua ricerca, ma la abbandonò presto per focalizzare gli scavi sulla zona sotto testa.

Emile Baraize (1925-36)
Nel 1925 l’ingegnere francese Emile Baraize costruì intorno alla statua, per tenere lontana la sabbia, un grande muro massiccio, che sarà poi demolito negli scavi successivi. Inoltre in quegli anni la Sfinge aveva bisogno di molte riparazioni. Il foro sulla schiena della statua, creato da Vyse e Perring, venne riempito di cemento, per evitare che l’acqua piovana aumentasse la frattura. Lo stesso accadde per le crepe sul volto e il foro in cima alla testa, che al tempo probabilmente ospitava una decorazione del copricapo. Lo stato di erosione del collo era già molto avanzato; si temeva che la testa potesse cedere alle eventuali tempeste; così, furono aggiunti dei supporti di cemento sotto la testa, dove una volta c’erano le pieghe del copricapo, e dietro. Vennero poi tolti o sostituiti alcuni blocchi di pietra, che erano stati aggiunti dopo la costruzione della Sfinge, alla base del corpo. Durante i suoi scavi Emile Baraize trovò moltissime testimonianze dell’attenzione alla Sfinge dell’ultimo periodo egiziano: stele di età greca e romana, resti di un tempietto del Nuovo Regno, piccole sfingi di pietra e gesso dipinte di rosso. Egli scoprì anche un’incisione del Nuovo Regno su una porta di un tempio, che si riferiva alla Sfinge con il nome del dio Hwrna, termine che compariva anche nella Stele dell’Inventario. Nel 1926, inoltre, Baraize scoprì il tempio di fronte alla Sfinge e lo attribuì alla IV dinastia egizia.

Selim Hassam (1936-46)
Nel 1936 l’egittologo Selim Hassan intraprese a Giza una serie di scavi, che ripulirono dalla sabbia l’intero sito della Sfinge. Per prima cosa fu demolito il muro costruito da Baraize e la sabbia fu trasportata a chilometri di distanza attraverso tre rotaie con dodici vagoni. Il 20 settembre 1936 Hassan scoprì a nord della Sfinge i resti di un tempio a lei dedicato, costruito da Amenhotep II, faraone della XVIII dinastia, dove furono rinvenute numerose statuine votive di vari materiali, raffiguranti leoni e sfingi, e molte stele, che raffiguravano un orecchio umano, per incoraggiare il dio, in questo caso Horemakhet la Sfinge, ad ascoltare le preghiere. In alcune stele il dio è raffigurato con la testa di falco e sopra un piedistallo.
Selim Hassan, inoltre, proseguì gli scavi al Tempio della Sfinge, iniziati da Baraize dieci anni prima, e sul lato ad ovest della Sfinge. Alla fine del 1936 scavò lungo il lato settentrionale del recinto esterno, dove scoprì alcune tombe dell’Antico Regno, per la maggior parte della IV dinastia, scavate direttamente nella roccia e dirette verso sud. Dato che di solito le tombe erano rivolte verso nord o est, Hassan stabilì che sicuramente il recinto era già presente al momento della loro costruzione, e che molto probabilmente la loro posizione insolita era dovuta alla presenza della Sfinge. Così egli concluse che il monumento non doveva essere più tardo della IV dinastia. Inoltre, intorno all’area delle tombe Hassan rinvenne numerose stele, fra cui una che raffigura la Sfinge con un collare di piume di falco intorno al collo; molto probabilmente a quel tempo il monumento si presentava decorato in quel modo, oltre che dipinto.
Nel 1937 Hassan ritrovò i resti di un altro tempio dedicato alla Sfinge, più antico del precedente, costruito da Thutmose I verso il 1500 a.C. È al regno di quest’ultimo faraone che viene attribuito la prima informazione riguardante la Sfinge di Giza, che viene indicata con il nome del dio Horemakhet. Il culto della Sfinge venne ripreso nella prima parte del Nuovo Regno, in modo del tutto autonomo; forse il rapporto tra Chefren e il monumento venne semplicemente tralasciato, per lasciare alla Sfinge una propria identità come Horemakhet.
Infine Selim Hassan risolse il problema del piedistallo, che si poteva notare in molte raffigurazioni della Sfinge, come aveva osservato Maspero. La grande statua era collocata all’interno di un recinto scavato nella pietra, e non poggiava certamente su un piedistallo. Tuttavia Hassan dimostrò che la parte rocciosa, davanti alla Sfinge, era stata tagliata verso il basso e presentava una superficie liscia, che creava l’illusione che la statua poggiasse su un piedistallo se vista dall'ingresso del tempio.
Il professor Selim Hassan pubblicò il resoconto sugli scavi in Excavations at Giza nel 1946. Da quel momento in poi la Sfinge richiese soltanto una manutenzione regolare, e non furono apportate grandi modifiche al corpo.

Horemakhet
Durante il Nuovo Regno la Sfinge era nota con il nome Horemakhet, Horus all’Orizzonte, come dimostra la Stele del Sogno di Thutmose IV. Questo termine si riferisce al dio-cielo egizio Horus nella forma del Sole che appare all’alba all’orizzonte orientale, dove è rivolta la Sfinge, e al tramonto all’orizzonte occidentale. La posizione della Sfinge fa pensare che, fin dalla sua costruzione, incarnasse la divinità del Sole.
Un altro nome con cui viene chiamata è Kheperi-Re-Atum, la trinità del Sole al mattino, a mezzogiorno e al tramonto. Keperi, Re e Atum sono termini che compaiono anche prima di Thutmose IV, nei testi dell’Antico Regno. Inoltre in un’iscrizione scoperta da Selim Hassan, proveniente dal faraone Seti I della XIX dinastia, la Sfinge viene chiamata sia Horemakhet che Hwl, una variante del nome Hwran (Hwrna, Hwrar, Hwron o Horon), presente nella Stele dell’Inventario. Nei geroglifici il suono "r" o "l" viene raffigurato allo stesso modo con un leone sdraiato di lato, perciò tutte le varianti del nome egizio non sono poi così diverse dal nome greco Horus del dio egizio Hor. Selim Hassan ipotizzò che all’epoca del Nuovo Regno si fosse associata al dio egizio Horus la divinità cananea Hwron, proveniente da una città della Palestina, che venne venerata a Giza con il nome di Horemakhet.

Mark Lehner e Zahi Hawass (1978-9)
Alla fine degli anni settanta si occuparono della Sfinge l’archeologo americano Mark Lehner e l’egiziano Zahi Hawass, che completarono la pulizia del recinto e scoprirono delle interessanti prove per la datazione del monumento. Inserendo una sonda all’interno della crepa sul retro della statua, rinvennero della ceramica dell’Antico Regno e degli utensili usati all’epoca per levigare la pietra, molto probabilmente lasciati da coloro che scolpirono il monumento. Inoltre verificarono tutte le crepe e i fori fatti alla Sfinge ed esclusero definitivamente la presenza di camere e passaggi nascosti al suo interno.
Infine Mark Lehner teorizzò con prove archeologiche che la Sfinge non soltanto potesse rappresentare un re divino, come Chefren, ma anche una divinità a sé stante. Sulla base di opinioni egittologiche precedenti la barba è di tipo "divino" e veniva usata soltanto nelle raffigurazioni di dèi, non per un semplice re. Inoltre, grazie ai numerosi studi effettuati sulla Sfinge, Lehner dimostrò che la testa non poteva essere stata scolpita nuovamente al tempo della IV dinastia, in quanto i frammenti della barba e il corpo avevano una simile struttura geologica.

RIPARAZIONI ANTICHE
La Sfinge molto probabilmente, data la pessima qualità di pietra calcarea, necessitò fin dalla sua costruzione di riparazioni. Durante gli scavi al monumento furono rinvenuti numerosi blocchi di pietra aggiunti al corpo, che furono datati all’epoca dell’Antico Regno. Tuttavia dopo questo periodo la Sfinge fu abbandonata a se stessa e ricoperta dalla sabbia fino al collo per secoli, favorendo così l'erosione.
I primi interventi consistenti alla Sfinge furono ordinati, come la Stele del Sogno narra, dal faraone Thutmose IV della XVIII dinastia del Nuovo Regno, che cercò di ripulire il monumento dalla sabbia. Inoltre furono sostituiti alcuni blocchi caduti dal corpo a causa dell’erosione. Molto probabilmente il faraone dipinse di rosso la Sfinge e collocò una statua di suo padre, Amenhotep II, tra le zampe del monumento, come mostrano alcune stele ritrovate da Hassan. È possibile che ci fosse veramente una statua davanti alla Sfinge, anche se non può essere dimostrato in quanto sono state ritrovati soltanto rilievi gravemente erosi.
Altre riparazioni furono effettuate nel 1200 a.C. grazie al faraone Ramesse II, che eresse in onore alla Sfinge due stele, ritrovate da Caviglia nella cappella davanti al monumento. Da documenti dell’epoca sappiamo che furono estratte numerose pietre da una miniera locale, che molto probabilmente servirono a rinforzare il rivestimento esterno delle zampe, che venne terminato soltanto durante il dominio romano.
All’epoca di Adriano furono potenziate le mura che tenevano lontana la sabbia dal sito, mentre al tempo di Marco Aurelio fu rivestita la pavimentazione del recinto.
Con la fine dell’Egitto pagano la Sfinge di Giza fu di nuovo abbandonata: non ci furono nuove riparazioni e la sabbia finì con invadere un'altra volta il recinto. La testa, oltre all’erosione naturale e alla barba, restò intatta fino all’epoca araba, in cui il volto fu danneggiato.

DATAZIONE

Vera età
Secondo la comune opinione degli egittologi, la Sfinge appartiene all’Antico Regno, molto probabilmente al faraone Chefren della IV dinastia egizia, che la costruì intorno al 2500 a.C. Grazie agli scavi effettuati dal professor Selim Hassan, sono state rinvenute numerose prove, che collocano la sua datazione non oltre la IV dinastia; le più importanti sono le tombe rivolte a sud e l’angolo a sud-ovest del recinto che taglia il fosso, per raccogliere l’acqua piovana.
Inoltre, se la testa appartiene certamente alla IV dinastia, per lo stile decorativo, l’ipotesi che fosse stata aggiunta successivamente dal faraone Chefren è stata smentita da Mark Lehner, attraverso l’analisi geologica della pietra.

Ipotesi alternative
Numerose furono le ipotesi alternative, che volevano datare la Sfinge in tempi lontanissimi, addirittura nel 12000 a.C. – 10000 a.C. Questa datazione viene fatta considerando i segni dell'erosione presenti sul corpo della statua, simili a quelli tipicamente lasciati da una lunga esposizione alla pioggia. Le ultime piogge nella regione di Giza risalgono alla fine dell'ultima glaciazione. Da considerare anche il fatto che, a causa della precessione terrestre, nel 10500 a.C. la sfinge si trovava di fronte alla costellazione del Leone e secondo alcuni studiosi ne era proprio la rappresentazione. Solo in seguito, infatti, la testa di leone sarebbe stata scolpita nuovamente a rappresentare il faraone: è evidente infatti la sproporzione fra le dimensioni del corpo della sfinge e quelle della sua testa e la differenza di erosione, sempre tra il corpo e la testa.

Ipotesi di Edgar Cayce
Ad alimentare il mistero del monumento, poi, c’era la credenza di passaggi e camere nascoste all’interno della Sfinge, ipotesi che, abbandonata scientificamente, fu mantenuta, invece, negli anni trenta da un parapsicologo americano, Edgar Cayce, conosciuto anche come Profeta Dormiente. Egli attirò verso di sé moltissimi seguaci, che credevano nei suoi poteri mistici, tra cui quello di rivivere vite passate attraverso i sogni. Uno di questi lo portò in Egitto nel 10500 a.C., dove vide i sopravissuti di Atlantide costruire la Grande Piramide e la Sfinge. Secondo il Profeta Dormiente le prove della sua teoria erano da ricercare nelle camere nascoste all’interno della piramide e della Sfinge stessa, che sarebbero state riscoperte alla fine del XX secolo, prima del grande cataclisma. 
Alla fine degli anni settanta, grazie al contributo finanziario della Fondazione Edgar Cayce, furono effettuate delle ricerche per misurare la resistività del terreno intorno alla Sfinge. Il risultato mostrò che davanti al monumento e nelle zampe posteriori risultavano delle anomalie, che potevano essere causate da cavità sotterranee. Le trivellazioni non rivelarono però cavità artificiali e le anomalie furono spiegate come causa naturale della pietra calcarea utilizzata. All’inizio degli anni novanta furono effettuate ulteriori indagini alla ricerca di camere nascoste, che però non sono mai individuate. 

Ipotesi astronomica
Un’altra ipotesi alternativa, favorevole alla datazione della Sfinge nel 10500 a.C., è quella formatasi sulla base degli studi astronomici sull’allineamento delle piramidi. È certo che la Sfinge si rivolge verso est, mentre le piramidi di Giza sono disposte precisamente secondo i punti cardinali. Alcuni studiosi hanno concentrato le loro ricerche su questa particolare disposizione, e nel XIX secolo ricostruirono gli allineamenti astronomici che potevano verificarsi in tempi passati. Con l’aiuto dei computer dagli anni sessanta in poi i calcoli furono più precisi. Secondo l'ipotesi astronomica la Sfinge sarebbe collegata alle altre piramidi, e perciò costruita nello stesso periodo, anch’esso anticipato al 10500 a.C.
La Sfinge rivolgendosi verso est, scorge l’alba ogni giorno, mentre soltanto due volte l’anno vede nascere il sole in modo diretto; certamente è stata pensata come un monumento solare. Considerando il suo nome divino Horemakhet, la Sfinge incarnerebbe non solo il dio Horus sottoforma di Sole all’alba ma anche al tramonto, proteggendo così la necropoli di Giza.
Se nel corso dei secoli il monumento ha sempre guardato verso il sole, non è stato così per le stelle sullo sfondo, che si sono spostate a causa della precessione degli equinozi. Grazie ai calcoli elaborati al computer è stato possibile ricostruire su che sfondo di stelle sorgesse il sole nei diversi secoli, ed è interessante notare che nel 10500 a.C. era proprio la costellazione del Leone. I sostenitori di questa teoria ipotizzarono che gli antichi egizi, osservando questa costellazione, che assomiglia chiaramente a un leone sdraiato di lato, l’associassero alla Sfinge.
Naturalmente quest’ipotesi aveva molte lacune: prima di tutto non si hanno prove di una cultura talmente evoluta da poter costruire un simile monumento nel 10500 a.C., non solo in Egitto ma in tutto il mondo, e non sappiamo se gli antichi egizi conoscessero la costellazione del leone. 
Nonostante le obbiezioni, questa teoria fu portata avanti tenendo conto della disposizione delle piramidi a Giza, che sarebbero disposte come le stelle della cintura di Orione. A rafforzare quest’ipotesi nel 10500 a.C. la linea immaginaria che collega le tre piramidi da nord a sud puntava direttamente verso il meridiano celeste intersecandosi con la costellazione di Orione. 

Ipotesi geologica
Le ipotesi alternative precedenti non permettono di dubitare seriamente della datazione della Sfinge, perché sono facilmente smentibili con mezzi scientifici. L’unica teoria che potrebbe mettere in discussione l’età della Sfinge è quella del geologo Robert Schoch, professore di Scienze e Matematica alla Boston University, del 1992.
L’ipotesi geologica di Schoch parte dal presupposto che l’erosione della Sfinge sia causata dall’acqua piovana, caduta in tempi molto più umidi di quelli dell’Antico Regno tra il 7000 a.C. e 5000 a.C. Secondo Schoch, soltanto delle piogge abbondanti avrebbero potuto causare lo stato di erosione del monumento e del suo recinto. Egli osservò che i segni dell’erosione sul corpo e sulle pareti del recinto erano simili a quelli provocati dallo scolo di acqua piovana, caratterizzati da un andamento ondulato e arcuato. A sostegno della sua ipotesi, confrontò lo stato di erosione della Sfinge con quello di alcune tombe dell’Antico Regno, che, pur avendo una roccia di pessima qualità, non hanno subito un tale deterioramento a causa della sabbia portata dal vento. Inoltre, Schoch affermò che la grave erosione della Sfinge, ancora oggi in atto, era cominciata soltanto da duecento anno e che il fenomeno di condensa notturna, presente anche in altre strutture rocciose di Giza, non poteva esserne la causa principale. Se il grave danneggiamento del monumento era dovuto all’acqua piovana, era evidente che fosse più antico degli inizi della civiltà egizia, in quanto soltanto prima del 5000 a.C. le piogge in Egitto erano regolari ed abbondanti.
Schoch non dubitava che la testa fosse dell’Antico Regno, ma riteneva che un faraone della IV dinastia egizia, se non Chefren stesso, avesse ordinato di scolpirne di nuovo il volto e restaurarne il corpo rivestendolo con nuovi blocchi di pietra. Schoch era comunque consapevole che rimaneva aperto il problema di chi nel 5000 a.C. avesse potuto costruire un tale colossale monumento. Non trovando delle prove di una civiltà egizia più evoluta nel periodo pre-neolitico dell’Egitto, egli si soffermò sulle scoperte archeologiche di Gerico risalenti al 8000 a.C.; la Sfinge in quest’ottica non risulterebbe più un caso isolato. Tuttavia non ci sono prove scientifiche a supporto in Egitto. 
La teoria di Robert Schoch venne due anni dopo contestata da James A. Harrell, professore di geologia all’Università di Toledo (Ohio). Egli notò che, se da una parte il deterioramento della Sfinge poteva essere causato dall’acqua piovana, era molto più probabile fosse stato realizzato dalla sabbia bagnata, per effetto sia delle piogge sia delle inondazioni durante l’Antico Regno, che arrivavano fino al recinto. Inoltre, il confronto di Schoch con le tombe dell’Antico Regno non era plausibile, in quanto esse si trovavano in una posizione più elevata, e quindi non a portata dell’acqua delle inondazioni. Harrell, inoltre, ritenne che le particolari ondulazioni del corpo della Sfinge siano state prodotte da un’erosione accelerata, causata dall’espansione dell’argilla in tempi umidi e dal sale in quelli secchi. Per di più la disposizione dell’altopiano di Giza favoriva il deflusso dell’acqua nel sito della Sfinge, lasciandola per secoli ricoperta da sabbia bagnata.
Robert Schoch si difese osservando che non era ancora stato dimostrato che il sito della Sfinge fosse stato ricoperto dalla sabbia bagnata per secoli. Inoltre, seguendo il ragionamento di Harrell, confrontò lo stato di erosione della Sfinge con alcune tombe dell’Antico Regno, che potevano essere esposte all’acqua delle inondazioni. Il risultato era che nemmeno queste presentavano i segni di deterioramento del corpo della statua.
Harrell replicò notando che la posizione delle tombe di Schoch non era inferiore a quella della Sfinge ma superiore, e che la qualità della roccia era ben diversa. Inoltre, egli affermò che nello stesso altopiano di Giza c’erano altre strutture che presentavano lo stesso tipo di erosione ondulata, anche se non così accentuato come nella Sfinge.
Nel corso di quegli anni, dal 1992 al 1995, numerose furono le polemiche che interessarono la datazione della Sfinge, e si concentrarono su riviste specializzate, come il KMT: A Modern Journal of Ancient Egypt o Archaeology. Alla fine la geologia indica che l’erosione della Sfinge è causata o dall’acqua piovana dal 7000 a.C. o dalla sabbia bagnata e dalla condensa notturna dal 2500 a.C. L’egittologia si schiera dalla parte della seconda ipotesi, in quanto non ci sono motivazioni valide per considerare la data più antica.

OFFLINE
Post: 142
Registrato il: 10/06/2011
Città: MONZA
Età: 39
Sesso: Maschile
Utente Junior
18/02/2012 20:06
 
Quota

Ecco, il discorso delle "proprietà" della piramide è un altro importante tassello anche nel dibattito "archeologia ufficiale/teorie alternative": se la piramide possedeva davvero queste proprietà "esotiche" chi l'ha costruita non l'ha quasi certamente fatto per avere una banale tomba, ma ci dovrebbe per forza essere molto altro dietro.

Grazie Ufologo per aver riportato delle tue ricerche sulla piramide, mi hai risvegliato la voglia di proseguire questo discorso che avevo iniziato un po' di tempo fa ma che poi avevo mollato perché mi ero persuaso che la mia piramide fosse fatta male e non avevo più avuto tempo di rifarla... In realtà avevo preso accuratamente le misure e le proporzioni e mi ero fatto la mia bella piramide di cartoncino in scala con quella di Cheope, poi mi ero andato a vedere l'orientamento esatto del nord rispetto a casa mia con Google Maps, mettendo poi la piramide nella dirzione giusta e l'avevo lasciata lì per più di un mese con una vecchia lametta del rasoio per la barba. Purtroppo dopo questo tempo ero andato a vedere e l'ho ritrovata esattamente al punto di partenza, deducendo che c'era qualcosa di sbagliato in quello che stavo facendo, ma non capendo esattamente cosa.

Adesso potrei riprovarci, ma mi servirebbero due informazioni:
-qual è l'esperimento più "inequivocabile" che consente di stabilire con la minor possibilità di errore se la piramide funziona bene o no?
-nell'esperimento di cui sopra, quali sono i tempi caratteristici? (giorni, settimane, mesi,...)

Ho sentito molte persone, alcune che ritengo anche affidabili, dire di essere riuscite ad ottenere risultati con questa piramide, ma non manca chi invece sostiene senza mezzi termini che si tratta di una totale cialtronata new-age (non sto neanche a dire di chi si tratta: www.cicap.org/new/articolo.php?id=100450 ). E' vero che c'è stato chi ha guadagnato soldi con questa cosa, e probabilmente non tutte le fenomenali proprietà che i ricercatori new-age sostengono corrispondono a verità, ma probabilmente una buona base di verità c'è e mi piacerebbe averne conferma diretta!
Grazie in anticipo a Ufologo o chiunque voglia rispondermi.
[SM=g8861]
19/02/2012 12:20
 
Quota

Guarda, se segui le indicazioni che ho sritto mummificherai un pezzetto di carne in tre giorni e ti durerà per anni.
Se hai qualche dubbio, chiedi pure; le cose importanti sono: colloca il modellino in modo da non toccarlo mai (puoi scoprirlo qualche volta, ma fa attenzione a non girare inavvertitamente il lato diretto a Nord).
Controlla con una bussola che sia orientato davvero a Nord; compreso quello che hai inserito all'inerno ( il lato più lungo dell'oggetto).
assicurati che le misure siano esatte e che l'oggetto da trattare sia posizionato ad un terzo d'altezza dal centro della base piarmidale.
Vedrai che riuscirà. E' talmentesemplice che rimarrai sbalordito. Una volta orientai male il modellino e . dopo un giorno dovetti getae viaa il pezzo di carne che puzzava tremendamente!
Poi, prova a fare lìesperimento delle bacchette che ho descritto nel
post: farai "impazzire" chi lo prova!
Insomma, prova! [SM=g27987]


OFFLINE
Post: 3.562
Registrato il: 23/07/2011
Sesso: Maschile
Utente Master
19/02/2012 14:05
 
Quota

Se non ricordo male gli elementi da mummificare o affilare andrebbero sistemati ad un'altezza pari a 2/3 della piramide esattamente come la camera del Re.

Molto probabilmente questo arriva da ambiti new-age, ho purtroppo tutti i libri riguardanti l'argomento inaccessibili poichè già sistemati in una "capsula del tempo".

Ps. non sono The Librarian [SM=g10218] ma quando i volumi sono migliaia allora vanno conservati in modo che non si deteriorino.

Ma invito a provare dato che non ci sono studi scientifici a parte quello di Rodriguez Alvizo Luis Alberto che scientifico non si può considerare.

Inviterei per chi vuol provare a riportare i dati qua o in un nuovo topic.




[Modificato da eone nero 19/02/2012 14:08]
_______________________________________________________________________________________

Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.
19/02/2012 17:08
 
Quota

No, eone! Ad un terzodalla base!



OFFLINE
Post: 142
Registrato il: 10/06/2011
Città: MONZA
Età: 39
Sesso: Maschile
Utente Junior
20/02/2012 01:16
 
Quota

Sì, è vero, ad 1/3, penso che Eone si sia confuso!
Ma in realtà avevo fatto i conti con il prospetto che si trova in internet, facendo il rapporto tra il numero di pixel dell'altezza totale e quello dell'altezza della camera del Re, e il risultato è un po' meno di 1/3, è 0,2931. Non so se cambi qualcosa, io ho considerato il livello esatto del pavimento, in realtà si giunge ad 1/3 a metà strada circa tra il pavimento ed il soffitto della camera. Cambierà qualcosa? Boh, vedremo... [SM=g27994]
Spero di riuscire a trovare il tempo per intraprendere degli esperimenti, nel caso vi terrò informati.
Stay tuned! [SM=g27988]
OFFLINE
Post: 3.562
Registrato il: 23/07/2011
Sesso: Maschile
Utente Master
20/02/2012 01:38
 
Quota

Re:
Profondo_Blu, 20/02/2012 01.16:

Sì, è vero, ad 1/3, penso che Eone si sia confuso!
Ma in realtà avevo fatto i conti con il prospetto che si trova in internet, facendo il rapporto tra il numero di pixel dell'altezza totale e quello dell'altezza della camera del Re, e il risultato è un po' meno di 1/3, è 0,2931. Non so se cambi qualcosa, io ho considerato il livello esatto del pavimento, in realtà si giunge ad 1/3 a metà strada circa tra il pavimento ed il soffitto della camera. Cambierà qualcosa? Boh, vedremo... [SM=g27994]
Spero di riuscire a trovare il tempo per intraprendere degli esperimenti, nel caso vi terrò informati.
Stay tuned! [SM=g27988]



Grazie per la precisazione, infatti come scritto non ricordavo.

Riporto da Edicolaweb


Camera del Re
Posta a circa 45,5 metri dalla base, a circa 1/3 dell’altezza contiene un sarcofago vuoto che ha il volume esterno doppio di quello interno. Non conosciamo come sia stato possibile realizzarlo.
Se vogliamo tracciare un cerchio intorno al triangolo formato dalla piramide dobbiamo far centro nel punto in cui è ubicata la Camera del Re.
Detta Camera alta 5,81 metri (metà della diagonale del pavimento di 11,62 metri), lunga 5,20 e larga 10,46; fornisce le misure esatte dei due triangoli fondamentali del teorema di Pitagora (571-497 a.C.) (uno con i tre lati di 5-12-13 e l’altro con i lati di 3-4-5).
Contiene il valore della "sezione aurea" considerata il fuoco della vita, la chiave della fisica del cosmo.



www.edicolaweb.net/edic118a.htm


Riporto anche questa tabella.



Ho trovato un vecchio cartoncino (era allegato ad un libro sulle piramidi), in cui sono indicate le misure esatte per ottenere la piramide di cheope in scala.

Le misure sono in millimetri:

Altezza, Base, Lato obliquo

100------------157,0-----------149,4
150------------235,6-----------224,2
200------------314,1-----------298,9
250------------392,7-----------373,8
300------------471,2-----------448,3
350------------549,7-----------523,1
400------------628,3-----------597,8
450------------706,8-----------672,5
500------------785,4-----------747,3
550------------863,9-----------822,0
600------------942,4-----------896,7
650------------1021,0----------971,4
700------------1099,5----------1046,2
750------------1178,1----------1120,9
800------------1256,6----------1195,6
850------------1335,1----------1270,4
900------------1413,7----------1345,1
950------------1492,2----------1419,8
1000-----------1570,8----------1494,6

Il cartoncino riporta il seguente testo:

Facendo uso della tabella di cui sopra, e convertendo i millimetri in centimetri, sarà possibile costruire piramidi alte fino a 10 metri.
Si raccomanda di situare le piramidi lontane da linee ed apparecchiature elettriche, e da masse di metalli magnetici.



xmx.forumcommunity.net/?t=3180300

pt.scribd.com/doc/62127939/PIRAMIDE


_______________________________________________________________________________________

Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza.
OFFLINE
Post: 142
Registrato il: 10/06/2011
Città: MONZA
Età: 39
Sesso: Maschile
Utente Junior
20/02/2012 17:09
 
Quota

Grazie delle info!
[SM=g8861]
20/02/2012 17:29
 
Quota

Ad un terzo per forza! là si concentra tutta l'energia, come da i miei disegni ... [SM=g8335]


25/02/2012 15:24
 
Quota

ALIANTE O UCCELLO DI SAQQARA?

Nel 1891 furono portati alla luce a Saqqara, in Egitto, la sepoltura e i resti di un funzionario tolemaico minore di nome Padi – Imen (Amun). Anche se i resti erano datati al 200 a.C. circa, facevano parte dei risultati di uno scavo generale associato con la tomba della regina Khuit, una delle mogli del faraone Teti della sesta dinastia, di due millenni prima. Come era prassi comune durante il successivo periodo tolemaico, molte delle tombe di dignitari dell’ex corte reale furono riutilizzate, e perciò gli oggetti della sepoltura di Padi – Imen erano mescolati ai manufatti dell’Antico Regno portati alla luce. 
Nel 1898 i reperti scoperti furono avviati al Museo del Cairo. Tra i pezzi tolemaici c’era un curioso oggetto alato, catalogato come registro speciale n° 6347 (anche designato con il numero 33109). Nel contesto della mentalità tecnologica di oggi, possiamo immediatamente accorgerci, a prima vista, che somiglia stranamente a un aliante di qualche tipo. Ma poiché al momento della sua scoperta mancavano ancora diversi anni alla nascita dell’aviazione moderna – il primo volo dei fratelli Wright, non ha avuto luogo sino al 1903 – l’oggetto strano fu accantonato tra vari altri reperti, a raccogliere la polvere, senza che ne fossero riconosciute e studiate le inusuali caratteristiche. 
Nel 1969, oltre settant’anni dopo, il dottor Dawoud Kahlil Messiha – un egittologo, medico e professore d’Anatomia per le arti mediche all’Università di Helwan – stava esaminando un particolare cassetto del museo nella stanza n. 22, etichettato come "figurine d’uccelli".



Gli altri oggetti contenuti nel cassetto erano chiaramente sculture d’uccelli, ma il manufatto di Saqqara era diverso. Esso possedeva caratteristiche non presenti negli uccelli, ma che fanno parte delle linee di un moderno aereo. Il dottor Messiha era un appassionato di aeromodellismo e membro dell’Egyptian Aeromodelers Club, e riconobbe immediatamente le caratteristiche degli aeromobili e convinse il sottosegretario del Ministero della Cultura egiziano a formare un comitato per studiare il modello. Nelle riunioni del comitato, tra il 1970 e l’inizio del 1971, i partecipanti, storici e esperti di aviazione, furono così impressionato dalle loro scoperte, che si raccomandò che il modello fosse messo nella Hall Centrale del Museo del Cairo per una mostra temporanea. Successivamente esso fu riportato al magazzino, e oggi è ancora ospitato nella stanza n. 22, al secondo piano. 
L’oggetto d’artigianato è fatto di legno d’acero molto leggero e pesa 39,12 grammi. Le uniche decorazioni che esso reca sono occhi debolmente dipinti sul muso e due linee rosse sotto le ali, in modo simile alle decorazioni che compaiono sugli aerei moderni. I punti degli occhi sono in realtà le estremità di una barra di ossidiana molto piccola, infilata attraverso la testa, che dà all’apparecchio un peso importante per il bilanciamento. 
Le ali del modello sono diritte e aerodinamiche, con una luce di 18,3 centimetri. Il suo muso appuntito è lungo 3,2 centimetri. La lunghezza totale del corpo dell’apparecchio è di 14,2 centimetri, ed esso è affusolato, terminante con una pinna caudale verticale. Il dottor Messiha trovò la prova di un pezzo di coda ad ala che molto probabilmente una volta era stato attaccato alla coda verticale, proprio come il timone di coda su un aereo moderno. Anche sulla coda può essere vista una debole iscrizione geroglifica che recita: "Il dono di Amun", che era la divinità egizia associata con il vento. Il dottor Messiha, intervistato il 18 Maggio 1972 dal Times di Londra, fece queste osservazioni sulla forma e la raffinatezza dell’antico aereo:

"La coda è la cosa più interessante che distingue questo modello da tutti gli altri che sono stati scoperti. Nessun uccello presenta la parte posteriore del corpo di una tale forma, che somigli al modello. Inoltre, vi è una scanalatura sotto la pinna di un piano di coda (traversa), il quale però è mancante. Questo non è un modello–giocattolo, è un progetto troppo ben elaborato con criteri scientifici, e c’è voluta molta abilità per farlo".

Una versione in grande scala dell’aereo potrebbe avere volato per trasportare carichi pesanti, ma a bassa velocità, tra 45 e 65 miglia orarie. Non è noto, tuttavia, quale fosse la fonte di energia dell’antico apparecchio. Diversi ingegneri hanno fatto notare che il modello così com’è rappresenta un aliante perfetto. In realtà, sarebbe bastato lo sforzo di una piccola catapulta per mandare in aria un modello a grandezza naturale. Semplicemente utilizzando le correnti di calore che salgono al largo dei deserti egiziani su entrambi i lati del Nilo, un apparecchio come questo aliante sarebbe stato in grado di rimanere in aria a tempo indeterminato, se manovrato da esperti qualificati. Lo stesso modellino, benché abbia più di duemila anni, è in grado di percorrere una breve distanza con solo un leggero scatto della mano. Come il dottor Messiha ha scoperto, repliche di balsa completamente restaurate potrebbero viaggiare ancora più lontano. 
Poco prima del periodo di tempo da cui il piccolo modello è venuto, un filosofo e amico di Platone, Archita di Taranto (circa 400–365 a.C.), si dice che abbia con successo "messo in moto una macchina volante, sotto forma di una colomba di legno, azionata da aria compressa". La fonte dei suoi piani di costruzione e disegni era stata ricavata da manoscritti che forse si trovavano nella Biblioteca di Alessandria, risalenti ad un periodo già considerato antico ai suoi L’aliante di Saqqara comprende nel suo progettoelementi di forme che sembrano essere state standardizzate dagli antichi Egizi per un lungo periodo di tempo. Tre figure in rilievo del tempio di Khonsu a Karnak, la più antica delle quali risale al tempo di Ramses III, ossia mille anni prima che il modello di Saqqara fosse fatto, mostrano sulla cima degli alberi delle navi reali sagome aerodinamiche a forma d’uccello, che hanno l’aspetto molto simile all’aliante di legno, completo di ali fisse, che si allargano rigide, e della coda verticale. 
Come il progettista e costruttore moderno di alianti per il volo libero Martin Gregorie ha ricordato, la definizione intrinseca di queste statuette antiche, come quella del modello di Saqqara, ne avrebbe fatto oggetti dall’aerodinamica eccellente, perché avrebbero puntato direttamente e costantemente nel vento e non avrebbe deviato da un lato all’altro. 
Sulla base di questi rilievi, e dell’aliante di Saqqara, la modellatrice creativa e storica dell’aviazione Paula Mercado ha elaborato i disegni dettagliati per una versione moderna dell’antico aliante, che ogni appassionato di modellini di piccole dimensioni può costruire e far volare con successo oggi. Eppure la questione rimane aperta, che cosa fosse realmente l’originale "uccello" di Saqqara? Come il dottor Messiha ha osservato, gli antichi egizi hanno sempre costruito modelli in scala di tutto quello con cui avevano familiarità nella loro vita quotidiana e li collocavano nelle loro tombe: modelli di templi, di navi, di carri, di servi e di animali. Ora che abbiamo trovato un modello di aereo, il dottor Messiha si chiede se magari da qualche parte sotto le sabbie del deserto, lungo il Nilo, non ci siano ancora da portare alla luce i resti di alianti a grandezza naturale, dopo dai quali l’aliante di Saqqara è stato copiato. 
Durante i miei 25 viaggi in Egitto tra il 1981 e il 1997, ho avuto numerose occasioni d’incontro con il dottor Messiha e la sua famiglia. E’ stato così gentile da prendere una pausa dagli impegni della sua pratica medica e delle lezioni, per parlare con i nostri gruppi di turisti, in varie occasioni, anche per accompagnarci a volte a Saqqara e mostrarci dove il modello d’aliante era stato trovato. Due volte sono stato anche invitato nella sua casa per la cena e per incontrare un gruppo d’intellettuali locali. In una di queste visite private mi ha mostrato il modello di balsa dell’aliante di Saqqara che aveva fatto e mi ha permesso di lanciarlo in un "volo di prova" attraverso il suo soggiorno. Il modello del dottore è circa cinque volte maggiore della dimensione del piccolo aliante nel Museo del Cairo, per renderlo più idoneo al volo, ma ho potuto vedere chiaramente che egli aveva fedelmente incorporato tutte le caratteristiche progettuali del manufatto antico. 
Il Dr. Messiha mi disse che era del parere che il modello della tomba fosse l’impressione di un artista di qualcosa di molto più grande, che aveva visto da vicino e in funzione quando era vivo. L’oggetto in legno, quando era in perfette condizioni, probabilmente non volava molto bene. Ma questo non era stato il suo scopo. Il suo scopo, per quanto l’artista poteva aver desiderato, era quello di fare una semplice replica ridotta di qualcosa degno di stare in una tomba come offerta per l’aldilà. Come il dottor Messiha ha osservato, la maggior parte delle caratteristiche progettuali del modello, se trasportate in scala reale, erano state accuratamente riprodotte artisticamente al punto da risultare ancora chiaramente identificabili oltre duemila anni dopo. 
Non molto tempo prima della sua morte, avvenuta nel 1998, il dottor Messiha prese accordi per incontrare uno dei nostri tour nel Museo del Cairo. Egli ci accompagnò sino alla stanza n. 22, che il museo teneva temporaneamente chiusa, appositamente per il nostro gruppo. Con il permesso e sotto la supervisione di un funzionario del museo che era stato un collega del medico, la vetrina è stata aperta, e per quasi un’ora abbiamo avuto il privilegio di esaminare da vicino l’aliante di Saqqara. Purtroppo, a causa della politica del Museo, non ci fu permesso riprenderlo con fotografie o in video, ma ho preso accurati appunti personali delle osservazioni del Dr. Messiha e di quello che ho visto. 
La prima impressione che si ha guardando il modello è che esso non è l’espressione artistica di un uccello. A differenza d’altri oggetti nella stessa vetrina, in cui è mantenuta la forma del modello, non ci sono interpretazioni di zampe, piedi, di ali simili a quelle d’un uccello in volo, d’un becco pronunciato, o rappresentazione artistica di piume, disegnate o scolpite. 
C’è una leggera sporgenza sul davanti che potrebbe suggerire un becco, ma fa parte del disegno aerodinamico complessivo. Nessuna vernice o cambiamento di colorazione è stata usata per accentuare l’esistenza del becco d’un uccello a becco, mentre esso ha un caratteristico profilo che è parte essenziale della fusoliera. 
Non ci sono buchi sulla superficie del corpo del modello, che potessero servire a fissare piume, o i piedi, o anche un palo sul quale farlo girare, come alcuni hanno sostenuto, nel caso che l’oggetto fosse un tempo utilizzato come una banderuola. Quando mi è stato consegnato l’aliante l’ho girato con cura, perché non ci sono fotografie pubblicate che mostrano la parte inferiore. Non ho trovato alcuna prova di fori in cui le gambe o i piedi potessero essere fissati, o di fori più piccoli in cui le piume avrebbero potuto essere inserite. Il ventre era relativamente liscio, compatibilmente con l’età. L’unico rientro originale significativo che ho potuto vedere è stato al centro della parte superiore dell’ala, dove le ali si attaccavano al corpo principale. 
Vi è, certo, un rientro importante circolare nella parte inferiore del manufatto, ma ci sono chiare prove che questo è stato aggiunto subito dopo che l’oggetto era arrivato al museo del Cairo, verso l’inizio del secolo scorso. Il "buco" superficiale fu fatto deliberatamente dal vecchio dipartimento di restauro del Museo, in modo da poter montare il pezzo su un supporto per metterlo in mostra. Simili dentellature moderne possono essere osservate sulle figurine di uccello che condividono lo spazio con l’aliante di Saqqara nella sua vetrina. Ognuno di questi fori era un complemento necessario per il montaggio, ai fini espositivi.



L’artefatto non presenta nessun tentativo artistico d’imitazione di piume. Gli scettici hanno suggerito che le piume dipinte potrebbero essere svanite nel tempo. Ma ho avuto il tempo di visionare attentamente praticamente ogni millimetro quadrato del modello, e non ho visto nessuna immagine di piume, né macchie di vernice che indicassero il residuo che sarebbe stato lasciato se la superficie del modello fosse stata trattata con un qualche tipo di vernice di rivestimento, successivamente alterato. Le uniche immagini dipinte che ho potuto rilevare erano i semplici contorni degli occhi, due righe sotto l’ala, l’iscrizione vicino alla coda, e un numero di catalogo inserito in tempi moderni. Le iscrizioni antiche, come il dottor Messiha mi ha fatto notare, potrebbero essere state aggiunte sul modello come un ripensamento, come uno sforzo per farne una reliquia religiosa, per meglio adattarsi nell’ambiente d’una tomba. Oppure, come altri ricercatori hanno ipotizzato, esse possono avere rispecchiato disegni effettivamente visti dall’artista sull’apparecchio originale, dello stesso tipo delle decorazioni che si vedono sugli aerei moderni. Gli scettici sostengono anche che il modello è stato fatto per assomigliare ad un falco, perché era destinato ad essere un oggetto cerimoniale comunemente utilizzato per rappresentare una delle due principali divinità dalla testa di falco dell’antico Egitto, o Horus o Ra–Harakhty. 
In realtà, questo argomento funziona al contrario. Nell’iconografia sacra egiziana, le immagini di Horus o di Ra–Harakhty erano invariabilmente rappresentate con simboli e corredi molto specifici. Horus nella sua forma integrale è stata sempre mostrato con un simbolo Ankh o Shen nei suoi artigli e con una Pshemty o doppia corona reale sulla fronte, mentre Ra–Harakhty non è mai stato ritratto senza un disco solare ben visibile, alla sommità della testa. Tali caratteristiche sono del tutto assenti sul modello di Saqqara, e un controllo delle sue superfici non ha rivelato punti in cui tali simboli divini importanti potessero essere un tempo fissati. In realtà, è l’evidente assenza di qualsiasi contrassegno sacro tradizionale che colloca il modello fuori dalla possibilità di essere un oggetto religioso e lo mette invece direttamente nel contesto di un artefatto tecnologico. 
Di gran lunga le due caratteristiche meno simili a quelle d’un uccello sono le ali del modello e la coda verticale. Questi sono intrinsecamente collegati con il suo corpo aerodinamico che è certamente molto simile ad un uccello, ancorché radicalmente diverso da qualsiasi altra delle antiche statue egiziane di uccelli, in particolare quelli divinizzati. Basta guardare le figure d’uccello esposte nello stesso cassetto del museo, insieme al modello, per vedere le differenze evidenti. I corpi delle figurine erano spesso leggermente deformati per accentuare la forza e la potenza divina, mentre le ali erano spalancate, le piume divaricate, o in una posizione d’attacco o in modalità di protezione. E la coda era invariabilmente a ventaglio orizzontale, quando le figure erano ritratte in volo. In contrasto, il corpo del nostro modello è elegante ma aerodinamicamente vero, le ali sono strette e fissate per fornire portanza all’aereo, e la coda posteriore è rigidamente verticale. Tutte queste sono caratteristiche distintive di un aliante, non un uccello.

Altri scettici hanno classificato il modello di Saqqara come nient’altro che un giocattolo d’un bambino. La domanda senza risposta, tuttavia, è se questo fosse solo un giocattolo, perché mai contiene tali caratteristiche di design sofisticato? L’esame del modello che ho fatto mi ha convinto che questa non era una creazione casuale, fatta per un capriccio di un antico artista, che cercava d’imitare un uccello in volo. Tenendo l’aliante in mano, ho avuto un forte senso del suo equilibrio intrinseco e della raffinatezza del design. Piuttosto che un semplice giocattolo, ho ritenuto che, al contrario, questo fosse il prodotto finale di una lunga serie di esperimenti eseguiti ad alta intensità da una moltitudine di seri ricercatori per un periodo di tempo molto lungo, forse più generazioni. Il modello aveva in primo luogo lo scopo di essere studiato e apprezzato come strumento d’apprendimento. 
Una delle principali critiche contro il fatto che modello di Saqqara sia un aliante è la mancanza apparente di un piano di coda stabilizzante. Alcuni autori hanno erroneamente scritto che il dottor Messiha aveva trovato un piano di coda, o che ci fosse un intaglio evidente nella coda verticale del modello, in cui un tempo era inserito tale piano orizzontale. Ma il dottor Messiha mi assicurò che non era vero. 
Tuttavia, come il dottore mi ha fatto notare, quando abbiamo esaminato l’aliante di Saqqara insieme, il’estremità inferiore della coda verticale, che si estende indietro nel corpo principale, è ruvida, per aspetto e al tatto, in contrasto con la levigatezza delle altre superfici. E’ evidente che un altro elemento di legno, che un tempo era parte del modello originale, prolungava la coda da questo punto, e che è stato successivamente spezzato. 
Ho anche rilevato che la parte superiore della coda verticale era schiacciata rispetto al suo contorno naturale, e vi è la possibilità anche che qualcosa fosse fissato qui in passato. In alcuni modelli di aerei moderni, infatti, il piano di coda è collocato nella parte superiore della coda verticale, invece che alla sua base. 
Guardando dal puro punto di vista delle funzioni funzione del design, l’unico componente che sarebbe stato posto logicamente in entrambe le posizioni sarebbe stato proprio un piano orizzontale di coda, e questo è l’unico elemento che manca. La maggioranza degli appassionati di aeromodellismo che hanno avuto il tempo e lo sforzo di costruire e far volare in realtà una replica dell’aliante di Saqqara, hanno aggiunto il piano di coda mancante esattamente nella posizione in cui uno molto probabilmente esso doveva esistere nel progetto originale, e hanno potuto constatare che l’aliante funziona molto bene e veleggia perfettamente in aria su una distanza notevole. 
Eppure, nonostante tutto quello che è stato studiato e osservato circa l’aliante di Saqqara, c’è una intransigenza nel mondo del pensiero conservatore che rifiuta di considerare anche che il volo potesse essere conosciuto in un antico passato. Tutto ciò che ci rimane sono "autorevoli" dichiarazioni come questa, che si trova su Internet, su Wikipedia: 
"Nessun aereo egiziano è mai stato trovato, né sono venute alla luce altre prove che ne suggeriscsno l’esistenza. Di conseguenza, la teoria che l’uccello di Saqqara è un modello di una macchina volante non è accettata dagli egittologi seri ed è generalmente considerata come pseudo–archeologia".

[Modificato da Gabrjel 25/02/2012 15:50]
09/03/2012 11:28
 
Quota

LIBRO "LA BARRIERA MAGNETICA" DI G.B. FERLINI

La stampa ci ha recentemente informati che l'astronomo Dick Walker, dell'Osservatorio dellaMarina Militare degli Stati Uniti, sostiene che sia errata la teoria secondo la quale la grande Piramide di Cheope sarebbe stata progettata e costruita in allineamento con la Stella Polare (teoriaperaltro sostenuta da oltre due secoli), perché in essa non si tiene conto del fatto che la Terra è soggetta allo spostamento dell'asse di rotazione, e quindi tale spostamento non è stato considerato per i diversi millenni trascorsi dalla costruzione della Piramide ad oggi. Il Prof. Walker dice di aver calcolato la posizione delle stelle nel cielo apparente e di aver accertato che non solo la Stella Polare ma neppure altre stelle di qualche importanza potevano essere visibili 4.800 anni fa dall'apertura del corridoio inclinato posto all'interno della Piramide e sulquale si fonda la nota teoria. In effetti si tratta di un corridoio che partendo dall'esterno dellaPiramide va verso il centro della stessa con un'inclinazione di 26,5 gradi fino ad una camerasotterranea. Secondo la vecchia tesi quel corridoio con quella inclinazione aveva lo scopo diconsentire la visibilità della Stella Polare dalla camera sotterranea.Il Prof. Walker sostiene che poiché l'asse di rotazione terrestre non rimane fermo, ma oscillalentamente, all'epoca della costruzione della Grande Piramide il corridoio, secondo i suoi calcoli,non era puntato verso la Stella Polare bensì su una stella della costellazione del Dragone. Inoltre pergiustificare la costruzione del corridoio con l'inclinazione di 26,5 gradi formula l'ipotesi che lostesso sia servito per far scivolare le pietre da costruzione verso l'interno della Piramide, infatti,secondo i suoi calcoli, per far scivolare la pietra calcarea verso il fondo di granito è appuntonecessaria un'inclinazione di 26 gradi.Dopo quanto è stato scrìtto in questo libro, non sarebbe neppure il caso di obiettare a quantoafferma il Prof. Walker, ma per amore della precisione, ritengo opportuno fare alcune osservazioni.In questo lavoro io non cito neppure il corridoio suddetto perché in effetti esso non serviva perl'allineamento con la Stella Polare, ma soltanto per lo studio del cielo ed aveva il medesimo scopodi un lungo cannocchiale. Con un sistema di lastre metalliche ben lucide a modo di specchio sistemate all'esterno ed all'interno del corridoio, i raggi dell'astro che si voleva studiare venivanoriflessi sul metallo e convogliati nella camera sotterranea. Spesso veniva usato questo sistema anche per convogliare nell'interno della camera sotterranea i raggi del sole ed avere così una sorgente di luce o di calore. Era un sistema intelligente che sovente veniva usato anche per riportare nell'internodella camera sotterranea l'ossigeno, per la vita di chi vi operava, dal momento che - come vienespiegato in questo libro - nell'interno delle Piramidi l'ossigeno stesso veniva eliminato per principiocostruttivo.Quindi chi ha sostenuto che era il corridoio che aveva lo scopo di effettuare l'allineamento con laStella Polare ha evidentemente fatto un errore, perché come ho precisato in questo saggio,l'allineamento era stabilito con uno spigolo della Piramide e non con altri punti o parti più o menodefinibili della Piramide stessa.Inoltre, per quanto riguarda lo spostamento dell'asse terrestre, la questione è fortemente discutibile.Infatti, si considerano stelle fisse quelle che rispetto al nostro punto di osservazione rimangono costantemente al medesimo posto, ma questo non vuol dire che l'intero Universo in realtà sia fisso omobile, visto che non esiste nello spazio un punto fisso al quale ci si possa riferire. Anche questoargomento è stato già esposto in questo lavoro ed è stato chiarito come da qualunque parte la siguardi uno spigolo della Piramide è sempre rivolto verso la Stella Polare, e questo anche se comeafferma il Prof. Walker c'è stato uno spostamento a causa della rotazione terrestre.Infine, c'è ancora da dire qualcosa a proposito dell'inclinazione del corridoio.Per poter costruire una piramide, il sistema unicamente possibile e valido per tutte le epoche èquello di realizzare dapprima le fondamenta poi il piano di base e quindi la sistemazione dei massil'uno sopra l'altro lasciando gli spazi vuoti per i passaggi, i corridoi, le camere, ecc., e questa sistemazione viene fatta logicamente dal basso verso l'alto.Se si considera che nel caso delle Piramidi in questione trattavasi di blocchi di calcare e di granitoda 2,5 a 15 tonnellate ciascuno (c'è qualcuno che dice addirittura da 2 a 70 tonnellate, e forse nonsbaglia perché i massi non erano tutti eguali), in ogni caso aventi la misura media di circa metri 5,20X 10,40 X 5,80, è assurdo pensare che quei bravi costruttori portassero i massi a circa 148 metri dialtezza per poi farli «scivolare» nell'interno della Piramide, senza contare che per poter inserire imassi interni altrettanto logicamente era necessario sistemare prima i massi esterni e periferici.È vero invece che una volta stabilita la base i massi poterono essere accatastati dapprimasistemando quelli interni e poi quelli esterni e la tecnica adottata è stata quella di aver fatto scorrerei massi su binari di legno preventivamente lubrificati con grasso.Circa poi il sistema adottato per portare i massi a livello del piano di scorrimento è stato quello delsollevamento bilanciato un po' come si fa oggi per sollevare i containers.Nell'interno di quattro solide torri in legno che nel caso della Piramide di Cheope devono esserestate alte almeno 150 metri e distanti l'una dall'altra almeno 20 metri con base quadrangolare dialtrettanti 20 o 30 metri di lato, veniva posto il masso da sollevare avvolto da enormi funi collegatead altrettanto enormi paranchi. Da notare che i paranchi erano costruiti da più tronchi di legnocircolari, posti ad eguale distanza l'uno dall'altro con possibilità di girare sul proprio asse efortemente ingrassati, e qui le funi potevano scorrere con notevole facilità. Si calcola che per il tiro delle funi siano stati utilizzati almeno 5.000 uomini e che per la costruzione delle 4 torri furono necessari due milioni di metri cubi di legname. Per il trasporto del legname lungo il Nilo vennero utilizzati altrettanti uomini e donne di tutte le età. Una volta che il masso sollevato era arrivato al livello del piano di scorrimento per permettergli diraggiungere il posto assegnatogli, al di sotto dello stesso veniva inserita un'ulteriore torre, sospinta dall'esterno delle 4 torri, e sistemata tra di esse. Il masso a questo punto veniva liberato dalle funi eappoggiato sulla testa della torre mobile, e quindi a mezzo di leve fatto scorrere sul binario discorrimento e sistemato nel luogo definitivo. Naturalmente la torre mobile dopo ogni operazione veniva riportata all'esterno delle torri fisse esulla testa della torre mobile veniva aggiunta una nuova testata a livello del nuovo piano discorrimento. Come si vede, pur con tutto il rispetto possibile per gli studi del Prof. Walker, dobbiamo ammettere che le cose dovettero andare un po' diversamente da quanto da lui sostenuto, e che alla costruzione concorsero anche altri fattori, molti dei quali ancora inesplicabili.

Scaricabile da qui >>> www.scribd.com/doc/48737489/La-barriera-magnetica-G-B-Ferlini-ocr-...

Buona lettura!
[SM=g10669]
OFFLINE
Post: 236
Registrato il: 14/07/2011
Città: TARQUINIA
Età: 64
Sesso: Maschile
Utente Junior
27/03/2012 10:17
 
Quota

Voyager
Non so se alcuni di voi hanno seguito ieri sera l’ultima puntata di Voyager. Nell’ultimo servizio si è parlato appunto di alcuni misteri dell’Egitto in un riassunto di precedenti puntate dedicate all’argomento.
Volevo riportare alcuni fatti esplicati nella puntata di ieri sera perché richiamano, in parte, quanto da me espresso quì. Spero semplicemente di portare valore aggiunto alle vostre riflessioni in proposito.
Fra le varie cose menzionate ce ne sono due in particolare che, a mio parere, sono meritevoli di attenzione perché forniscono degli “indizi” molto importanti.
Avevo parlato di tunnel sotterranei che mettevano in comunicazione tutte le piramidi ed avevo preso a riferimento un tunnel lungo ben 7 km che pensavo, erroneamente, appartenesse alla tomba di Seti I. Ieri sera hanno confermato il tunnel di 7 km sotto una piramide a Saqqara, mentre parlavano della ipotesi dello ZED fatta da Mario Pincherle. Inoltre mi sono ricordato che, dallo stesso servizio completo effettuato alcuni anni fa, quel (quei) tunnel continuavano dietro delle porte ora chiuse. Sempre a proposito di tunnel, sotto la Piramide (tomba) di Seti I, sono scesi in un tunnel fino a 137 metri di profondità (ripercorrendo un servizio del 2009), senza trovarne ancora la fine.
La seconda cosa riguarda la squadratura dei blocchi. Non ricordo se l’ho detto qui o da un’altra parte, ma parlai della mia personale convinzione che fossero stati fatti con il laser.
Sempre in un servizio di alcuni anni fa e ripercorso in parte ieri sera, Giacobbo è salito con una scala sopra la camera del Re, dove ci sono dei piani bassi che, nelle intenzioni di Pincherle, rappresenterebbero la parte superiore dello Zed. Ebbene, c’è una scritta in uno di questi pieni che dice questo: i blocchi sono stati fatti con “Scalpelli di luce divina”.
Mia figlia di 15 anni che lo guardava con me ha detto: stanno cercando di capire come li hanno fatti e ce lo avevano scritto! Tutta il padre aggiungo io… [SM=g8149]
27/03/2012 10:59
 
Quota

Re: Voyager
sgittario, 27/03/2012 10.17:


Mia figlia di 15 anni che lo guardava con me ha detto: stanno cercando di capire come li hanno fatti e ce lo avevano scritto! Tutta il padre aggiungo io… [SM=g8149]




[SM=g8906]
Se troviamo la puntata direi di postarla.
[SM=g8861]

Sarebbe anche interessante avere una foto di questa scritta.
[Modificato da Gabrjel 27/03/2012 11:00]
06/04/2012 16:21
 
Quota

DOCUMENTARIO "IL CODICE DELLE PIRAMIDI"









OFFLINE
Post: 236
Registrato il: 14/07/2011
Città: TARQUINIA
Età: 64
Sesso: Maschile
Utente Junior
07/04/2012 17:56
 
Quota

Buona ricerca Gabrjel, vedrai che piano piano cadranno altri muri... oltre quello di Berlino [SM=g27988]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | « 3 4 5 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Questo forum non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro). L’autore dichiara di non essere responsabile per i commenti inseriti nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all’autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.



<!script type="text/javascript" src="http://codice.shinystat.com/cgi-bin/getcod.cgi?USER=ufologando"> <!noscript> <!a href="http://www.shinystat.com/it" target="_top"> <!img src="http://www.shinystat.com/cgi-bin/shinystat.cgi?USER=ufologando" alt="Contatore visite gratuito" border="0" /> <!/noscript> Eman Engine Stats Directory www.Siti-Web-Bologna.it

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:29. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com